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Intesa Berna-Roma sul fisco, il Ticino frena

In vista un'iniziativa cantonale per denunciare l'accordo sui frontalieri del 1974 e la Convenzione generale del 1979

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Il Ticino non ci sta. In una lettera indirizzata al Consiglio federale i sei principali partiti in Gran Consiglio (PLR, Lega, PPD, PS, Verdi e UDC) hanno chiesto a Berna di denunciare l’accordo sui frontalieri del 1974, definito “obsoleto” e “dannoso” per il cantone, e la Convenzione generale del 1979 sulla doppia imposizione. A tale scopo, è stato annunciato, il Parlamento cantonale si appresta a votare una risoluzione in favore dell’iniziativa promossa dal Partito liberale radicale con la quale le Camere federali vengono invitate a sostenere gli interessi ticinesi.

Da parte dei mondo politico ticinese viene evidenziato il fatto che un’intesa in ambito fiscale con Roma, per la quale siamo giunti alle battute finali le relative trattative, rischia di pregiudicare ulteriormente le regioni di frontiera. Di fronte alla pressione esercitata dalla manodopera frontaliera che, viene sottolineato nello scritto, ha generato fenomeni indesiderati come il dumping salariale e la sostituzione dei dipendenti indigeni, non si giustifica più il riversamento all’Italia dell’intera quota parte sulle imposte alla fonte dei lavoratori stranieri (38,8%, pari a una sessantina di milioni di franchi all’anno).

Del resto, viene rilevato, il quadro normativo rispetto alle precedenti intese è cambiato radicalmente, come testimonia l’introduzione in Svizzera della libera circolazione delle persone (2006), la sottoscrizione da parte di Berna della convenzione multilaterale sulla reciproca assistenza amministrativa in materia tributaria (2013) e l’imposizione in Italia dei residenti con attività lavorativa continuativa all’estero (2003). Il Ticino, insomma, “non può e non deve pagare praticamente da solo il prezzo di un accordo internazionale del tutto inutile”.

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