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Difficilmente l’Italia precetterà i frontalieri

L entrata dell ospedale la Carità di Locarno. Ospedale deputato per ositare i malati da coronovirus
L'ospedale la Carità di Locarno è stato scelto dal Ticino per curare i malati da coronovirus. Keystone / Samuel Golay

La Svizzera è uno dei paesi più colpiti dal coronoavirus per milione di abitanti. Il sistema sanitario elvetico regge ancora. Questo anche grazie ai tanti lavoratori frontalieri attivi nel settore sanitario, in Ticino come nel resto della Confederazione. Il consigliere federale Ignazio Cassis ha ricevuto da Italia e Francia rassicurazioni: il personale sanitario frontaliere (per ora) non verrà precettato. 

“Stiamo facendo uno sforzo titanico, ma è chiaro che i nostri ospedali stanno arrivando a saturazione”. Parole di Giulio Gallera, assessore al Welfare della Regione Lombardia. Il sistema sanitario lombardo, all’avanguardia in Italia e nel mondo, è al limite. Presto mancheranno strutture, infrastrutture e personale medico. 

In questa situazione d’emergenza c’è da chiedersi se l’Italia possa o voglia precettare i suoi cittadini che giornalmente varcano il confine per lavorare nel settore sanitario ticinese. Domanda capziosa? Sicuramente no. 

D’altra parte, l’oncologo ticinese di fama mondiale Franco Cavalli è stato chiaro in un’intervista al Corriere del Ticino: “Anche qui (in Svizzera, ndr.) non potremo continuare, per risparmiare, a rubare medici ed infermiere ai nostri vicini: una qualche volta questi in tempo di crisi decideranno di chiudere loro le frontiere, precettando i medici e le infermiere di cui hanno bisogno”.

Facciamo un passo indietro

Una settimana fa il governo italiano ha deliberato lo stato d’emergenza sanitario. Il decreto prevede, tra l’altro, la possibilità di spostarsi solo per comprovati motivi di lavoro. Per gli spostamenti è prevista inoltre l’autocertificazione. In caso di violazione delle norme si può incorrere in multe e fino a tre mesi di carcere.

Dopo la decisione di Roma, il capo della Farnesina Luigi Di Maio ha però confermato alla Svizzera che la frontiera tra i due Paesi resta aperta per i lavoratori frontalieri. Si è poi appreso alcuni giorni dopo che è stato il titolare del Dipartimento degli affari esteri elvetico Ignazio Cassis a chiedere espressamente all’Italia di non bloccare il transito dei lavoratori frontalieri. Grazie alla disponibilità italiana, sottolinea il governo elveticoCollegamento esterno, “la continuità del sistema sanitario ticinese dovrebbe così essere assicurata”.

Operatori sanitari frontalieri

Tutti ormai sanno che il sistema sanitario ticinese dipende fortemente dai lavoratori italiani che giornalmente prestano servizio in Ticino. Per dare due cifre, tra i 70’000 frontalieri ci sono anche circa 4’100 lavoratori della sanità. Le ultime statistiche ufficiali indicano inoltre che all’Ente Ospedaliero Cantonale (Eoc, ospedali pubblici) il numero di collaboratori frontalieri (medici e infermieri) è di 668 unità, pari quasi al 12% dell’insieme dei dipendenti dell’Eoc.

Per l’Ente cantonale ospedaliero lavorano 725 medici. Il personale curante e medico-tecnico ammonta a 2’234. Il numero di collaboratori frontalieri è di 668 unità, pari all’11,7% dell’insieme dei dipendenti EOC. 


Per le cliniche private, queste percentuali aumentano. Ad esempio, all’ospedale Sant’Anna i frontalieri rappresentano circa la metà del personale. All’Ars Medica arriviamo attorno al 37%. In generale le cliniche private ticinesi, come quelle pubbliche, fanno generosamente ricorso al personale italiano.

Tanto che al momento della decisione italiana di chiudere tutto, il medico e già politico federale, il ticinese Franco Cavalli, ha ammesso che “senza i frontalieri le nostre strutture sanitarie si fermerebbero”. L’oncologo ticinese ha poi scritto sul suo profilo Facebook “grazie Italia di lasciarceli!”.

Medici e infermieri precettati?

A questa domanda risponde il responsabile del Dipartimento degli affari estero svizzero Ignazio Cassis, che sul Corriere del Ticino di martedì 17 marzo diceCollegamento esterno: “Sappiamo che possono farlo. Misure straordinarie possono essere prese quando si è confrontati con problemi straordinari. Non ci farebbero un regalo. Di qui la necessità dei contatti e di concordare con loro le misure. È nel nostro interesse far sì che i professionisti della sanità continuino a lavorare in Svizzera”.

Rassicurazioni che il personale attivo nel settore sanitario frontaliere non venga precettato, la Svizzera le ha avute da Francia e Italia: “I miei omologhi – continua Ignazio Cassis nell’intervista – hanno voluto essere rassicuranti sul fatto che prima di precettare il personale sanitario scorrerà ancora molta acqua sotto i ponti. Però non hanno detto: no, non lo faremo mai”.

Può davvero l’Italia “precettare” medici e infermieri frontalieri? “In astratto – ci dice il professor Giuseppe Franco FerrariCollegamento esterno, ordinario di diritto costituzionale all’Università Bocconi di Milano – in tempo d’emergenza, questo provvedimento sarebbe possibile”.

“In questi giorni si sente di materiale sanitario bloccato nei paesi di produzione e anche nei paesi di transito. Analogamente, si possono fermare anche le persone. Insomma, si bloccano persone e merci ‘utili’ alla patria, altrimenti ‘impiegate’ all’estero”.

Questo naturalmente in teoria. “Nel mondo del diritto costituzionale italiano c’è oggi un dibattito che resta sottotraccia: lo stato d’emergenza sanitaria deliberato dal governo italiano non è previsto dalla Costituzione italiana. In breve, non è disciplinata la possibilità di revocare tutto o in parte i diritti fondamentali dell’individuo. Dunque, anche in questo caso, in astratto, si tratta di una situazione incostituzionale”. L”emergenza oggi però è un’altra.

Ci vuole una legge

Per tornare alla questione del personale sanitario italiano da precettare, il professor Ferrari è chiaro: “l’articolo 23 della Costituzione dice che ‘Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge’.

“L’art. 23 della Costituzione italiana dice che ‘Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge’.

Dunque, è il parlamento italiano che deve legiferare. Nessuno decreto ministeriale sarebbe teoricamente valido”.

Inoltre – aggiunge il professor Ferrari – c’è da verificare se ci sia un qualche trattato italo-svizzero che regoli espressamente questa questione. Cosa che non sembra essere il caso.

In generale – conclude Giuseppe Franco Ferrari – è altamente improbabile, se non impossibile, che l’Italia prenda questa decisione. “Non penso inoltre che le autorità elvetiche possano dare dei permessi speciali ai lavoratori frontalieri, magari di tre mesi, come durante un’emergenza bellica, affinché queste persone possano momentaneamente lavorare per il sistema sanitario italiano”. Anche perché l’emergenza sanitaria è pure ticinese.

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