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Quando la spazzatura si butta al di là del confine

Sacchi di rifiuti
Una montagna di rifiuti in Vallese, uno degli ultimi cantoni che ha introdotto la "tassa sul sacco". Keystone

Dopo Italia e Germania, la polemica sul turismo della spazzatura svizzero si è riaccesa in Francia. La tassa sul sacco dei rifiuti, introdotta ormai in quasi tutti i cantoni, ha anche dei risvolti negativi. 

“Cittadino svizzero sotto effetto di alcol e droghe getta l’umido nel contenitore della plastica”. Questo titolo del sito italiano di satira giornalistica Lercio.it Collegamento esternodimostra che il cliché dello svizzero pulito, ordinato e ligio alle regole è ancora molto attuale.  

Fra gli abitanti della regione francese della Borgogna Franca-Contea, però, questo stereotipo sembra stia svanendo. Perché?

Pendolari del pattume

“Quando vengono a fare la spesa nei nostri supermercati nel weekend si prendono ciò che è pulito e lasciano lo sporco”. La rabbia del sindaco di Les Rousses (nel Giura francese), interpellato da francetvinfoCollegamento esterno, riassume bene la polemica sorta nella regione. 

“Pendolari del pattume” e “frontalieri della spazzatura”: sono solo i più gentili dei termini con i quali vengono identificati i cittadini elvetici che sfruttano il sistema di raccolta dell’immondizia al di là del confine. Un fenomeno in aumento che comincia a preoccupare. Lo smaltimento dei rifiuti, infatti, ha un costo. Perché sobbarcarsi quello dei vicini incivili?

Vicini che oltretutto sono campioni nella produzione di rifiuti. Secondo i dati di Eurostat, nel 2014 ogni cittadino svizzero ha prodotto 730 chilogrammi di spazzatura, contro i 511 dei francesi, i 488 degli italiani e i 618 dei tedeschi. A livello europeo solo i danesi superano gli elvetici (759 kg).

10 tonnellate di pattume “svizzero”

Nel 2017 sono stati 140 gli svizzeri colti in flagranza mentre si liberavano del pattume nella Borgogna Franca-Contea. In un anno la quantità di rifiuti arrivata dalla Confederazione è stata stimata a 10 tonnellate.
 
“Naturalmente esigiamo che i rifiuti vengano riportati in Svizzera ma c’è chi protesta sostenendo che aver pagato la multa (di 150 euro, ndr.) dovrebbe dargli il diritto di lasciarli”, ha dichiarato al sito leparisien.fr Collegamento esternoun responsabile delle dogane francesi.

Il “successo” del sacco ufficiale

Una delle ragioni che spiega la crescita di questo discutibile comportamento è l’introduzione in quasi tutti i cantoni svizzeri della tassa sui rifiuti, la cosiddetta “tassa sul sacco”.

Dopo i primi timidi esperimenti a livello comunale negli anni ’90, attualmente quasi ovunque in Svizzera gli unici sacchi della spazzatura che si ha il diritto di depositare nei punti di raccolta sono quelli ufficiali, che non costano poco. Il loro prezzo varia a seconda del comune, ma non è raro che superino i due franchi l’uno.

Sacchi ufficiali di diversi colori
Colorati e… costosi. I sacchi ufficiali vanno utilizzati con parsimonia se si ha a cuore il benessere del pianeta e del portafoglio. Keystone

La misura sembra dare i suoi fruttiCollegamento esterno. La città di Losanna ha visto diminuire il volume di rifiuti prodotti del 40% dall’introduzione della tassa nel 2012. 

Il rovescio della medaglia sembrerebbe essere proprio l’aumento del “turismo della spazzatura”, praticato da chi vuole evitare che il peso dei rifiuti abbia conseguenze nefaste su quello del portafoglio. 

Per questo motivo si guarda con apprensione a Ginevra, cantone che, oltre ad avere un rapporto non sempre idilliaco con la vicina Francia, è anche l’unico a non aver ancora adottato la tassa sul sacco. Se la misura venisse introdotta e il turismo della spazzatura in Francia aumentasse, non mancheranno certo le scintille. 

Anche Germania e Italia 

Il fenomeno non dà fastidio solo ai francesi. Nel 2015 i media hanno parlato molto dell’indignazione dei tedeschi che trovavano spazzatura elvetica abbandonata nelle foreste e lungo l’autostrada in Germania.  

Nei centri tedeschi per la raccolta dell’immondizia a ridosso della frontiera, inoltre, sono recentemente apparsi dei cartelli che vietano “l’esportazione di rifiuti dalla Svizzera”, ha notato il quotidiano svizzero BlickCollegamento esterno.

In Italia il problema non è una novità. L’ultima di una lunga serie di polemiche è scoppiata nel 2016Collegamento esterno, quando un uomo alla guida di una macchina con targhe svizzere è stato immortalato dalle telecamere di sicurezza mentre abbandonava i suoi rifiuti in una discarica abusiva nei pressi di Como. 

Le autorità della provincia avevano comunicato che ogni settimana venivano rinvenuti dai 7 ai 10 sacchi di immondizia di provenienza elvetica lungo le strade di transito verso i valichi doganali ticinesi.

Rancori profondi

Si è poi appuratoCollegamento esterno che l’uomo ripreso era un cittadino italiano, ma nel frattempo le interviste degli abitanti della fascia di confine che si lamentavano di come il loro paese fosse usato come discarica dagli svizzeri avevano avuto un’enorme eco mediatica, simile a quella di questi giorni nella Borgogna Franca-Contea.

All’attenzione dei media segue naturalmente l’indignazione nel web, dove però le discussioni tendono a esulare rapidamente dal problema originale. Le critiche reciproche fanno emergere rancori ben più profondi e ampi. 

Dai rifiuti si passa allo stile di guida, dallo stile di guida al traffico, dal traffico al mercato del lavoro, e via dicendo. In un attimo si moltiplicano anche le esternazioni di puro e semplice razzismo. 

Ed è così che l’inciviltà dimostrata da alcuni è sufficiente per far finire i rapporti di buon vicinato… nella spazzatura. 

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