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Una tassa medievale per pescare sul Lago Maggiore

Le isole Borromee
Le isole Borromee, perle del Lago Maggiore, di proprietà di Vitaliano XI. tvsvizzera.it

Arriva diritta dal tardo Medioevo. Una tassa annua per pescare sul Lago Maggiore da pagare alla famiglia Borromeo. Niente di irregolare. Tutto corretto, ma si tratta comunque di un’anomalia – per estensione e durata dei privilegi in mano a un solo privato – che coinvolge il secondo lago più esteso d’Italia. Sul lato svizzero, le acque e i diritti di pesca sono gestiti dalle autorità cantonali ma fino a 100 anni fa anche in Ticino buona parte dei diritti di pesca erano in mano a privati.

Un retaggio medievale. La famiglia Borromeo (proprietaria delle isole Borromee), gode dei diritti esclusivi di pesca su oltre il 50% del lago, sponda italiana. Una storia nota a livello locale, che dura ormai da oltre un mezzo millennio. Tanto che la tassa veniva spesso chiamata dai pescatori “la borromea”. Un privilegio per la nobile famiglia milanese di origini toscane che è stato ribadito più volte nel tempo. Non da ultimo da una sentenza della Corte costituzionale nel 1973.

D’altra parte, non è l’unico caso in Italia. Esistono un po’ ovunque piccole riserve a uso civico, normalmente in mano a enti locali o istituzionali. Anche in Svizzera e in Ticino fino a 100 anni fa la situazione non era molto diversa. “Tra il 1911 e il 1920 – ci dice Danilo Foresti dell’Ufficio caccia e pesca del canton Ticino – sono stati riscattati i diritti di pesca privati. Questo significa che si è passati da una situazione a mosaico per quanto riguarda le normative e i diritti di pesca a una situazione uniforme in mano unicamente all’ente pubblico”. Oggi, con l’eccezione di quattro piccoli casi, con la licenza di pesca concessa dal Cantone si può pescare ovunque.

“Quello che stride sul Lago Maggiore – ci racconta il giornalista del Corriere della Sera Mario Gerevini che con Milena Gabanelli ha fatto conoscere la storia a livello nazionaleCollegamento esterno – invece, è l’estensione di questo diritto e la durata in mano a un solo privato”. Oggi i privilegi sono stati ereditati da Vitaliano XI.

I diritti esclusivi di pesca su buona parte del Lago Maggiore appartengono ai Borromeo dalla metà del 1400 quando Filippo Maria Visconti concesse a Vitaliano Collegamento esternoI Borromeo la proprietà di Arona, Cannobio, Lesa del Vergante con tacita annessione dei diritti sulle acque e quindi sul lago. I diritti sono poi stati ribaditi da un decreto del ministro dell’agricoltura sotto il fascismo (1931) e infine dalla Corte costituzionale nel 1973.

Oggi questi diritti non sono direttamente gestiti dai Borromeo. La famiglia ha infatti ha affittato con una scrittura privata i diritti di pesca alla sezione locale della Federazione italiana pesca sportiva e attività subacquee (Fipsas). “Quest’ultima – spiega Mario Gerevini – paga per questi diritti ai Borromeo una cifra relativamente modesta, circa 80’00 euro all’anno. A sua volta poi scarica il costo sulle licenze dei pescatori che escono in barca”. Chi per contro pesca dalla riva non paga la tassa supplementare.

Convenzione italo-elvetica

A parte questa grande differenza tra i pescatori svizzeri e quelli italiani attivi sul lago Maggiore, tra i due Paesi confinanti esiste una ConvenzioneCollegamento esterno, che data del 1989 (primo aprile!) ed è stata recentemente aggiornata, che regolamenta la pesca nelle acque comuni, quindi, la pesca sui laghi Maggiore e Ceresio e nel fiume Tresa. “La Convenzione – ricorda Danilo Foresti – fissa i principi comuni. Quindi, facciamo l’esempio, fissa i periodi di divieto, le misure minime, il numero di catture o il fatto che si debba avere la patente. Si cerca dunque di avere una situazione un po’ uniforme nei due Paesi proprio per evitare casi diametralmente opposti a pochi metri di distanza, solo perché c’è un confine di mezzo”.

Ma quanto costa una licenza di pesca? Ogni regione italiana ha le sue tariffe. Nel caso della pesca sul Lago Maggiore, le acque sono divise tra Piemonte, Lombardia e Canton Ticino; in Piemonte la tassaCollegamento esterno è di 65 euro per i professionisti e 35 per i dilettanti, mentre in LombardiaCollegamento esterno 45 euro per i professionisti e 23 per i dilettanti. Nel canton Ticino vi sono diverse tariffeCollegamento esterno  a seconda delle tante licenze previste affinché l’utenza possa scegliere tra le varie possibilità di pesca: “Il tipo di licenza – spiega Danilo Foresti – determina cosa può fare un pescatore, dove pescare ma incide ovviamente anche sul costo della patente”. Comunque, il costo della licenza in Ticino va dai 1’200 franchi per la pesca con le reti (professionisti) a 170 per i pescatori dilettanti. Ovviamente per chi pesca sul Lago Maggiore, sponda italiana, al prezzo normale della licenza va aggiunto il balzello a favore dei Borromeo.

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Considerato che il lago è diviso tra Italia e Svizzera e i pesci non conoscono confine c’è da chiedersi se non sia possibile pensare a un patente transfrontaliera. Ci risponde ancora Danilo Foresti: “la patente transfrontaliera è una realtà in diversi laghi della Svizzera tedesca e francese. Tra Italia e Svizzera non esiste questa possibilità. Le basi legali per poter pensare a una patente unica ci sarebbero. Però il mondo della pesca non è ancora pronto a fare questo passo”. Semmai si andrà in questa direzione, tutto dipenderà comunque dalla Commissione italo svizzera.

Diritti e doveri

Oltre ai diritti, ci sono anche i doveri. La citata decisione della Corte costituzionale chiarisce che chi ha il diritto esclusivo di pesca deve anche fare in modo che la loro porzione di lago, in questo caso molto vasta, sia tutelata. Quindi che ci sia un adeguato ripopolamento ittico del lago e tutte quelle opere ittiche necessarie per mantenere la fauna del lago. “Vitaliano XI – aggiunge Mario Gerevini – ha fatto un’operazione intelligente, cioè ha affittato i diritti di pesca e dunque anche i doveri a chi è in grado di adempiere a queste richieste, ovvero la Federazione italiana di pesca”.

Oggi per chi non ha conosciuto le realtà dei secoli scorsi, il privilegio dei Borromeo può sembrare scioccante. A livello locale la storia fa meno rumore perché è sempre stato cosi, “però è bello pensare che le acque siano di tutti”, aggiunge Danilo Foresti.

“Quello che fanno i Borromeo – conclude Mario Gerevini – è completamente aderente alla legge, ma totalmente anacronistico. In questi casi oggigiorno si dovrebbe prevedere la possibilità, se non addirittura l’obbligo, delle Regioni e degli enti locali, di rendere disponibili le acque a tutti, pagando un indennizzo a chi è titolare dei diritti esclusivi”.

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