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Bocciata la manovra italiana dall’Ue

La Commissione europea ha respinto la proposta di bilancio 2019 presentata dal governo italiano e ritiene che l'apertura di una procedura per deficit eccessivo basata sul debito sia giustificata.

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Per quanto visto e sentito in queste settimane la valutazione appariva scontata. La bocciatura rappresenta una premessa per avviare la procedura d’infrazione sulle regole del debito, che non è mai stato finora applicata ad alcun paese, neppure alla Grecia.

La manovra italiana vede un non rispetto delle regole di bilancio, in particolare della raccomandazione dell’Ecofin dello scorso 13 luglio. Così la Commissione Ue nella valutazione adottata mercoledì. 

Il debito italiano resta la maggior preoccupazione

L’Italia, secondo il commissario Ue agli Affari economici, il francese Pierre Moscovici, non sta rispettando il criterio del debito e per questo è giustificata una procedura per deficit eccessivo. Ma questo non significa – ha precisato – che si stia avviando ora una procedura per deficit eccessivo, perché spetta agli Stati membri presentare la loro posizione entro due settimane. 

Se gli Stati della zona euro confermeranno questa posizione della Commissione, allora la procedura sarà pronta. Ma dapprima ci sarà anche una nuova raccomandazione perché l’Italia corregga la traiettoria del deficit e del debito. Pierre Moscovici ha invitato al dialogo il Governo italiano. 

L’Italia punta sul debito del 2,4%

Esattamente una settimana fa, il ministro italiano dell’Economia e delle Finanze Giovanni Tria ha inviato alla Commissione europea la versione rivista del Documento Programmatico di Bilancio (DPB) 2019. Un programma approvato dal Consiglio dei ministri italiano.

Giovanni Tria nella lettera di accompagnamento ha scritto che “il governo conferma l’impegno a mantenere i saldi di finanza pubblica entro la misura indicata nel documento di programmazione, rispettando le autorizzazioni parlamentari. In particolare, il livello del deficit al 2,4% del Prodotto interno lordo (Pil) per il 2019 sarà considerato un limite invalicabile”.

Perché sebbene il debito sia sotto il 3% è comunque troppo?

La risposta, come spiega il professore di politica economica europea all’Università Bocconi di Milano Carlo Altomonte al quotidiano torinese La StampaCollegamento esterno, è in una equazione che gli economisti chiamano, appunto, equazione di stabilità del debito. “Questa equazione mostra che il rapporto tra il debito e il Pil di domani dipende anche da quello che è successo ieri, dalla grandezza del debito passato, e da quel che succede oggi”. 

Conta dunque anche il debito che già esiste: questo debito, che è un dato certo, va moltiplicato per il tasso di interesse che si paga sui titoli pubblici per sapere quanto lo Stato dovrà pagare il prossimo anno come interessi.  

Quindi conta anche il tasso di interesse: se questo sale, visto che il valore del debito passato è un dato, la spesa per gli interessi sale. È questo il motivo per cui l’aumento dello spread fa tanta paura. Aumento dello spread significa, in realtà, aumento del tasso di interesse sui titoli del debito pubblico. E se questo succede, il disavanzo aumenta.  

Conta anche il tasso di inflazione: l’inflazione riduce il valore reale del debito e quindi migliora la situazione. E poi conta il tasso di crescita del Pil, cioè quanto crescerà l’economia italiana. Se il Pil cresce, il rapporto debito/Pil si riduce. 

… in breve…

Dunque contano un valore che non si può modificare (il debito passato), un dato che dipende da come si comporta il mercato (il tasso di interesse), e due dati che sono solo ipotetici e che dipendono da cosa si pensa che succederà il prossimo anno: il tasso di crescita dell’economia e il tasso di inflazione. Oggi le previsioni sono che il tasso di inflazione sarà circa l’1,5% e la crescita dell’economia sarà l’1,1%. Con questi valori e con un deficit che sarà al 2,4% del Pil secondo il professor Altomonte non c’è la certezza che il rapporto tra il debito e il Pil diminuirà. Se il rapporto tra il deficit e il Pil fosse stato all’1,9% o più basso, invece, la certezza ci sarebbe stata.  



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