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È giunta l’ora di Carlo

Carlo e Camilla seduta su una panchina.
Anche Carlo detiene un primato: è stato il più longevo principe di Galles. Keystone / Hugo Burnand

Il nuovo sovrano del Regno Unito sarà noto con il nome di re Carlo III. Lo ha confermato Clarence House dopo che la premier britannica Liz Truss lo aveva chiamato così nel suo discorso alla nazione in seguito alla morte della regina Elisabetta II.

Ha aspettato più di ogni altro erede al trono il giorno fatidico, con la prospettiva di diventare il più anziano delfino ad essere incoronato monarca nella storia britannica. Dopo l’attesa di una vita Carlo a 73 anni suonati vede ora il compiersi di un destino segnato sin dalla sua nascita avvenuta il 14 novembre del 1948 a Buckingham Palace, ai tempi del nonno Giorgio VI.

E lo fa come successore di Elisabetta II, regina dei record, fra non pochi interrogativi: alimentati anche dall’indiscussa popolarità consolidata nel tempo da sua madre, ulteriore peso da portare assieme a quello della successione.

Il più longevo principe di Galles, accompagnato fino ad oggi dalla nomea di “eterno erede”, ha del resto dalla sua la pazienza di chi – nonostante gli alti e bassi nella vita pubblica e privata – ha saputo attenersi per lunghi anni al ruolo a lui assegnato, preparandosi senza mai dare a vedere di scalpitare al momento di poter essere messo infine alla prova.

Momento che arriva adesso a dispetto delle voci – ripetute negli anni ma costituzionalmente campate per aria – di un passaggio diretto dello scettro al suo primogenito William, principe della nuova generazione cui per ora spetterà una funzione di braccio destro. Se non di co-reggenza di fatto, come quella che Carlo stesso ha svolto negli ultimi anni, chiamato via via a sostituire l’ultranovantenne matriarca di casa Windsor in occasione sempre più importanti, sino a quello fondamentale della lettura del tradizionale Queen’s Speech in Parlamento nel 2022.

A suo conforto, non manca d’altronde il chiaro precedente storico di almeno un altro re subentrato con ottimi esiti a un’inossidabile madre sovrana dopo una lunghissima attesa. Si tratta di Edoardo VII, figlio e successore della regina Vittoria, figura chiave di un’epoca che non a caso è definita dal suo nome e coincide col suo lungo regno dal 1837 al 1901, secondo per durata solo a quello di Elisabetta II.

Trisavolo di Carlo, Edoardo – “lo zio d’Europa” – salì sul trono britannico all’inizio del XX secolo e fu capace di guida lungimirante dell’impero nel suo decennio circa di transizione: tanto da essere soprannominato per le capacità diplomatiche “Peacemaker” (il Pacificatore) in tempi turbolenti di tensioni internazionali che dopo la sua morte contribuirono a scatenare il Primo conflitto mondiale. 

Non mancano similitudini tra i due. Come il fatto che Edoardo fondò il “Prince of Wales Fund” per finanziare gli ospedali londinesi, mentre Carlo si è impegnato per i meno abbienti, creando il “Prince’s Trust”, un’organizzazione caritatevole che ha aiutato migliaia di ragazzi sfortunati a farsi largo nella vita.

Certo, i tempi sono ben diversi, col figlio di Vittoria che era sovrano di un impero allora al culmine della sua estensione e aveva molte più responsabilità rispetto a quelle di Carlo oggi in un Paese fortemente cambiato. 

Il primogenito di Elisabetta appare inoltre una figura piuttosto sensibile, passato attraverso non pochi momenti di difficoltà e finito anche al centro di più di una polemica: dallo scandaloso divorzio con la prima moglie, la popolarissima Diana, alla tragica morte della “principessa del popolo” in un incidente automobilistico a Parigi nel 1997 (quasi fatale per le sue sorti personali e per quelle della monarchia); fino alle critiche per le “interferenze” nella politica britannica o a quelle recenti riguardanti le donazioni alla sua Prince’s Foundation, ai milioni cash ricevuti da ricchissimi emissari delle monarche arabe del Golfo e ai sospetti su una sorta di compravendita di decorazioni, fra intrecci opachi d’intermediazioni, favori, interessi di business.

Carlo sembra essere uscito comunque dalle fasi più buie senza grandi contraccolpi e se non altro con una certa fama di principe dalle sensibilità contemporanee: non solo per avere in ultimo normalizzato il proprio divorzio e fatto accettare il secondo matrimonio con l’amata Camilla – destinata a divenire Regina Consorte secondo l’auspicio della stessa Elisabetta -, ma anche per l’impegno pubblico internazionale nella difesa dell’ambiente, l’attenzione al sociale e il proposito di svecchiare e snellire la casa reale. 

Immagine tutta da cementare ora per un uomo che arriva ultrasettantenne all’appuntamento con la storia, consapevole di dover sorprendere gli scettici se vorrà vincere l’unica sfida che conti davvero per la sopravvivenza di un’istituzione come la monarchia nell’era post moderna: salvaguardare la tradizione stando al passo coi tempi.

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