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Dai manicomi giudiziari alle cooperative

Indagine sull'evoluzione delle strutture per internati psichiatrici dove la creatività sopperisce ai tagli di bilancio

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L’acronimo è OPG, letteralmente Ospedale psichiatrico giudiziario. Sono gli istituti che accolgono i cosiddetti “folli rei”: strutture dimenticate, sfuggite agli interventi legislativi degli ultimi cinquant’anni, legge Basaglia compresa. Sei quelli ancora operativi per una popolazione di internati di circa 800 persone. Una ispezione della commissione Sanità del Senato, guidata nel 2012 dall’attuale sindaco di Roma Ignazio Marino, ne sancì la definitiva chiusura entro il marzo del 2013 e gli internati trasferiti in nuove strutture chiamate Rems (“Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza) per le quali sono stati già stanziati 180 milioni di euro più altri 93 per le spese correnti (38 per il 2012 e 55 per il 2013). A costruirle dovevano pensarci le Regioni ma molto poco è stato fatto (salvo qualche rara eccezione). Le priorità per i Governatori sono altre e di soldi dal ministero, a dire il vero, se ne sono visti pochi. E così tra rinvii e proroghe si è arrivati all’ultima scadenza del 31 marzo del 2015 concessa dal governo lo scorso 28 maggio e ribadita dal ministro Orlando a gennaio nella “relazione annuale sull’amministrazione della Giustizia”. La situazione però non sembra cambiata molto.

In questo colpevole ritardo però qualcosa di positivo si può trovare. Costretti a trovare soluzioni alternative,infatti, i Governatori si sono sempre più orientati in questi mesi a finanziare percorsi di cura e riabilitazione individuali che, attraverso i Dipartimenti di salute mentale, possono contare sui cosidetti “budget di salute” Una sistema di coogestione tra il privato sociale, l’azienda sanitaria e i servizi sociali, dei fondi provenienti dal sistema socio-sanitario. Tutto viene coordinato e deciso collettivamente a misura di paziente. Una sorta di “investimento sulla persona” come spiega Simmaco Perillo, presidente della cooperativa “Al di là dei sogni”, di Maiano di Sessa Aurunca: ” Qui costruiamo un ambiente terapeutico globale nel quale le persone si incontrano e si danno una mano per la ricostruzione della propria dignità attraverso la socialità, il lavoro e l’impegno”. “Al di là dei sogni” è una scommessa nata su terra di camorra, all’interno di un bene confiscato al clan dei Moccia nel ‘91.

Un finto allevamento di cavalli usato per le riunioni dei clan, immerso nel verde della campagna campana proprio sul tratto della via Appia oggetto di una inchiesta della magistratura perché sospettato di essere un incubatore di residui tossici. Qui tutti sono ospiti, nessun “internato” ma soprattutto sono soci. Tutti partecipano alla cooperativa attraverso il lavoro, il mantenimento delle strutture, la produzione, trasformazione e vendita dei prodotti che essi stessi coltivano. Qui arriva di tutto: tossicodipendenti, alcolisti, persone con problemi psichiatrici che negli Opg non hanno trovato risposte. Persone come Mimmo, 52 anni la metà dei quali passati tra carceri e istituti psichiatrici dopo che un raptus di follia lo portò ad uccidere 7 persone la metà dei quali parenti. Una strage che lo strappò dalla famiglia, dai tre figli. Una vita persa all’interno dell’Opg di Aversa dove passava il tempo a fumare sigarette e preparare caffè per gli altri internati. Fino a quando incontrò Simmaco e la sua cooperativa “Al di là dei sogni”. Il cancello della cooperativa per lui è sempre aperto e si sente finalmente libero non più un “malato da internare”.

La questione a questo punto è: con i soldi stanziati per costruire le Rems non sarebbe possibile immaginare di fare altro? In questi anni operatori, associazioni, sindacati, esponenti importanti della psichiatria italiana coordinati in una rete chiamata “StopOpg”, pur apprezzando l’orientamento del provvedimento di chiusura degli Opg ne ha criticato la finalità concentrata alla costruzione delle Rems. “Strutture – è la critica mossa dal presidente dell’associazione italiana psichiatri, Emilio Sacchetti – che rischiano di replicare il modello dei manicomi giudiziari anche se per forma e dimensioni minori”. Il dubbio, guardando anche al personale di quella prevista ad esempio a San Nicola di Baronia, in provincia di Avellino, che contempla: 10 infermieri, 2 psichiatri, 1 psicologo, 1 assistente sociale 2 educatori e un amministrativo, il dubbio viene. Il tutto poi per un costo mensile intorno ai 65 mila euro al mese cui vanno aggiunti 120-130 euro ad internato al giorno. “Soldi che – aggiunge Simmaco – potrebbe essere spesi per rafforzare strutture già esistenti e veramente alternative al sistema degli Opg e che spesso, come nel caso nostro, si autosostengono attraverso il lavoro”. (G.R./tvsvizzera/alanews)

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