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La ricetta di Trump per il Medio Oriente

Donald Trump stringe la mano a Benjamin Netanyahu alla Casa Bianca
Donald Trump stringe la mano a Benjamin Netanyahu alla Casa Bianca in occasione della presentazione del piano di pace americano per il Medio Oriente. Keystone / Michael Reynolds

Donald Trump ha presentato martedì a Washington il piano per il Medio Oriente messo a punto dalla sua amministrazione che consentirà, secondo le sue parole, di compiere un "passo da gigante" in direzione della pace tra israeliani e palestinesi.


Questo piano, secondo quanto ha riferito il premier israeliano Benjamin Netanyahu presente alla Casa Bianca, renderà possibile la ripresa di “negoziati diretti” con i palestinesi che si sono interrotti nel 2014. “Il primo ministro Benjamin Netanyahu – ha precisato Donald Trump – mi ha informato di essere pronto a considerare questa proposta come una base per colloqui diretti con i palestinesi”.

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Se il presidente palestinese Mahmud Abbas “sceglierà la pace gli Stati Uniti e altri paesi faranno di tutto per sostenerlo”, ha continuato sempre il politico statunitense. Il piano Trump, preparato sotto la supervisione del genero Jared Kushner, prevede che Gerusalemme sia la capitale indivisa di Israele e offre una via definita realistica in vista del raggiungimento dell’obiettivo di due Stati. Lo Stato ebraico potrà estendere la sua sovranità sulle colonie in Cisgiordania ma per 4 anni dovrà essere congelata la costruzione di nuovi insediamenti sui territori arabi.

La controparte palestinese a sua volta potrà stabilire la sua capitale nei quartieri arabi della città (Gerusalemme Est), dove gli Stati Uniti vi apriranno un’ambasciata, e otterrà nuovi territori a condizione che accettino l’intesa.

La superficie sotto sovranità palestinese raddoppierà, ha continuato il presidente USA, ci saranno investimenti per 50 miliardi di dollari a loro favore ma dovranno scegliere la pace perché “questa potrebbe essere l’ultima opportunità”. Il progetto, di cui Washington aveva già messo in luce gli aspetti economico-finanziari, porrà fine alla dipendenza dei palestinesi nei confronti degli aiuti stranieri e delle organizzazioni umanitarie. 

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Non si sono fatte attendere le reazioni, tutte di senso negativo, da parte dei palestinesi, di cui nessun rappresentante era stato invitato alla Casa Bianca o ha incontrato i negoziatori statunitensi. Hamas, che controlla la Striscia di Gaza, ha subito detto che rigettava la proposta: “Non accetteremo alternative a Gerusalemme capitale della Palestina”, ha dichiarato Khalil al-Hayya, un dirigente del movimento.

Il piano sembra peraltro aver avuto l’effetto di avvicinare le due fazioni palestinesi contrapposte, al Fatah e Hamas, e a Gaza si sono già tenute manifestazioni spontanee di protesta.  

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