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Siria, missili USA contro base aerea di Assad

Nella notte di venerdì, gli Stati Uniti hanno lanciato missili contro una base siriana. È la prima incursione diretta in sei anni di conflitto e segna una svolta nella posizione del presidente americano Donald Trump, dopo l’attacco con armi chimiche di martedì contro una città in mano ai ribelli, attribuito al regime di Bashar Al Assad. La rappresaglia USA –che ha fatto 4 morti, due dispersi e 6 feriti- riporta al massimo le tensioni tra Washington e Mosca, alleata di Assad.

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La prima azione bellica di Donald Trump è iniziata alle 2 e 30 ora svizzera: 59 missili Tomahawk sono stati lanciati da due navi da guerra contro la base aerea siriana di Al Shayrat. È la stessa, stando all’intelligence americana, dalla quale martedì sarebbero partiti i jet di Damasco con gli agenti chimici scaricati sulla provincia di Idlib, fatali per oltre 70 persone tra cui almeno 30 bambini.

La risposta di venerdì notte, secondo il governatore di Homs, ha provocato 5 morti tra militari e civili, e 7 feriti.

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Donald Trump, che era a cena col presidente cinese Xi Jinping, si è presentato davanti alle telecamere poco dopo il raid, che ha spiegato così:

“Usando gas nervino Assad ha stroncato le vite di uomini, donne, bambini. Una morte lenta e brutale per molti di loro. Ho ordinato un’azione militare mirata, nell’interesse degli Stati Uniti, per prevenire e scoraggiare la diffusione di armi chimiche letali”.

Fino a una settimana fa, il team del presidente USA sembrava avere intenzione di tenersi alla larga da una crisi siriana giudicata ormai inestricabile: “Tocca al popolo siriano decidere se continuare o no ad essere governato da Assad”.

Ora tutto è cambiato, ma il presidente avrebbe scelto l’offensiva meno vasta, tra quelle discusse con il segretario della difesa James Mattis. Avrebbe potuto colpire bersagli simbolici, altri scali militari controllati dal governo di Damasco, e le fabbriche sospettate di produrre armi chimiche.

Questa prudenza, secondo alcuni analisti, farebbe pensare a un attacco isolato.

Sono molti i Paesi che hanno espresso la loro approvazione verso l’attacco degli Stati Uniti, che prima di agire hanno avvertito la NATO e gli alleati europei. La premier britannica Theresa May l’ha definita una risposta adeguata al “barbaro” attacco chimico del regime siriano. Una posizione condivisa da Francia, Germania, Polonia, Giappone, Australia, Israele e Arabia Saudita.

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Per la Russia, l’attacco è invece un’aggressione contro uno Stato sovrano. Mosca chiede una riunione urgente del Consiglio di sicurezza dell’Onu e sostiene che l’azione fosse stata pianificata prima della strage con armi chimiche, usata solo come pretesto.



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