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Trump diserta il Wef di Davos e blocca viaggio di Pelosi

Si profilano importanti defezioni al Word Economic Forum (Wef) che si aprirà martedì a Davos. 

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Donald Trump ha infatti cancellato la partecipazione per l’intera delegazione statunitense, compresi il segretario di Stato Mike Pompeo e il titolare del Tesoro Steven Mnuchin. Ma anche Theresa May e Emmanuel Macron, alle prese rispettivamente con le vertenze Brexit e gilet gialli, diserteranno il vertice mondiale, che si tiene ogni anno nella rinomata località retica. 

Naturalmente l’assenza che sta facendo più discutere, anche per le modalità e le ragioni con cui è stata motivata, è quella del presidente americano che ha ufficializzato la notizia annunciata alcuni giorni fa su Twitter e che è stata estesa ad altri esponenti del governo USA.

La motivazione addotta è lo shutdown, il blocco delle attività dell’amministrazione per la mancata approvazione del bilancio federale da parte del Congresso. Il più lungo shutdown della storia, giunto ormai al 28esimo giorno, sta infatti paralizzando gli uffici pubblici e 800’000 dipendenti sono senza stipendio da settimane, tutte circostanze che, secondo quanto è stato sottolineato, rendono inopportuna la partecipazione USA a Davos.

Ma a suscitare un vespaio è stato soprattutto l’annullamento, deciso dalla Casa Bianca, del viaggio di sei giorni a Bruxelles, in Afghanistan ed Egitto della delegazione parlamentare guidata dalla speaker Nancy Pelosi. Il veto è giunto, con lettera dello stesso Donald Trump indirizzata a Capitol Hill, mentre i parlamentari si apprestavano a salire sul bus dell’Air Force One che avrebbe dovuto trasportarli alla base aerea di Andrew, in Maryland, da dove sarebbero poi decollati per l’Europa.

Nessun aereo militare sarà a disposizione della leader della Camera fino a che durerà lo shutdown, ha scritto la Casa Bianca. Se Nancy Pelosi vuole proprio partire, ha aggiunto sarcasticamente il presidente, “può prendere un aereo commerciale, ma in questo momento meglio sarebbe restare qui a negoziare con me la sicurezza dei confini e la fine dello shutdown”.

I più leggono la mossa di Donald Trump come una ritorsione alla Camera dei rappresentanti, a maggioranza democratica, che non intende votare la manovra finanziaria in cui è previsto lo stanziamento di 5,7 miliardi di dollari per la costruzione del contestato muro al confine con il Messico.

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