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Senza permessi non si gioca, Lugano decimato

Giocatrici del Lugano calcio femminile al termine della finale di coppa svizzzera 2018.
Keystone / Anthony Anex

Per giocare in un campionato di serie “A” o “B” in Svizzera serve un permesso di lavoro. A ricordarlo è la Segreteria di Stato della migrazione, che nei giorni scorsi ha svolto accertamenti sulle ragazze statunitensi che militano nelle fila del Lugano calcio. Ragazze che sono risultate tutte sprovviste dei documenti e che hanno quindi dovuto abbandonare la squadra.

Non si placano le polemiche sull’intervento della Segreteria di Stato della migrazione (SEM) che, nei giorni scorsi, ha svolto accertamenti sulle statunitensi che militano nelle fila del Lugano calcio. Tutte le calciatrici sono risultate sprovviste del permesso di lavoro e hanno quindi dovuto abbandonare la squadra dove giocavano grazie al Pass Academy, un programma accademico-sportivo che nasce per giovani che sono al contempo brave atlete e brave studentesse e che vogliono fare un’esperienza in Europa.

Il caso del Lugano ha avuto anche un’eco oltre San Gottardo. L’associazione svizzera di football (ASF) ha infatti dichiarato ai microfoni della RSI che si attiverà per verificare le indicazioni fornite dalla SEM e per verificare se siano necessari cambiamenti alle attuali direttive.

Intanto c’è incredulità tra le giocatrici della prima squadra femminile di calcio del Lugano, dopo lo stop imposto a 15 di loro dalla SEM. “Era il mio sogno, ero venuta qui per giocare”, dice una delle calciatrici costrette in panchina, che ha chiesto di mantenere l’anonimato.

La SEM ha rinviato a martedì le spiegazioni sul caso ma nel frattempo, poiché in Ticino il dossier è in mano alla Sezione della Popolazione, la RSI ha intervistato la responsabile, Silvia Gada. “Non è dopo 4 anni di attività che la sezione della popolazione ha deciso di andare a fare un’indagine, tutt’altro. Le singole giocatrici, come tutte le persone che sono presenti sul territorio, hanno la responsabilità di chiedere il permesso più consono alla loro situazione. Ci è arrivata una richiesta, abbiamo approfondito e ci siamo resi conto da questa partenza che c’era problema”, ha spiegato Silvia Gada.

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