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Rifugiati nelle aziende agricole, ha funzionato

Interno di una serra; un uomo muove una carriola e un altro vi ripone palate di terra.
Due partecipanti al programma di formazione e lavoro in un'immagine d'archivio. Keystone

Trenta persone, tra rifugiati e ammessi provvisoriamente, hanno lavorato tra il 2015 e il 2017 in 17 aziende agricole svizzere, in un progetto pilota organizzato dai contadini e dalla Confederazione. Esperimento riuscito a detta di tutte le parti.

I risultati sono stati presentatiCollegamento esterno mercoledì: l’impiego è durato tra 3 e 12 mesi, i partecipanti hanno guadagnato 3200 franchi al mese (sgravando le casse dell’aiuto sociale) e hanno fatto progressi sul fronte dell’integrazione e della lingua.

Più integrati, più occupati

Il progetto pilota ha permesso in definitiva di collocare oltre metà dei rifugiati: 14 hanno ricevuto un’offerta d’impiego (10 l’hanno accettata) e altri 7 sono stati assunti da un’altra azienda o in un altro settore.

Qualche difficoltà è stata invece creata dalle barriere culturali, dalla durezza del lavoro nei campi e dalla distanza casa-lavoro: molte fattorie sono in zone discoste. Sei persone su trenta non hanno concluso la formazione come previsto.

Meglio se preparati localmente

Il tutto è costato 280’000 franchi, a carico -per metà ciascuno- dell’Unione svizzera contadiniCollegamento esterno e della Segreteria di Stato della migrazioneCollegamento esterno SEM. L’organizzazione a livello nazionale si è rivelata però dispendiosa: in futuro si punterà su progetti cantonali.

Il rapporto precisa inoltre che rifugiati e persone ammesse provvisoriamente che vorrebbero lavorare nell’agricoltura ma non dispongono di esperienza dovrebbero essere preparati, ad esempio con dei “pretirocini d’integrazione”.

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La SEM organizza questo tipo di corsi per una ventina di settori professionali. Fino al 2022, ogni anno 800-1000 rifugiati riconosciuti o persone ammesse provvisoriamente saranno preparati a una formazione professionale di base.

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