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Quando a ospitare i rifugiati sono le famiglie

In Svizzera francese sempre più persone aprono le porte di casa ai profughi; in Ticino negli anni '70 gli esuli cileni furono accolti così

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Accogliere richiedenti l’asilo e rifugiati in famiglia oppure in centri, alberghi, appartamenti? Nella Svizzera francese i progetti di ospitalità presso famiglie residenti stanno conoscendo un buon successo.

Una possibilità che anche il Ticino ha sfruttato negli anni ’70 con la cosiddetta “Azione posti liberi”, quando ad aver bisogno erano gli esuli cileni. Margherita [cfr. video] quarant’anni fa aprì le porte della sua casa a cinque giovani giunti in Svizzera come centinaia di loro concittadini dopo il golpe di Pinochet.

Essere accolti in un nucleo familiare fu importante e non solo per imparare la lingua, come ci spiega Oscar Cariaga, uno dei primi arrivati all’epoca [intervista nel video].

Oggi, l’Organizzazione svizzera di aiuto ai rifugiati (OSAR) promuove un nuovo progetto di ospitalità in 4 cantoni pilota (Vaud, Berna, Ginevra e Argovia), ma le famiglie disposte ad accogliere hanno opportunità simili in ben 19 cantoni.

Riflessioni che appartengono anche al progetto “accoglienza in famiglia” che, oggi OSAR, l’organizzazione Svizzera di aiuto ai rifugiati, promuove in quattro cantoni pilota (Vaud, Berna, Ginevra e Argovia). Progetti simili esistono in 19 cantoni, e il modello sembra avere successo un po’ ovunque.

Da circa sei mesi, ad esempio, la famiglia Jacquet ospita due giovani afgani, Ali e Asif, ai piedi del Jura. La coppia vive in una vecchia locanda. Una volta partiti i figli, hanno deciso di lanciarsi in quest’avventura.

I coniugi Jacquet aiutano i ragazzi a svolgere i compiti di francese e nelle questioni amministrative; condividono le faccende di casa e, qualche volta, anche la tavola. Un’integrazione dolce, dove ci si abitua all’altro poco a poco.

Nel Canton Vaud, sono 43 le famiglie che accolgono richiedenti l’asilo o rifugiati; Ali e Asif sono tra i 116 migranti che beneficiano di questo programma, nell’ambito del quale i Jacquet hanno firmato un contratto semestrale, rinnovabile, e ricevono 120 franchi al mese.

Per loro i vantaggi sono altri: “Questo ci permette di capire meglio un’altra cultura, senza avere l’impressione di studiarla”, spiega Suzanne. “C’è allegria, risate per tutti i qui pro quo e c’è calore umano, la casa vive!”, dice Pierre André.

Le famiglie interessate a offrire la propria ospitalità prendono contatto con OSAR, che le segnala agli enti cantonali che si occupano dell’accoglienza dei richiedenti asilo. Fatte le dovute valutazioni e stipulato un contratto della durata minima di sei mesi, alle famiglie viene riconosciuto un contributo per l’alloggio. OSAR, da parte sua, offre alle famiglie e ai loro ospiti una mediazione interculturale per facilitare la comprensione.

Tutto questo ha successo: attualmente sono 25 le famiglie che ancora aspettano un migrante. Una modalità di accoglienza che il Ticino, al momento, non ha però deciso di ripristinare [nel video, le considerazioni di Carmela Fiorini, capo servizio richiedenti asilo del Cantone].

Casi di ospitalità, tuttavia, non mancano. Come quello di Mario Veragouth che, sentite le dichiarazioni della Svizzera di voler accogliere 500 profughi siriani, ha pensato di mettere a disposizione la sua casa, svuotata della presenza dei cinque figli e dei nipoti, ormai grandi.

Mario si informa, cerca a chi rivolgersi per proporre questa sua disponibillità e, alla fine, riesce a contattare SOS Ticino, che si occupa dell’alloggio dei richiedenti l’asilo.

Da tre anni nella darsena di Mario vive un giovane tibetano. Inizialmente erano due, ma un ragazzo si è trasferito oltralpe.

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