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“L’UE? Un pane mezzo cotto”

Romano Prodi, presidente della Commissione UE dal 1999 al 2004. Keystone

"L’Europa è come un pane: mezzo crudo e mezzo cotto. Mi auguro che venga cotto del tutto". Romano Prodi ricorre a una metafora culinaria per descrivere lo stato in cui versa l’Unione Europea. L’ex presidente della Commissione europea e già premier italiano, all’approssimarsi delle celebrazioni per i sessant’anni dei Trattati di Roma, guarda al futuro con preoccupazione ma anche ottimismo, come spiega nell'intervista concessa a Modem.

Nuove difficoltà e mancanza dei leader del passato

La preoccupazione è dovuta al contesto. “Concorrenza, crisi economica… portare avanti l’unione fra i paesi europei è più difficile oggi e i rischi di dissoluzione non mancano”. Oltretutto in Europa si sente la mancanza dei “grandi di leader” del passato. E comunque l’anno della verità non sarà questo bensì il prossimo, perché “il 2017 è un anno elettorale che non cambierà gli equilibri: l’Olanda ha respinto i populismi, per la Francia sono fiducioso e in Germania comunque vada la politica europea non verrà modificata”.

Le incognite Brexit e Trump

C’è la Brexit certo e le trattative si annunciano “durissime”. Dall’altra parte però – spiega allla RSI Romano Prodi – “il nuovo presidente americano Trump sta attaccando l’Europa per dividerla e questo sta compattando l’Ue”. In questo senso l’apertura di Angela Merkel all’idea di un’Europa a due velocità è una conseguenza del trumpismo, rileva ancora il Professore.

“La Svizzera è un’eccezione”

La Svizzera osserva attendista l’evolversi della situazione. Ma, un paese che ce la fa da solo fuori dall’UE non è la dimostrazione che stare dentro non è una necessità per sopravvivere nel mondo globale? Attenzione, sottolinea l’ex presidente del Consiglio italiano, “non ci possono essere più Svizzere. La Svizzera è un’eccezione. Specializzata in settori come la ricerca e i servizi finanziari, prestazioni che offre nel mondo globale. Ma non ci possono essere tanti paesi che svolgono questa funzione. E poi la Svizzera, lo sappiamo, è la più brava al mondo a usare gli interstizi. Ma gli interstizi non sono molti”.

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