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L’onda verde archivierà il progetto TAP

Un operaio impegnato nella costruzione della Trans-Adriatic Pipeline (TAP), a Spitalle (Albania).
Keystone / Armando Babani

Le politiche energetiche in Europa stanno mettendo in soffitta le strategie incentrate sui gasdotti, come quello in costruzione della TAP, ideato in Svizzera e contestato in Italia e Grecia.


L’inaugurazione del gasdotto Trans Adriatic Pipeline (TAP) è prevista per la fine del 2020, con otto anni di ritardo rispetto a quanto auspicato nel 2008, quando la società si poneva l’obiettivo di trasportare il primo gas entro il 2012. A oltre 16 anni dai primi schizzi sulle tovagliette di un birrificio di Baar per mano dei suoi ideatori, il “gasdotto svizzero” è però quasi concluso.

Guarda il webdoc “La storia di TAP, un gasdotto svizzero”Collegamento esterno.

Anni di riassetti societari, pressioni diplomatiche e nuovi equilibri
internazionali, che, però, di recente hanno anche visto un cambiamento radicale nelle politiche energetiche. Se agli inizi degli anni 2000 il gas naturale era ancora visto come un’energia fossile pulita, oggi la lotta contro il cambiamento climatico rimescola le carte: il gas non è più visto come una soluzione di lungo termine, bensì come una risorsa destinata ad essere abbandonata e questo nonostante diversi gasdotti siano ancora in costruzione.

La Banca europea per gli investimenti (BEI), che ha sostenuto TAP con 700 milioni di euro, nel novembre 2019 ha dichiarato che interromperà i finanziamenti legati a combustibili fossili entro la fine del 2021. Intanto, l’accordo sul clima di Parigi del 2015 non solo ridimensiona l’importanza dell’infrastruttura, ma impegna l’Europa e la Svizzera a guardare avanti.

Ne è convinto anche il direttore supplente dell’Ufficio federale dell’energia Pascal Previdoli: “Parto dal presupposto che in tutta Europa l’importanza di combustibili fossili diminuirà e che quindi – se si fa sul serio con gli accordi di Parigi – dovranno diminuire anche le quantità”. Questo significa che, in futuro, per rispettare l’impegno di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, un’opera come TAP (il cui costo complessivo si aggira attorno ai 45 miliardi di euro) potrebbe rivelarsi ormai obsoleta. L’intervista a Pascal Previdoli, direttore supplente dell’Ufficio federale dell’energia

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