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Le conseguenze fiscali della Salvinomics

Le conseguenze fiscali della Salvinomics tvsvizzera

di Francesco Daveri, lavoce.info

La Lega e i tagli alle entrate

Quali sarebbero le implicazioni per il bilancio pubblico delle proposte economiche del centro-destra e di chi oggi si pone come il suo candidato leader in pectore, cioè Matteo Salvini? Dopo le manifestazioni pubbliche dello scorso week end si può dare qualche risposta.

Prima di tutto, dal palco di Bologna è scomparsa l’idea dell’uscita dall’euro. Forse si tratta di una dimenticanza temporanea; oppure c’è la presa d’atto della materiale impossibilità della cosa, soprattutto – come ha insegnato il caso della Grecia – per un paese solo e gravemente indebitato. Fatto sta che il tema non è stato indicato tra quelli oggetto di iniziativa politica dal segretario della Lega nord.

C’è un altro tema che invece non è scomparso dall’agenda politica ed è quello della flat tax, l’aliquota unica di imposta sui redditi individuali fissata al 15 per cento con deduzioni per 3mila euro pro capite così da garantire che la proposta rispetti (all’osso) il criterio di progressività nel carico dell’onere della tassazione richiesto dall’articolo 53 comma 2 della Costituzione italiana.

Qualche calcolo usando le dichiarazioni dei redditi 2013Collegamento esterno indica che la flat tax proposta dalla Lega ed estesa alle imprese porterebbe a una riduzione di entrate per un minimo di 40 miliardi di euro se la proposta fosse realizzata mantenendo in essere l’attuale Irap. Se invece si applicassero alla lettera le indicazioni dell’americano Alvin Rabushka (cui la Lega nord dice di richiamarsi), la flat tax dovrebbe prevedere anche la cancellazione dell’Irap. Il che aggiungerebbe altri 30,5 miliardi (dati 2014) alla lista delle minori entrate da finanziare. C’è però poi da considerare che l’introduzione della flat tax porterebbe con sé almeno l’abolizione del bonus degli 80 euro (e forse un ridisegno delle politiche di sostegno al reddito). L’eliminazione degli 80 euro darebbe un risparmio di risorse pubbliche pari a 9,5 miliardi euro. Il conto della flat tax senza l’Irap e senza gli 80 euro sarebbe dunque di circa 61 miliardi di euro.

Nel week end Salvini non è andato solo a Bologna, ma anche a Cinisello Balsamo, comune dell’hinterland milanese, dove la sua proposta politica si è arricchita di un altro tassello: la cancellazione delle accise dal pieno di benzina. Per ora, i soldi mancanti per pagare un pieno tax-free agli automobilisti dell’hinterland milanese che ne hanno beneficiato li ha messi la Lega. A regime, tuttavia, se la proposta avesse un seguito per tutta l’Italia, una cancellazione delle accise sui “prodotti energetici, loro derivati e prodotti analoghi” eliminerebbe una voce che nel 2014 ha fruttato entrate per 25,9 miliardi di euro.

E la spesa pubblica?

Infine, specie se si abbandona l’ipotesi di uscire dall’euro (ma forse ancora di più se si mantenesse l’idea), la riduzione di imposte dovrà – presto o tardi – essere finanziata con una parallela riduzione della spesa pubblica. Su questo tema politicamente spinoso il segretario della Lega ha preferito sorvolare. Sul fronte della spesa, l’unica proposta uscita dalla Lega (dal presidente della regione Lombardia Roberto Maroni e da Salvini) è quella relativa all’opposizione ai tagli proposti dal governo e inseriti dal governo nella legge di stabilità 2016. Succede però che, se non si fanno i tagli e si lascia salire la spesa sanitaria al ritmo implicato dalle leggi, dalla tecnologia e dalla demografia, viene fuori che nel 2018 – lo dice la Nota di aggiornamento al Def 2015 – la spesa sanitaria arriverà a 120 miliardi, circa 9 miliardi in più che nel 2015.

Ecco dunque un conto delle conseguenze fiscali della Salvinomics, l’economia di Matteo Salvini: 86,9 miliardi in minori entrate e 9 miliardi in maggiori spese. Cioè un maggiore deficit pubblico per 95,9 miliardi di euro, pari al 5,8 per cento del Pil. Una salutare frustata semplificatrice e un forte impulso alla ripartenza dell’economia? Forse. Più probabilmente vedremmo invece una brusca risalita dello spread e una rapida perdita della fiducia faticosamente recuperata negli ultimi mesi grazie alla favorevole congiuntura internazionale e alle prime riforme approvate dal governo.

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