La televisione svizzera per l’Italia

“È un affronto verso l’UE”

Lucrezia Reichlin
Lucrezia Reichlin è convinta che l'Italia non guadagnerebbe nulla uscendo dall'euro. Joshua Lutz /Redux/laif

L'economista italiana Lucrezia Reichlin auspica che l'Unione Europea mantenga una linea dura nella disputa sul deficit di bilancio della Penisola. Altrimenti potrebbe verificarsi un'emergenza nazionale. L'ha intervistata il giornale svizzero tedesco Tages-AnzeigerCollegamento esterno.

Lucrezia Reichlin, in Italia domina la follia?

Mi sembra un’affermazione un po’ esagerata.

Intendevo da un punto di vista economico.

L’attuale governo italiano composto dalla Lega e dai 5 Stelle è fermamente convinto di potere rilanciare l’economia spendendo molto denaro e accettando disavanzi e debiti più elevati. È una credenza diffusa. Donald Trump fa esattamente lo stesso. Ad esempio, in Italia il governo spera che l’introduzione del reddito di cittadinanza stimoli il desiderio di consumare dei cittadini e quindi aumenti la domanda complessiva.

E questo non funziona?

Ci sono situazioni in cui può essere utile stimolare la domanda. In Italia, però, questo avrebbe dovuto essere fatto durante la recessione tra il 2008 e il 2011 e non in una fase congiunturale di ripresa come quella attuale. Inoltre, l’efficacia di queste misure per stimolare la domanda dipende dal livello degli interessi. Questo è a sua volta influenzato dal fattore rischio, ovvero se gli investitori considerano il paese a rischio elevato o basso.

Cosa significa concretamente per l’Italia?

Se il governo di uno dei paesi più indebitati del mondo aumenta il deficit in modo così consistente come stanno pensando di farlo Lega e 5 Stelle, gli investitori diventano nervosi. Di conseguenza il rischio di tasso di interesse dei titoli di Stato italiani aumenta. Lo spread, ovvero il differenziale coi titoli di Stato tedeschi, cresce. L’Italia deve quindi spendere di più per il proprio debito e per rifinanziarsi sul mercato internazionale.

Queste spese aggiuntive annichiliscono l’effetto di stimolo auspicato dal governo. Il prezzo della perdita di fiducia a livello internazionale è superiore al beneficio che il governo pensa di ottenere aumentando il deficit.

Nata nel 1954 , Lucrezia ReichlinCollegamento esterno ha studiato economia alle università di economia di Modena e di New York. Ha lavorato in diverse città europee, ad esempio a Francoforte, come direttrice generale della ricerca presso la Banca Centrale Europea.

Dal 2008 è professore ordinario alla London Business School.

Il bilancio finanziario del governo italiano mette in pericolo l’euro?

Non bisogna drammatizzare. L’Italia non è il primo e probabilmente non sarà l’ultimo paese che viola le regole dell’UE. Tuttavia, è innegabile che in un’unione monetaria sono necessari accordi vincolanti in materia di politica fiscale. Nello stesso tempo, però, l’esistenza stessa di queste regole permette ai politici populisti di scaricare le colpe del proprio fallimento sull’UE. Se poi le regole vengono anche ignorate, viene a mancare la disciplina fiscale per la quale erano state pensate. Alla fine, si arriva alla situazione deplorevole in cui tutti sono insoddisfatti.

Le due regole fondamentali di Maastricht sono le seguenti: il debito non deve superare il 60% del Pil e il disavanzo pubblico non deve oltrepassare il 3%. Con un deficit previsto del 2,4%, il governo italiano si attiene almeno alla seconda regola. La prima invece non è più seguita praticamente da nessuno.

È un po’ più complicato. In primo luogo, il 2,4% si basa su una previsione troppo ottimistica della crescita economica italiana. In secondo luogo, un paese fortemente indebitato è obbligato a ripagare i suoi debiti a poco a poco. Pertanto, il disavanzo deve essere inferiore al 3%. Il governo precedente aveva concordato con l’UE un deficit dello 0,8%. Pianificarne uno tre volte superiore, come fanno la Lega e i 5 Stelle, è un affronto piuttosto indelicato verso l’UE.

Ha detto che il governo italiano avrebbe dovuto applicare prima una politica fiscale come quella attuale. La critica è quindi indirizzata anche alla sinistra.

La sinistra ha aderito in modo molto più stretto alle regole dell’UE. Non aveva altra scelta, poiché ha dovuto rilevare un paese che Silvio Berlusconi aveva condotto sull’orlo della bancarotta. Se nel 2011 l’UE fosse stata un po’ più lungimirante, avrebbe rinunciato ad adottare misure di politica fiscale così drastiche.

Torniamo al presente. Questa settimana l’Italia deve rispondere alle critiche dell’UE sul suo progetto di bilancio.

All’interno dell’UE e tra i paesi della zona euro è fondamentale che i singoli membri siano disposti a negoziare e a scendere a compromessi. Il governo italiano, invece, sta mostrando all’Europa il dito medio. Temo che anche questa settimana la situazione non cambierà. Politicamente questo paga e può aiutare a vincere le prossime elezioni. Tuttavia, economicamente questo comportamento può avere conseguenze devastanti.

“All’interno dell’UE e tra i paesi della zona euro è fondamentale che i singoli membri siano disposti a negoziare e a scendere a compromessi. Il governo italiano, invece, sta mostrando all’Europa il dito medio”.

La Lega e i 5 Stelle hanno però il 60% della popolazione dalla loro parte.

La crisi economica in Italia è stata molto, molto grave e le sue conseguenze si fanno ancora sentire. Molti pensano – ed è comprensibile – che i governi precedenti abbiano fatto troppo poco. Inoltre, l’attuale coalizione di governo è eterogenea. Accoglie sensibilità diverse, sia di destra che di sinistra, e fa appello ai sentimenti di pancia delle persone, molte delle quali sono disperate. Infine, bisogna anche aggiungere che l’opposizione è quasi morta.

Se sul bilancio l’UE cede all’Italia, apparirà come debole. Se non si arrende, i populisti italiani avranno un’eco ancora maggiore. Essendo l’Italia “too big to fail”, troppo grande per fallire, l’uomo forte del governo italiano, Matteo Salvini, può ricattare l’UE?

Sono abbastanza sicura che l’UE resterà dura. Speriamo che lo resterà, nella consapevolezza però che c’è sempre spazio per la negoziazione dei bilanci dei singoli membri. E poi non credo che l’Italia sia troppo grande per fallire.

Perché no?

Non siamo più nel bel mezzo di una grave crisi come nel 2012. Se lo spread dovesse schizzare a quota 500 punti, per calmare la situazione ci sono strumenti come l'”Outright Monetary TransactionsCollegamento esterno“. Il governo italiano dovrebbe però chiederlo e poi naturalmente accettare le condizioni dell’UE. L’Irlanda lo ha fatto durante la crisi finanziaria e oggi è uno dei paesi europei con il maggiore successo economico.

Quindi per fare rinsavire il governo italiano il cosiddetto spread dovrebbe raggiungere i 500 punti?

Amo il mio paese e spero che non si arrivi a questo. Lo scenario è però abbastanza plausibile: un’emergenza nazionale in cui il presidente, la banca centrale e l’opposizione dovrebbero cercare di invertire la tendenza. Il che, alla luce dell’attuale situazione di maggioranza, sarebbe assai discutibile da un punto di vista democratico.

L’uscita dell’Italia dall’euro, il cosiddetto Italexit, è uno scenario possibile?

Non credo che il governo stia puntando all’Italexit. Nonostante la crescita economica debole, l’Italia è un paese ricco in termini di risparmio privato. Se dovessimo tornare alla lira, tutti questi beni perderebbero un valore enorme. Il governo non può correre questo rischio.

“L’Italia è un paese ricco in termini di risparmio privato. Se dovessimo tornare alla lira, tutti questi beni perderebbero un valore enorme”.

Il ministro dell’interno Matteo Salvini ha recentemente invitato la popolazione ad aiutare lo Stato coi suoi risparmi privati. È populismo allo stato puro?

L’idea è che il maggior numero di titoli di Stato italiani dovrebbero essere acquistati dagli italiani, riducendo così la dipendenza dagli investitori esteri. Sarebbe una situazione simile a quella che vi è in Giappone.

La ritiene quindi una buona idea?

Un problema che si verrebbe a creare è che questi capitali non sarebbero utilizzati per aumentare la produttività, bensì per finanziare lo Stato. Un altro problema è la scarsa fiducia della popolazione italiana nel proprio Stato. Quando si vede quanto denaro i risparmiatori italiani stanno attualmente trasferendo all’estero, ad esempio in Ticino, è abbastanza chiaro che una simile strategia potrebbe, nel migliore dei casi, funzionare solo temporaneamente, con l’introduzione di controlli sui capitali da parte del governo. Questo è però incompatibile con un mercato finanziario libero e con una moneta unica come l’euro.

Ci sono argomentazioni economiche del governo italiano o dei suoi sostenitori che può accettare da un punto di vista scientifico?

I due principali pilastri della politica economica della Lega e dei 5 Stelle erano la ‘Flat Tax’ e il reddito di cittadinanza. Entrambe le misure non sono state attuate o meglio lo sono state in modo frammentario. Non si riuscirà a raggiungere gli impulsi di crescita sperati. Tra gli economisti e le persone che hanno una certa conoscenza economica, la reputazione dell’attuale governo è piuttosto bassa. Ma poiché il governo ha la pretesa di fare tutto meglio dell’establishment, questa situazione gli va molto bene.

“Tra gli economisti e le persone che hanno una certa conoscenza economica, la reputazione dell’attuale governo è piuttosto bassa”.

Se l’Italia si ritirasse dall’euro, potrebbe aumentare le sue esportazioni svalutando la sua nuova moneta e diventando così più competitiva.

È un argomento che si sente spesso, anche tra gli economisti. Purtroppo non corrisponde al vero. O non più.

Perché no? Sembra ovvio.

Non corrisponde più al vero, poiché oggi l’influenza dei tassi di cambio sulle esportazioni è molto minore rispetto al passato. Ciò è legato alla globalizzazione, al commercio internazionale e ai siti di produzione, che sono stati spostati in diversi paesi.

Concretamente cosa vuol dire?

Oggi un prodotto d’esportazione “made in Italy” consiste solitamente anche in prodotti semilavorati che vengono semplicemente assemblati in Italia. Un indebolimento della propria moneta riduce i prezzi all’esportazione per i clienti stranieri, ma allo stesso tempo aumenta i prezzi all’importazione per la fabbricazione del prodotto. Ciò annulla il vantaggio di un tasso di cambio più debole. Oggi un paese non può aumentare la sua competitività svalutando la moneta.

E come può aumentarla?

Attraverso la qualità, la presenza sui mercati mondiali, l’innovazione e la competitività dei costi di produzione.

Traduzione dal tedesco di Daniele Mariani

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