La televisione svizzera per l’Italia

Dall’Italia svizzera alla Svizzera italiana

Cartina del Luganese che, dallo stile e dalle imprecisioni, si desume essere di qualche secolo fa
RSI-SWI

Da un punto di vista geografico, il Canton Ticino è in Italia. Culturalmente, le è molto legato. Eppure, da oltre cinque secoli appartiene alla Svizzera, benché solo dal 1803 come territorio unitario e con dignità di Cantone sovrano. Perché? E come si visse, a sud delle Alpi, tra il Cinquecento e l'Ottocento? Lo racconta un vecchio filmato della RSI intitolato 'Dall'Italia svizzera alla Svizzera italiana'.

La Svizzera italiana, come è intesa oggi, comprende anche le valli italofone dei Grigioni. Questo documentario illustrato è in realtà dedicato ai soli cosiddetti baliaggi italianiCollegamento esterno, che corrispondono grossomodo agli attuali distrettiCollegamento esterno ticinesi. Quattro di essi furono a lungo proprietà (e posti sotto il dominio condiviso) di dodici cantoni svizzeri; tre appartennero a Uri, Svitto e Nidvaldo e il baliaggio di Leventina al solo canton Uri.

Immagine di tre uomini che trasportano un enorme grappolo d uva con l aiuto di una trave
“Gli Svizzeri vagheggiavano di una terra promessa, fertile”. RSI-SWI

Le terre a sud delle Alpi erano state in parte conquistate nel ‘400, in parte ottenute nel 1512, quando l’esercito svizzero cacciò i francesi dalla Lombardia e pose sul trono del Ducato di Milano Massimiliano Sforza. Gli Svizzeri riuscirono a mantenerle nonostante la sconfitta del 1515 a Marignano (battaglia che pose fine alle loro mire espansionistiche). La Pace perpetua siglata con Francesco I re di Francia assicurò loro definitivamente i baliaggi.

A volo d’angelo, il documentarioCollegamento esterno mostra cos’erano queste terre. Dalla Leventina (la cui prosperità era legata alle carovane trainate da muli e cavalli che intraprendevano il passo del San Gottardo, riempiendo le locande e i magazzini per le merci) al baliaggio di Mendrisio (una campagna disseminata di viti e gelsi, coltivata da fittavoli), passando per un Piano di Magadino non ancora bonificato (vi regnavano febbri e malaria) e un Monte Ceneri infestato di briganti.

Dipinto di paesaggio montano con vette rocciose e vegetazione alpina; si intravvede una strada con carovane
La prosperità di Airolo, Faido e Giornico (Leventina) era in buona parte legata alle carovane che oltrepassavano il San Gottardo. Ci volevano giorni per risalire la valle fino ai piedi del Passo. RSI-SWI

Magadino era un florido porto: vi transitavano molte merci dirette a Milano o Pavia, via Lago Maggiore-fiume Ticino. Ma per quanto i baliaggi italiani potessero contare su tre piccole città (Locarno, Bellinzona, Lugano) e un paio di regioni di buona agricoltura, “il resto erano valli sperdute e selvagge povere di terreni, montagne scoscese e rocciose e qualche fondovalle devastato” o malsano. Non proprio una terra promessa: gli uomini emigravano a frotte e a lavorare la terra restavano le donne.

Illustrazione b/n di una casa padronale con inferriate alle finestre e viavai di persone nei pressi.
RSI-SWI

Un lungo passaggio del documentario è incentrato sulla figura del landfogto (o balivo), il rappresentante del potere dei cantoni, che spesso comprava la carica all’asta. Giurando di non usurpare i beni dei sudditi, si impegnava a governare e garantire la sicurezza in cambio di uno stipendio modesto. Non poteva neppure accettare grandi doni, né promulgare leggi.

Tuttavia, dopo due anni nei baliaggi, difficilmente tornava a casa con le tasche vuote, poiché rivestiva la funzione di giudice e la sua residenza era anche tribunale e prigione [immagine]. Poiché intascava un’alta percentuale sulle multe, non di rado commutava le pene detentive in pecuniarie, con buona pace del condannato che evitava la prigione.

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I sudditi dei baliaggi italiani non avevano obblighi militari e pagavano poche tasse. Ma le regioni che componevano l’attuale cantone Ticino rimasero reciprocamente estranee per secoli.

Tutto cambiò in pochi anni, in età napoleonica, tra la nascita della Repubblica elvetica -un regime politico imposto dalla Francia nel 1798, che rese Lugano e Bellinzona circoscrizioni amministrative- e l’Atto di mediazione che vi pose fine nel 1803.

Illustrazione b/n di una piazza con schieramenti armati che si avvicinano uno all altro; cielo nuvoloso
RSI-SWI

Gli abitanti dei baliaggi, al tempo, furono ostili sia a un’ipotesi di annessione alla Repubblica cisalpina -nel 1798, a Lugano, una milizia volontaria accolse a fucilate gruppi di “liberatori” [immagine]- sia allo Stato unitario imposto da Napoleone, che toglieva loro autonomia economica e obbligava al militare.

Dalla mediazione del 1803, il Ticino uscì cantone svizzero sovrano. A dire il vero, non fu ancora definitivamente in pace: nel 1810, si vide occupare da truppe del Regno d’Italia per volere dello stesso Bonaparte (che vi aveva identificato un centro di contrabbando, mentre la Francia cercava di affamare il Regno Unito) e si parlò di staccare almeno il Mendrisiotto dalla Confederazione. Ma l’ipotesi sarà abbandonata per sempre tre anni dopo, col tramonto di Napoleone e la partenza delle truppe.

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‘Dall’Italia svizzera alla Svizzera italiana’, di Raffaello Ceschi e Francesco Canova, fu trasmesso dalla Radiotelevisione svizzera nell’ambito del settimanale per ragazzi ‘Vroum’ il 3 e 17 marzo 1971.

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