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I profeti dell’apocalisse della democrazia scordano un cambiamento fondamentale

Manifestanti con dei berretti arancioni in India
In India la democrazia diretta è particolarmente viva a livello locale. Nell'immagine una manifestazione in occasione delle elezioni parlamentari nello Stato indiano di Karnataka, il 3 maggio 2018. Keystone

Alcuni sostengono che la democrazia sia in declino. Vi è però un'altra tendenza che passa spesso inosservata: il boom della democrazia diretta.

Questo articolo fa parte di #DearDemocracy, la piattaforma di swissinfo.ch sulla democrazia diretta. Qui, oltre a giornalisti interni della redazione, si esprimono anche autori esterni. Le loro posizioni non corrispondono necessariamente a quelle di swissinfo.ch.

Oggi nel mondo ci sono 117 paesi democratici. Di questi, 113 hanno norme legali o diritti ancorati nella Costituzione che prevedono strumenti quali l’iniziativa popolare, il referendum o entrambi.

Secondo la banca dati dell’Istituto internazionale per l’assistenza elettorale e la democraziaCollegamento esterno (IDEA), dal 1980 più di otto paesi su dieci nel mondo hanno indetto almeno un’iniziativa popolare o un referendum a livello nazionale.

“Il sole è tramontato sull’Impero britannico, ma risplende ancora sulla democrazia diretta”.

Il sole è tramontato sull’Impero britannico, ma risplende ancora sulla democrazia diretta. Fino ad oggi (maggio 2018) la storia mondiale conta 1’471 referendum a livello nazionale: 1’059 in Europa, 191 in Africa, 189 in Asia, 181 in America e 115 in Oceania. Più della metà sono stati organizzati negli ultimi 30 anni.

Rafforzamento della democrazia locale

Tutto ciò concerne solo il livello nazionale. Altri importanti Stati democratici – Germania, Stati Uniti e India – non autorizzano votazioni popolari su questioni di contenuto a livello nazionale. Sostengono però una democrazia diretta molto solida a livello locale e regionale. Il numero delle votazioni locali non è quantificabile, nonostante tutti i tentativi compiuti finora. Ma dovrebbero essere decine di migliaia.

Questa forte democratizzazione viene spesso dimenticata, almeno per quanto riguarda la legislazione diretta. Ciò vale in particolare per i profeti della fine del mondo, che guardano a Trump, Erdogan, Orban o Duterte. O a Paul Manson, che nel giornale britannico The GuardianCollegamento esterno ha affermato che la democrazia “sta morendo”.

Le nostre librerie sono attualmente piene di nuovi libri, i cui autori attaccano la democrazia, annunciandone la crisi, l’indietreggiamento o addirittura la fine. Molti fanno riferimento a gruppi di riflessione come la Freedom HouseCollegamento esterno o l’Economist Intelligence UnitCollegamento esterno, che puntellano queste visioni oscure con numerosi dati.

Gli autori

Bruno Kaufmann è corrispondente per l’Europa del nord della radio svizzera SRF e contribuisce regolarmente alla piattaforma sulla democrazia diretta di swissinfo #DearDemocracy. 

Joe Matthews è il fondatore di Zocalo Public Square, una piattaforma online per la democrazia e il giornalismo partecipativo.

Kaufmann e Mathews hanno fondato il Global Forum sulla democrazia diretta moderna. La settima edizioneCollegamento esterno è in programma in settembre a Roma. 

Chi fa queste affermazioni non solo ignora l’ultimo mezzo secolo di storia dell’umanità. Questo periodo ha visto infatti un trionfo ininterrotto della democrazia: nel 1975 il 30% della popolazione mondiale viveva in un regime democratico, nel 2016 questa quota era del 68%. Ma ignora anche la forte crescita della democrazia locale e partecipativa in tutto il mondo.

Le città fanno da traino

Le due tendenze – da un lato l’ascesa dell’autoritarismo populista nella politica di alcuni nazioni, dall’altro il rafforzamento della democrazia diretta locale – sono collegate. È vero, la frustrazione per i sistemi democratici a livello nazionale sta crescendo ed è altrettanto vero che molte persone sono attratte dal populismo. Tuttavia parte di questa frustrazione sta confluendo in un’energia positiva, in una forma più democratica e diretta della democrazia locale.

In qualità di giornalisti e di cittadini statunitense, rispettivamente svizzero-svedese, lo vediamo molto chiaramente quando viaggiamo per il mondo. Molte città – da Seoul a San Francisco, da Montevideo a Roma – sono assetate di strumenti nuovi e innovativi che permettano di coinvolgere i cittadini nei processi di consultazione.

Ciò consente loro di prendere delle decisioni e nel contempo di sentirsi partecipi della politica del governo. Abbiamo visto come i governi locali offrano la possibilità di partecipare all’elaborazione di un bilancio, alla pianificazione, alle giurie di cittadini e a una grande varietà di strumenti digitali. Presi tutti assieme, questi strumenti forniscono il mix desiderato per un più ampio dibattito pubblico e una maggiore consultazione, nonché di un’azione pubblica più diretta.

Un diritto umano

Questa tendenza ha una qualità di “ritorno al futuro”. Nell’antichità la democrazia era semplicemente un’assemblea in cui i cittadini potevano discutere e decidere su questioni pubbliche.

Oggi la deliberazione è solo una parte della democrazia. Quest’ultima rappresenta un insieme molto più ampio di principi e norme procedurali, tra cui i diritti umani e lo Stato di diritto.

In realtà, la democrazia diretta, insieme al diritto di eleggere i propri rappresentanti, è di per sé un diritto umano. L’articolo 21.1 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo recita: “Ogni individuo ha diritto di partecipare al governo del proprio paese, sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti”.

Basandoci sulla storia e sulle definizioni, la nostra constatazione è che vi è una certa confusione sul significato della democrazia e della democrazia diretta. Questa confusione è alla base del mito secondo cui la democrazia è in declino dappertutto.

Democrazia partecipativa vs. plebiscito

Quando parliamo di democrazia diretta, parliamo di due famiglie diverse di procedure democratiche. La prima è costituita da quelle forme iniziate dai cittadini, nelle quali sono i cittadini stessi a proporre nuove leggi o a votare. In questo caso lo scopo è di modificare o di annullare delle decisioni prese dagli eletti. Per far sì che vi sia un voto, i promotori del referendum hanno bisogno del sostegno di un certo numero di cittadini.

L’altra forma della democrazia diretta è avviata dal governo o più in generale è diretta dall’alto verso il basso. In generale si tratta di referendum obbligatori su modifiche legislative o altri cambiamenti: ad esempio un trattato, lo status territoriale o addirittura un’indipendenza territoriale.

Queste votazioni dall’alto verso il basso possono anche essere stabilite volontariamente da governanti eletti o non eletti. Questi plebisciti possono però essere assai problematici.

Ottimizzazione con il legislatore

I plebisciti sono un problema solo della democrazia diretta. I sistemi attorno ai quali sono costruite le iniziative e i referendum sono spesso molto più recenti dei nostri sistemi rappresentativi e quindi in molti paesi non sono così sviluppati. Molte democrazie dirette sono inadeguate in due ambiti: la consultazione (deliberazione) e l’integrazione.

Certe procedure elettorali, ad esempio nell’ovest degli Stati Uniti, non offrono né spazio, né tempo, né infrastrutture di sostegno affinché i cittadini e i leader possano sviluppare e discutere assieme una misura politica prima che gli elettori dicano la loro nelle urne.

E dappertutto, molti strumenti di iniziativa e referendum non sono bene integrati nei sistemi rappresentativi. Idealmente, il calendario delle misure decise nelle urne dovrebbe coincidere con quello dell’iter legislativo di un parlamento. Dopotutto, i cittadini che votano sulle iniziative sono essi stessi legislatori.

California sulla strada sbagliata

La Svizzera dispone forse del miglior sistema integrato al mondo. Ma troppe democrazie dirette assomigliano alla California, dove la procedura di iniziativa permette di escludere quasi completamente il governo rappresentativo.

Se la democrazia diretta è in piena espansione, deve essere esaminata da un punto di vista scientifico. Dieci anni fa abbiamo fondato una rete di giornalisti, ricercatori, rappresentanti delle autorità, innovatori tecnologici e attivisti della società civile provenienti da tutto il mondo. Il nostro obiettivo è di raccogliere dati sulle regole e le pratiche della democrazia partecipativa, in modo da poter confrontare i sistemi e sviluppare le migliori pratiche.

Il Forum si riunisce ogni due anni in un’assemblea pubblica gratuita. Il prossimo incontro si terrà in settembre a Roma, nella Città Eterna, che, come molte altre nel mondo ha recentemente modernizzato la sua Carta per permettere alla democrazia di essere più forte, deliberativa e diretta.


Questo articolo è stato pubblicato nel maggio 2018 sul Washington Post.

Traduzione dal tedesco di Daniele Mariani

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