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Le donne e la guerra: non un solo volto

Baghdad, esplosione in una stazione di benzina: una donna cerca dipseratamente i suoi due figli

Da Lugano un appello al rispetto del Diritto internazionale umanitario. Jacques Fortser, già vicepresidente del CICR, illustra all'Università della Svizzera italiana la condizione delle donne nei conflitti armati.

Srebrenica: una donna alla ricerca del marito e dei figli dispersi dalla fine della guerra. Baghdad: due ragazze tornano a casa dopo essersi approvvigionate di acqua potabile a un punto di distribuzione del CICR. Kigali: una madre e suo figlio si ritrovano dopo una lunga separazione dovuta al genocidio.

Sono alcune delle didascalie che illustrano le fotografie di una mostra organizzata qualche anno fa dal CICR sul tema le donne e la guerra. Immagini che raccontano le sofferenze vissute in tutto il mondo dalle donne e che mostrano come si sforzano di trovare il coraggio per far fronte alle conseguenze della guerra.

Immagini che si ripetono in altre realtà e che ancora oggi scorrono davanti ai nostri occhi: nei conflitti riaccesi e mai sopiti, come nei Territori occupati, e in quelli che continuano nel silenzio e su cui si sono spente le luci del mondo.

Vittime, detenute, combattenti

Sono centinaia di migliaia le donne vittime della guerra: vedove, sfollate, detenute, separate dai familiari, vittime di violenze e stupri. Spesso componenti della popolazione civile sotto il fuoco delle armi, le donne mostrano un’incredibile capacità di adattamento per sormontare le atrocità.

In base all’esperienza del Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR), nei paesi in guerra le donne assumono ruoli molteplici e diversi: di sostegno alle famiglie, combattenti, prigioniere, vittime di violenze o militanti per la pace.

Difficile, tuttavia, dire con certezza chi sia più vulnerabile nelle situazioni di conflitto armato: le donne o gli uomini? Impossibile fornire una risposta univoca, sottolinea il professor Jacques Forster – gia vicepresidente del CICR – intervenuto sabato a Lugano alla consegna dei diplomi in comunicazione interculturale rilasciati dall’Università della Svizzera italiana. Il Master è sostenuto dalla Direzione dello sviluppo e della cooperazione (Dipartimento federale degli Affari esteri).

In Bosnia ancora aperte le ferite della guerra

“Il concetto di vulnerabilità – spiega Jacques Forster – non può essere generalizzato, come non si può qualificare la sofferenza. La vulnerabilità è legata anche alla capacità o meno di far fronte alle situazioni, alla possibilità di avere accesso a risorse e aiuti. La vulnerabilità, inoltre, non ha sesso”.

Basti ricordare le atrocità commesse nella ex Jugoslavia: vulnerabili sono stati tutti i giovani uomini in età di combattere, perseguitati, uccisi, scomparsi nel nulla; vulnerabili sono state le donne stuprate e costrette a gravidanze forzate in nome del principio aberrante della pulizia etnica. E il dolore di questa scia di sangue prosegue.

“In Bosnia la guerra non è finita. Senza certificato di decesso dei propri congiunti – sottolinea Forster – le donne non possono reclamare alcuna eredità, non beneficiano di alcun sostegno, non possono risposarsi e possono avere problemi con la custodia dei figli”. Per questo il CICR ha pubblicato una guida in cui vengono descritte tutte le procedure amministrative e legali per ottenere il sostegno da parte delle autorità in seguito alla scomparsa del loro marito o di altri membri della famiglia.

La violenza sessuale come arma di terrore

Nei conflitti armati, uno dei traumi più frequenti e più gravi subito dalle donne è la violenza sessuale. “Una violazione brutale della loro dignità – osserva Forster – oltre che una violazione del diritto. Questa violazione non causa solo pesanti conseguenze sul piano fisico e mentale delle vittime, ma comporta pesanti ripercussioni sulle famiglie e le comunità”.

“Bisogna infatti tenere presente che la violenza sessuale, diffusa perché impunita, è anche un tabù. Molte donne vengono lasciate a loro stesse: simbolo di vergogna – precisa Forster – vengono ripudiate e abbandonate dalla famiglia. Oppure vengono addirittura uccise nel nome di un codice d’onore, poco dopo lo stupro o quando escono di prigione. Le donne sono così vittime due, tre volte”.

La violenza sessuale usata in un conflitto armato è un crimine di guerra vietato dal Diritto internazionale umanitario; non può essere considerata come “un effetto secondario”, inevitabile, in caso di guerra. Al contrario deve essere impedita in tutti i modi. La risoluzione 1820 del Consiglio di sicurezza dell’ONU, infatti, esige da tutte le parti di un conflitto armato l’assunzione di misure che pongano fine ai crimini di violenza sessuale.

Il diritto internazionale umanitario

L’universalità del Diritto internazionale umanitario e delle Convenzioni di Ginevra, non è mai stato contestato. Tra l’adesione di principio e l’applicazione, tuttavia, c’è un abisso. “Il rispetto del Diritto internazionale umanitario – sottolinea il professore – è al cuore di questa problematica, tanto è vero che a far difetto non sono le regole di diritto, ma la capacità di farle rispettare. Capacità legata alle diverse culture e al contesto politico generale”.

Jacques Forster si è soffermato su un importantissimo distinguo tra le norme e i valori. “Le norme non tollerano violazioni del diritto ed è molto difficile relativizzarle. La norma rappresenta una linea rossa chiaramente visibile e identificabile. I valori possono invece incidere nell’arbitrare il bene e il male. Si manifestano secondo un ampio spettro, pieno di possibili sfumature”.

L’appello al rispetto del Diritto internazionale umanitario, ma anche al rispetto universale della dignità umana, è un richiamo alle coscienza di tutti. In un mondo dove ogni giorno i diritti più elementari delle persone vengono calpestati e negati.

swissinfo, Françoise Gehring, Lugano

Jacques Forster è nato nel 1940 a Friburgo. Dottore in economia (Università di Neuchâte), è professore onorario presso l’Istituto degli alti studi internazionali e dello sviluppo (IHEID) di Ginevra e membro del Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR) – di cui è stato vice-presidente dal 1999 al 2007.

Il diritto internazionale umanitario prevede una protezione particolare per le donne.

Come civili sono protette contro qualsiasi attacco al loro onore e alla loro integrità fisica. Le donne incinte e le madri di bambini piccoli possono essere equiparate ai malati o ai feriti, in quanto vengono accolte in zone di sicurezza e ricevono prioritariamente soccorso.

Altre disposizioni speciali proteggono le donne che fanno parte di forze armate, per esempio come prigionieri di guerra di sesso femminile. Vengono detenute separatamente dagli uomini e sono sorvegliate direttamente da donne.

Secondo il CICR occorre moltiplicare gli sforzi per fare meglio conoscere e rispettare gli obblighi del diritto umanitario ad un pubblico più ampio possibile. Per raggiungere questo scopo di informazione e sensibilizzazione occorre fare capo ad ogni mezzo disponibile.

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