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«UBS gioca col fuoco»

Keystone

Nel 2008 ha registrato perdite miliardarie ed è sopravvissuta grazie all'aiuto dello Stato. Ora intende premiare le prestazioni dei suoi dipendenti con due miliardi di franchi in bonus, suscitando la collera di consumatori e politici. UBS ci sta forse prendendo in giro? L'opinione di due esperti di finanza.

L’annus horribilis della finanza. Così molti giornali hanno riassunto un 2008 segnato dalla crisi dei mutui ipotecari negli Stati Uniti e dal crollo delle Borse. Secondo voci di mercato, la banca UBS avrebbe perso qualcosa come 20 miliardi di franchi (le cifre ufficiali saranno presentate il 10 febbraio).

Nonostante il disastroso andamento degli affari, UBS non intende rinunciare ai bonus. «Dobbiamo rimanere competitivi», si è giustificata la banca, sottolineando che le retribuzioni saranno versate soprattutto a dipendenti e quadri, ma non ai vertici, i quali hanno deciso di rinunciare alle gratifiche (vedi a fianco).

Per molti politici e l’opinione pubblica, la principale banca svizzera sta esagerando. La scelta di concedere bonus in un periodo così nero è «paradossale e scandalosa», per usare le parole del deputato popolare democratico in Parlamento Meinrado Robbiani. Nel fuoco della critica anche l’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (FINMA), “rea” di aver dato il suo consenso al versamento miliardario.

Sulla questione ci soffermiamo con Eric Jondeau, direttore dell’Istituto di Banca e Finanza all’Università di Losanna, e Pierre-André Dumont, professore di finanza all’Università di Ginevra.

swissinfo: Se tralasciamo per un attimo l’aiuto statale a UBS e consideriamo esclusivamente i risultati ottenuti dalla banca nel 2008, con enormi perdite all’estero ma buoni affari in Svizzera, i bonus sono giustificati?

Eric Jondeau: Bisognerebbe innanzitutto sapere a chi sono destinate queste gratifiche: ai collaboratori in America o a quelli in Svizzera? Troverei assurdo, anche se non mi stupirebbe, che i bonus venissero versati alle persone che hanno causato le perdite. Giusto invece ricompensare coloro che hanno contribuito ai buoni affari della banca.

I montanti eccessivi e i versamenti istantanei in caso di buoni risultati hanno tuttavia distorto il sistema dei bonus. Troverei più sensato un sistema che prevede la distribuzione di bonus solamente se le performance si confermano anche negli anni successivi. In questo modo, i collaboratori non sarebbero più incitati a prendere rischi importanti solo per massimizzare i bonus, senza tener conto delle conseguenze a medio-lungo termine.

Pierre-André Dumont: Secondo me c’è un problema di semantica. Il termine “bonus” è forse scelto male. La maggior parte degli impiegati di banca riceve un salario composto da una parte fissa e da una variabile. Se parlando di “bonus” ci riferiamo alla parte variabile, allora va versato in quanto componente salariale dovuta al collaboratore, anche se l’azienda è in situazione catastrofica. Se invece si tratta di un “regalo”, allora concordo con l’opinione pubblica che grida allo scandalo.

swissinfo: Nel mese di dicembre il Parlamento ha dato il suo accordo al versamento dei 6 miliardi di franchi offerti dalla Confederazione a UBS. Ora la banca è pronta a versare ben 2 miliardi di bonus. Un comportamento corretto?

E. J.: UBS ha ricevuto soldi pubblici per evitare il tracollo. Non mi sembra ragionevole versare dei bonus. Tutti devono fare qualche sacrificio. I contribuenti l’hanno fatto, ora tocca ai collaboratori di UBS.

Dal punto di vista politico, il versamento di bonus rappresenta poi un grosso errore. Se fra 6, 12 o 18 mesi la banca avrà ancora bisogno di un aiuto pubblico, non sarà facile ottenere un nuovo credito. Certo, la Banca nazionale non potrà abbandonare UBS al suo destino, ma dal mondo politico si alzeranno parecchie voci contrarie. Mi sembra che UBS stia giocando col fuoco.

Credo che il governo avrebbe dovuto stabilire un accordo più preciso sulla questione dei bonus. Il Consiglio federale non può imporre nulla, ma potrebbe fare pressione sulla direzione di UBS per evitare il versamento di bonus.

swissinfo: UBS giustifica il versamento di bonus con ragioni legate alla competitività. Quanto è reale, in questo periodo di crisi, il rischio di assistere ad una fuga dei propri dipendenti verso altri istituti o mercati?

E. J: Le banche versano dei bonus per evitare che i migliori collaboratori preferiscano andare in istituti all’estero, come Londra o New York, che non hanno costrizioni sul montante delle gratifiche. È un argomento valido, ma soltanto in condizioni normali.

In questo momento di crisi non credo che ci siano delle banche all’estero che possono permettersi di versare bonus eccessivi. Ci sono stati così tanti licenziamenti nel mondo che trovare un posto in un’altra banca è assai difficile. Allo stato attuale delle cose, quello di UBS è un argomento poco convincente.

P.-A. D.: Nell’immediato UBS potrebbe anche aver ragione, anche se le altre banche, incluse quelle che hanno limitato i danni, non sono in una situazione migliore. Con la crisi che si profila sempre più, è probabile che gli alti salari del ramo finanziario subiscano una contrazione.

Non dobbiamo comunque dimenticare che le persone non sono così mobili come si pensa. Molti europei non sono d’accordo di lavorare negli Stati uniti, in un ambiente americano, anche se pagati di più.

swissinfo, intervista di Luigi Jorio

Se la cifra di due miliardi di bonus venisse confermata, in media ciascuno dei 77’000 dipendenti di UBS riceverebbe un compenso di circa 26’000 franchi. I presidenti del consiglio di amministrazione, Peter Kurer, e della direzione, Marcel Rohner, così come tutta la direzione, hanno rinunciato ai bonus.

Al momento della presentazione del piano di salvataggio di UBS, nel novembre 2008, il ministro delle finanze Hans-Rudolf Merz aveva affermato che la banca deve accettare un intervento dello Stato anche nella questione dei bonus e dei salari dei manager.

Nella seduta del 28 gennaio, il Consiglio federale si è limitato ad indicare che l’UBS e la FINMA devono trovare «una soluzione adeguata» alla recente polemica sui bonus accordati da UBS. Il governo, ha sottolineato il suo portavoce, preferisce comunque non parlare di «bonus», bensì di «componenti salariali variabili».


Per l’esercizio 2007, UBS aveva utilizzato oltre 12 miliardi di franchi per componenti variabili dello stipendio.

In funzione da poche settimane, la FINMA è subito stata oggetto di critiche.

Secondo la Fondazione svizzera per la protezione dei consumatori (FPC) è incomprensibile che in questo organo di sorveglianza vi siano ex dirigenti di banche e assicurazioni, mentre sono i clienti e i piccoli azionisti dell’UBS a dover sborsare per i bonus promessi ai dipendenti.

La FPC ritiene necessario che un rappresentante dei piccoli risparmiatori possa partecipare attivamente alle decisioni della FINMA.

La Federazione romanda dei consumatori chiede dal canto suo maggiore attenzione sulle attività bancarie, rilevando l’esistenza di un’incoerenza tra il versamento di bonus provenienti da denaro pubblico e le indennità da versare ai clienti danneggiati (ad esempio dal tracollo della Lehman Brothers).

La decisione della FINMA di accordare i bonus di UBS ha indignato anche il Partito socialista, che ha invitato il presidente Eugen Haltiner a rassegnare le dimissioni.

Haltiner si è difeso affermando che senza il pagamento dei bonus, l’UBS avrebbe corso il rischio di perdere i suoi collaboratori a favore della concorrenza.

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