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Anche gli stranieri hanno diritto a una casa

Per uno straniero, acquistare un appartamento in Svizzera è un percorso ad ostacoli Keystone

Dopo l’accettazione dell’iniziativa per limitare le residenze secondarie, da più parti si chiede la soppressione delle barriere che impediscono a stranieri senza permesso di dimora di acquistare una casa in Svizzera. Una richiesta che non fa però l’unanimità.

L’11 marzo scorso, il popolo svizzero ha accettato per una manciata di voti (50,6% di sì) l’iniziativa denominata «Basta con la costruzione sfrenata di abitazioni secondarie!». Per le regioni di montagna e il settore turistico, l’esito della votazione ha costituito un vero e proprio choc.

Per molti esponenti politici, in particolare dei partiti di centro-destra e rappresentanti delle regioni di montagna, le restrizioni sull’acquisto di beni immobiliari applicate ai cittadini stranieri (la cosiddetta «lex Koller») non hanno ormai più ragione d’essere. Il tetto massimo del 20% di residenze secondarie contemplato dall’iniziativa, sarebbe più che sufficiente per evitare un’invasione di stranieri alla ricerca di una casa di vacanza in Svizzera.

La richiesta è lungi però dal fare l’unanimità in parlamento, anche tra gli stessi partiti di centro-destra. Per molti esperti, attirare capitali internazionali in un mercato immobiliare non protetto è rischioso.

Pressione sui prezzi

«Abolire le restrizioni significherebbe aumentare la pressione sui prezzi dell’immobiliare in città come Zurigo e Ginevra e forse anche in località più piccole ma che godono di prestigio internazionale, come Lucerna e Zugo», osserva Daniel Müller-Jentsch, esperto del settore in seno al gruppo di riflessione di impronta liberale Avenir Suisse.

Questo in un mercato già teso, a causa della forte immigrazione e dei bassi tassi di interesse, aggiunge.

Nelle più importanti località turistiche, l’accettazione dell’iniziativa sulle residenze secondarie dovrebbe pure tradursi in un incremento dei prezzi.

Nell’ambito di questo dibattito, alcuni hanno avanzato l’idea di abbinare all’acquisto immobiliare un sostanzioso contributo fiscale da destinare a progetti per infrastrutture pubbliche.

Jacqueline Badran, parlamentare socialista, propone di introdurre come requisito per un acquisto di un bene immobiliare un periodo minimo di residenza in Svizzera di cinque anni.

La consigliera nazionale zurighese respinge le critiche di xenofobia che le sono state indirizzate e sottolinea che le regole sarebbero le stesse per tutti, non importa la nazionalità. «L’obiettivo è di evitare un’impennata dei prezzi, in particolare nelle aree urbane».

Sulla stessa lunghezza d’onda è anche Hans Kissling, economista ed esperto di sviluppo regionale: «Per le città è cruciale che le restrizioni restino in vigore».

In un articolo pubblicato dal Tages Anzeiger, Kissling mette in guardia sui rischi che comporterebbe un forte aumento di investitori stranieri che cercano opportunità dorate in un mercato immobiliare globale.

1’500 abitazioni all’anno 

Il risultato della votazione dell’11 marzo non ha un impatto immediato sulle proprietà possedute in Svizzera da cittadini stranieri, indica l’Ufficio federale di giustizia.

Acquistare beni immobiliari continua ad essere possibile nel limite delle restrizioni attuali, ossia 1’500 abitazioni di vacanza ogni anno per tutta la Svizzera.

Negli ultimi anni il contingente è stato utilizzato, a seconda delle regioni, in una percentuale compresa tra il 70 e il 100%. Il maggior numero di richieste è stato registrato nei cantoni di Vallese, Vaud e Ticino.

«Queste restrizioni riguardano solo gli stranieri che non vivono in Svizzera; chi ha un permesso di residenza non è invece toccato dalle misure», indica la portavoce dell’Ufficio federale di giustizia Ingrid Ryser.

Giuridicamente non è rilevante se l’abitazione è usata a scopi di vacanza o come residenza principale. «Secondo il codice civile, ciò che importa è dove l’acquirente trascorre la maggior parte del suo tempo».

Discussioni in corso

Mentre si valuta la possibilità di abolire o meno la Lex Koller, le discussioni sull’applicazione dell’iniziativa per limitare le residenze secondarie sono entrate in una fase cruciale.

Il 19 marzo, la ministra dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni Doris Leuthard ha ribadito che la norma costituzionale entrerà in vigore da subito e che in caso di dubbi le richieste di costruzione vanno sospese.

I cantoni alpini, dal canto loro, chiedono che il limite del 20% di residenze secondarie sia applicato solo dall’anno prossimo.

Una commissione composta da rappresentanti delle autorità federali, cantonali e comunali è al lavoro per definire esattamente cos’è una «residenza secondaria» e le deroghe che potrebbero essere concesse ai comuni strutturalmente deboli. I primi risultati sono attesi per l’autunno.

La cosiddetta Lex Koller limita l’acquisto di proprietà fondiarie da parte di stranieri o di società svizzere sotto controllo estero o la cui sede si trova all’estero.

Questi acquirenti necessitano per principio un permesso rilasciato dalle autorità cantonali. Il numero di permessi è limitato a 1’500 all’anno per tutta la Svizzera. I cantoni dove si registrano il maggior numero di domande sono Vallese, Grigioni, Ticino, Vaud e Berna.

Gli acquirenti sono principalmente cittadini tedeschi, italiani, britannici, francesi e olandesi. La detenzione di un bene immobiliare non conferisce a uno straniero il diritto di ottenere un permesso di dimora.

Le restrizioni non riguardano gli stranieri che risiedono in Svizzera e sono in possesso di un permesso di domicilio (o anche solo di dimora per i cittadini di un paese dell’UE o dell’Associazione europea di libero scambio).

I primi freni all’acquisto di beni immobiliari da parte di stranieri sono stati adottati nel 1961. Le restrizioni sono poi state iscritte in una legge nel 1983, legge successivamente modificate. Nel 2008 il parlamento ha respinto una proposta del governo di abolire queste limitazioni.

(traduzione dall’inglese)

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