Prospettive svizzere in 10 lingue

«Vi invito a unirvi ai nostri sforzi»

Aung San Suu Kyi al suo arrivo nel palazzo delle Nazioni Unite di Ginevra. Keystone

Nel suo primo discorso ufficiale in Europa, Aung San Suu Kyi ha chiesto di sostenere il suo paese con investimenti responsabili. Tra le priorità vi è la creazione di impieghi, ha detto la politica birmana durante la conferenza dell’Organizzazione internazionale del lavoro di Ginevra.

È stata un’accoglienza trionfale quella che giovedì mattina ha salutato l’arrivo di Aung San Suu Kyi in Svizzera, tappa iniziale del suo primo viaggio europeo in 24 anni.

Dopo la “standing ovation” da parte dei delegati dell’annuale conferenza dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) di Ginevra, Aung San Suu Kyi ha lanciato un appello ad investire nel suo paese per sostenere il processo di democratizzazione e i giovani dell’ex Birmania.

«Governi, imprese, lavoratori, tutti voi potete aiutare a creare la società che offrirà un futuro al Myanmar», ha aggiunto, suscitando uno scrosciante applauso.

Ricordando la disoccupazione endemica del suo paese, Aung San Suu Kyi ha affermato che «si devono incoraggiare gli investimenti diretti che consentono di creare impieghi». Le imprese straniere non agiscono soltanto per altruismo, ha riconosciuto, «ma spero che i loro profitti siano condivisi con la popolazione».

La strada è ancora lunga

«La decisione dell’OIL di togliere dopo un decennio le restrizioni punitive (…) è un’occasione senza precedenti per lo sviluppo economico del paese. Vi invito ad unirvi ai nostri sforzi», ha dichiarato Aung San Suu Kyi di fronte ai delegati dei 185 paesi membri.

Mercoledì sera, l’OIL ha annunciato la sospensione delle restrizioni nei confronti dell’ex Birmania in risposta ai progressi compiuti dal paese asiatico (che ad esempio ha adottato una nuova legge sui sindacati,) e all’impegno a porre fine al lavoro forzato entro il 2015.

Il Premio Nobel per la Pace ha insistito nel contempo su una serie di riforme ancora necessarie per instaurare la preminenza del diritto e rafforzare le istituzioni democratiche. «Molto resta ancora da fare per tradurre le promesse in realtà», ha affermato Aung San Suu Kyi.

Dal canto suo, il direttore generale dell’OIL Juan Somavia ha salutato, in un vibrante omaggio, la lunga lotta per la democrazia della “Signora di Rangun”.

Porre fine ai conflitti

A Ginevra, Aung San Suu Kyi ha pure parlato dei disordini che stanno attualmente scuotendo il paese (vedi a fianco). Per porre fine alle violenze «ci vuole una soluzione politica durevole», ha dichiarato.

«Un cessate il fuoco non è sufficiente», ha poi detto in riferimento agli scontri nello Stato Kachin, nel nord del paese, ripresi nel giugno 2011 dopo un cessate il fuoco durato 17 anni.

Secondo la leader dell’opposizione, vanno messe in atto delle «regole di diritto». Soltanto così si potrà infatti porre fine ai conflitti. «Per riuscirci abbiamo bisogno della collaborazione di tutti», ha sottolineato.

Compleanno con i figli

Dopo la visita al parlamento svizzero, venerdì mattina, il viaggio europeo di Aung San Suu Kyi proseguirà alla volta della Norvegia. A Oslo potrà ritirare il premio Nobel per la Pace insignitole nel 1991, un anno dopo la schiacciante vittoria del suo partito alle elezioni nazionali (in seguito annullate dalla giunta militare).

Il 18 giugno si recherà a Dublino per assistere a un concerto degli U2 organizzato da Amnesty International. Il cantante del gruppo, Bono, è da tempo un convinto sostenitore della lotta democratica e non violenta condotta da Aung San Suu Kyi.

Il giorno successivo sarà a Londra per un discorso alle due camere del parlamento britannico e per festeggiare, assieme ai due figli, il suo 67. compleanno. Dopo una visita di tre giorni in Francia, la politica birmana farà ritorno in Myanmar per la sessione inaugurale del parlamento.

Nasce il 18 giugno 1945 a Rangoon (oggi Yangon).
 
Suo padre, il generale Aung San, è tra i promotori dell’indipendenza birmana. Viene assassinato dai suoi rivali politici nel 1947.
 
Negli anni ‘60 Suu Kyi si trasferisce dapprima in India e poi in Gran Bretagna, dove studia all’Università di Oxford. Si laurea in filosofia, scienze politiche ed economia.
 
Nel 1972 sposa l’inglese Michael Aris, con il quale avrà due figli.
 
Nel 1988 rientra in Birmania per assistere la madre ammalata. Nel mese di settembre, poche settimane dopo le proteste popolari, partecipa alla fondazione della Lega Nazionale per la Democrazia.
 
Nel luglio 1989 viene posta agli arresti domiciliari per le sue critiche alla giunta militare. Due anni più tardi le viene attribuito il Premio Nobel per la pace.
 
Viene liberata nel 1995, ma preferisce non lasciare il paese per timore che i militari le impediscano di rientrare. Non può così essere a fianco di suo marito quando nel marzo 1999 è stroncato da un tumore.
 
Negli anni 2000 è nuovamente agli arresti domiciliari a due riprese: dal settembre 2000 al maggio 2002 e dal maggio 2003 al novembre 2010.
 
Nell’elezione suppletiva del 1. aprile 2012, Aung San Suu Kyi accede per la prima volta al parlamento nazionale (camera bassa).

La visita di Aung San Suu Kyi in Svizzera è in parte offuscata dagli eventi che stanno scombussolando le regioni occidentali del Myanmar.

Nello Stato Rakhine, ai confini con il Bangladesh, le tensioni tra la popolazione a maggioranza buddista e gli immigrati di fede musulmana (rohingya) sono sfociati negli ultimi giorni in violenti scontri.

I morti sono almeno 21 e gli edifici incendiati oltre un migliaio. Il presidente Thein Sein ha dichiarato lo stato di emergenza, in quelli che sono i più gravi disordini degli ultimi anni.

A scatenare le violenze è stato lo stupro e l’omicidio di una donna buddista a fine maggio. Nei giorni seguenti, dieci musulmani che viaggiavano su un autobus sono stati aggrediti e uccisi da una folla inferocita.

Il governo del Myanmar considera i rohingya dei migranti illegali dal Bangladesh. Molti di loro, spesso sprovvisti di cittadinanza, sono giunti nello Stato Rakhine nell’800, al tempo del colonialismo inglese.

Secondo l’agenzia per i rifugiati delle NazioniUnite sono circa 800’000 i rohingya che vivono nello Stato Rakhine.

In conformità con gli standard di JTI

Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative

Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti qui.

Se volete iniziare una discussione su un argomento sollevato in questo articolo o volete segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo italian@swissinfo.ch.

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR