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Capitolo svizzero per le elezioni tunisine

I muri di Tunisi tappezzati dai manifesti elettorali Keystone

Tra il 20 e il 22 ottobre, gli emigrati tunisini eleggono 18 rappresentanti che faranno parte della nuova Assemblea costituente, composta di 217 membri. Giro d’orizzonte dei candidati che vivono in Svizzera.

Primo paese del Maghreb a liberarsi della dittatura e far scattare la scintilla della Primavera Araba, la Tunisia è anche il primo Stato a organizzare delle elezioni libere, nove mesi dopo la rivoluzione che ha posto fine all’era Ben Ali.

Nella circoscrizione che include la Svizzera, le Americhe e l’Europa (ad eccezione di Francia, Germania ed Italia), gli elettori dovranno scegliere tra 17 liste, per due seggi nella futura costituente. Su due di queste liste sono presenti anche candidati che vivono in Svizzera, due donne e un uomo.

Mohamed Hasan, responsabile del Comitato regionale indipendente che sorveglia le elezioni in Svizzera, afferma che «tutto è pronto per il voto dei tunisini che risiedono nella Confederazione». Cinque uffici di voto sono aperti nelle città di Berna, Ginevra, Losanna, Neuchâtel e Zurigo.

Hasan esorta «tutti i tunisini, al di là del loro orientamento politico o intellettuale, ad impegnarsi in questa transizione democratica e a rendersi conto che la partecipazione alle elezioni è la migliore espressione della loro condizione di cittadini».

Scelta immensa

Ed è sicuramente con questa speranza che ben 11’333 persone hanno deciso di presentare la loro candidatura in non meno di 1’570 liste elettorali.

I seggi da attribuire sono 217. Il compito principale dell’Assemblea sarà di redigere una nuova costituzione e traghettare il paese verso le elezioni parlamentari e presidenziale.

Emad Al-Abdali, avvocato da 20 anni in Svizzera, e Safwah Eissa, specialista di mediazione interculturale, si presentano sulla lista «Per correggere il processo della rivoluzione».

Al-Abdali spiega così le ragioni che lo hanno spinto a candidarsi: «Non ritengo esagerato affermare che la rivoluzione tunisina ha cambiato la faccia del mondo e ha funto da scintilla alle rivoluzioni nei paesi vicini. Però si è allontanata dai motivi che hanno spinto i giovani a ribellarsi. La rivoluzione deve essere riconsegnata al popolo e alle sue avanguardie giovanili».

L’altro movimento con una candidata che vive in Svizzera è la «Lista indipendente progressista per le libertà e la giustizia sociale». Munirah Mohamed, un’artista che abita a Ginevra, afferma di aver scelto questo nome per la sua lista poiché vuole «rappresentare tutti gli strati della popolazione tunisina, impegnarsi per la giustizia sociale e aprirsi a tutto ciò che vi è di positivo nell’esperienza umana».

Sui 110 partiti tunisini che si presentano alle elezioni, solo tre hanno presentato liste in tutte le sei circoscrizioni estere: il Congresso per la Repubblica, il Forum democratico per il lavoro e le libertà (Ettakatol) e il Partito della rinascita islamica (Ennahda).

Campagne elettorali in Svizzera

Dall’inizio della campagna questi partiti hanno cercato di persuadere i tunisini che vivono in Svizzera a votare per i loro candidati.

Mohamed Jribi, incaricato della campagna per il Partito della rinascita islamica, assicura che la sua formazione è favorevole a un regime parlamentare che restituisca il potere al popolo. E aggiunge: «Ci impegneremo per creare un ministero incaricato degli emigrati tunisini, che li incoraggi ad investire nel loro paese. I lavoratori tunisini all’estero sono la seconda fonte di divise dopo il settore del turismo».

Da parte sua, Jalal al-Matiri, un militante che appoggia la «Lista indipendente progressista per le libertà e la giustizia sociale», dichiara: «Siamo per un sistema politico parlamentare, la separazione dei tre poteri, la riforma della sicurezza e della polizia e la lotta contro ogni forma d’impunità».

Mounira Mohamed, fondatrice di questa lista, aggiunge: «Se venissimo eletti, ci impegneremo affinché nella nuova Costituzione sia inserito un articolo per la creazione di un consiglio per gli emigranti, istituzione che dovrà essere indipendente dal ministero degli esteri. Il suo compito sarà di occuparsi dei tunisini che vivono all’estero».

Il movimento «Per correggere il processo della rivoluzione» pone l’accento sulla «riforma del sistema giudiziario, l’epurazione degli apparati di sicurezza e la ristrutturazione dell’economia nazionale per permettere di sfruttare appieno il potenziale umano e finanziario del paese».

La maggior parte dei candidati sono sulla stessa lunghezza d’onda per quanto concerne il ruolo centrale da attribuire alla diaspora tunisina, che rappresenta il 10% della popolazione totale.

Modello svizzero

Nella loro visione per la Tunisia, i candidati «svizzeri» sono chiaramente influenzati dal modello sociale e politico del paese in cui vivono. Insistono ad esempio sull’importanza della decentralizzazione, dell’accettazione delle altre opinioni, della capacità di giungere a compromessi…

Temi, questi, che trovano spazio però anche in Tunisia, poiché diversi partiti e indipendenti chiedono una maggiore decentralizzazione e l’organizzazione di referendum per i temi più importanti.

Molte liste insistono sulla necessità di eleggere dei consigli locali e di accordare loro ampi poteri per determinare il budget delle loro regioni, definire i piani di sviluppo e gestire le risorse locali. Il modello svizzero funge spesso da esempio.

L’elezione dell’Assemblea nazionale costituente, che dovrà redigere una nuova costituzione, è organizzata tra il 20 e il 22 ottobre per i tunisini che vivono all’estero, mentre in patria lo scrutinio si svolgerà il 23 ottobre.

Complessivamente saranno elette 217 persone; 18 seggi sono riservati ai tunisini che vivono all’estero.

In lizza vi sono 11’333 candidati; 5’731 si presentano su liste di partito, 5’024 su liste indipendenti e 558 su liste di coalizioni di partiti.

In totale vi sono 1’570 liste, 790 di partiti, 701 di indipendenti e 79 di coalizioni.

Ennahda. Favorito dei sondaggio, il partito islamista è stato fondato nel 1981 da Rached Ghannouchi. Ennahda è stato dapprima tollerato dal presidente Ben Ali, poi combattuto senza pietà negli anni ’90.

Partito democratico progressista (PDP). Fondato nel 1983 da Ahmed Nejib Chebbi, ha fatto parte dei partiti d’opposizione tollerati da Ben Ali.

Ettakatol. Legalizzato nel 2002, è considerato come un partito delle élite del centro sinistra. È diretto da Mustapha Ben Jafaar.

Ettajdid (ex comunista). Nel 1993 ha preso una svolta socialdemocratica e si è impegnato per formare la coalizione del Polo democratico modernista. Nata in maggio e composta di cinque partiti, questa coalizione intende far da diga a Ennahda.

Congresso per la Repubblica. Il partito è stato creato nel 2001 e subito vietato. I suoi dirigenti hanno vissuto in esilio in Francia fino al 2001. È diretto da Moncef Marzouki, un medico con idee di sinistra che negli ultimi tempi si è avvicinato ad Ennahda.

Partito comunista operaio di Tunisia. Il suo capo Hamma Hammami ha vissuto a lungo in clandestinità. Gode di una grande popolarità, acquisita in 25 anni di lotta per le libertà.

Traduzione e adattamento di Muhammad Shokry e Daniele Mariani

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