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Il ritorno di un uomo chiave per i servizi segreti

Jacques Pitteloud nel marzo del 2000, quando fu nominato coordinatore dei servizi segreti Keystone

"Congedato" l'autunno scorso, Jacques Pitteloud ritorna alla grande, in veste di capo del Centro di politica di sicurezza internazionale (CPSI).

L’annuncio è stato dato lunedì dal governo. Pitteloud ottiene anche il titolo di ambasciatore.

Il Centro di politica di sicurezza internazionale è un ente attinente ai servizi segreti svizzeri. Le unità principali dei servizi segreti sono il servizio informazioni strategico (SIS), del ministero della difesa, e il servizio di analisi e prevenzione (SAP), del ministero di giustizia e polizia.

Jacques Pitteloud riprenderà la funzione dell’ambasciatore Thomas Feller a metà maggio, come precisa il portavoce del dipartimento federale degli affari esteri, Jean-Philippe Jeannerat.

Problemi di coordinazione

Pitteloud vanta una grande esperienza diretta sul terreno, in particolare per la sua attività in Ruanda. Nello scorso ottobre, dopo diciasette anni a servizio della Confederazione, il vallesano era stato “congedato”. Ufficiosamente si era saputo che il ministro di giustizia e polizia, Christoph Blocher, non apprezzava la sua personalità forte e le sue critiche aperte nei confronti dei servizi segreti.

Il posto di coordinatore era stato dunque soppresso. E questo proprio nel momento in cui una commissione di sorveglianza del Parlamento lo definiva indispensabile per migliorare il coordinamento dei servizi segreti svizzeri.

Nel rapporto presentato nel gennaio del 2005, la Commissione della politica di sicurezza del Consiglio nazionale aveva messo in evidenza questo fatto e diverse lacune all’interno dei servizi segreti, minati dai conflitti di competenze e dall’assenza di scambio di informazioni.

L’affare Achraf

I problemi più gravi erano stati evidenziati ad esempio dal famoso affare Achraf, il presunto terrorista algerino ricercato in Spagna che aveva trovato rifugio … in Svizzera.

La Confederazione stava per rimpatriare Achraf come delinquente comune proprio a causa di una mancanza di coordinazione tra i diversi servizi di informazione.

“Il sistema attuale si trova in un vicolo cieco”, era stata la conclusione del rapporto della Commissione della politica di sicurezza. Una paralisi dovuta, in gran parte, alle rivalità tra i diversi ministeri.

Scarsa leadership

“Abbiamo constatato la mancanza di una guida politica, a livello di governo e dei ministeri interessati”, ricorda Barbara Haering, presidente della commissione, che prosegue: “Nel corso della nostra inchiesta abbiamo rivelato gravi problemi di gestione e lacune a diversi livelli nella coordinazione”.

La deputata socialista rimpiange il fatto che il governo non abbia preso misure concrete, in seguito alle segnalazioni della commissione da lei presieduta.

Anzi: “Mentre la commissione raccomandava un rafforzamento del ruolo di coordinatore, il Consiglio federale sopprimeva questo incarico.”

Per ovviare al problema, il governo aveva in effetti preferito rinforzare la gestione dei servizi segreti all’interno dei ministeri, creando alcune piattaforme di scambio delle informazioni. Un bilancio di questa decisione dovrà essere fatto dal governo alla fine dell’anno.

Un problema svizzero

“Analizzeremo attentamente questo rapporto, assicura Barbara Haering. Ma non penso che i problemi che abbiamo constatato spariranno”. Nemmeno grazie al ritorno di un coordinatore? “Non penso”, risponde la deputata. “Jacques Pitteloud sarà responsabile del suo centro. Dovrà impegnarsi a fondo, mettendo a frutto le proprie esperienze e le proprie capacità, ma non avrà competenze sull’insieme della gestione della rete dei servizi segreti”.

A più di anno dalla pubblicazione del rapporto della commissione, la situazione sembra dunque ancora senza via d’uscita. Il recente caso del fax egiziano non ha fatto che confermare l’analisi della commissione. Resta da vedere però se questo tipo di difficoltà riguarda i servizi segreti in generale o è una specialità svizzera.

“Tutti i servizi segreti incontrano delle difficoltà, di tanto in tanto”, ricorda Barbara Haering.

“Problemi analoghi vengono constatati anche in altri paesi, ma in Svizzera abbiamo un problema molto particolare, legato alla decentralizzazione del sistema. In Svizzera si cambia presidente della Confederazione ogni anno, ma non gli vengono dati poteri supplementari nei confronti dei servizi di informazione, che sono difficili da gestire”.

In altre parole, le difficoltà di gestione dei servizi segreti riflettono un problema fondamentalmente elvetico.

swissinfo, Alexandra Richard
(traduzione: swissinfo, Raffaella Rossello)

1989: inizio della crisi dei servizi segreti, con l’affare delle schedature della polizia federale

1999: affare Bellasi, ex contabile dei servizi segreti che sull’arco di 5 anni aveva stornato 9 milioni di franchi dalle casse della Confederazione.

2001: affare Regli, dal nome del divisionario implicato in un traffico d’armi con il regime sudafricano dell’apartheid.

2004: affare Achraf, nome del presunto terrorista algerino ricercato in Spagna e rifugiato in Svizzera, che la Confederazione stava per rimpatriare nel suo paese d’origine come delinquente comune, a causa di mancanza di coordinazione tra i servizi.

2006: fax egiziano, che evocava la presenza di prigioni segrete della CIA in Europa, un documento pubblicato dalla stampa svizzero-tedesca, in seguito ad una fuga di notizie in seno ai servizi segreti.

In Svizzera i servizi segreti sono composti da diverse unità, che dipendono da più ministeri.

Le due unità principali sono il servizio di informazioni strategico (SIS), del dipartimento della difesa, che assicura la ricerca d’informazioni all’estero e il servizio di analisi e prevenzione (SAP), che si occupa dei servizi segreti interni. Quest’ultimo dipende dal ministero di giustizia e polizia.

Parallelamente, il centro di politica e di sicurezza internazionale (CPSI) assicura la coerenza tra politica di sicurezza e politica estera. Dipende dal ministero degli affari esteri.

Contrariamente al SIS e al SAP, il CPSI lavora esclusivamente con fonti di informazione non segrete, provenienti dalle ambasciate.

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