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«Bisogna armonizzare le politiche d’asilo europee»

Un gruppo di migranti aspetta di poter entrare nel centro di registrazione della città di Gevgelija, nel sud-est della Macedonia. Keystone

Mentre è in corso una delle più gravi crisi migratorie dopo la Seconda guerra mondiale, l'Unione europea ha adottato a fatica una chiave di ripartizione per distribuire 120'000 rifugiati. L'esperto Etienne Piguet sottolinea la necessità di armonizzare le modalità, ma anche di favorire l'integrazione dei migranti. Intervista.

Da soli non si fa niente. La Svizzera deve far proprie le politiche d’asilo europee e investire quanto prima nell’integrazione dei migranti. Abbiamo incontrato Etienne PiguetCollegamento esterno, professore di geografia all’Università di Neuchâtel e vice-presidente della Commissione federale della migrazione, a margine di una recente conferenza a Berna del Consiglio della Diaspora Africana Svizzera sul tema della migrazione.

swissinfo.ch: Questa non è la prima crisi migratoria che colpisce l’Europa. Che cosa c’è di diverso questa volta?

Etienne Piguet, professore di geografia all’Università di Neuchâtel e vice-presidente della Commissione federale della migrazione. Keystone

Etienne Piguet: All’inizio e alla fine degli anni ’90, con la crisi in Bosnia e in Kosovo, l’Europa aveva registrato un numero di richieste d’asilo simile ad oggi. Allora, però, avevamo constatato un riassorbimento rapido della crisi, il che aveva permesso il rientro di una parte delle persone che avevano cercato protezione.

Adesso, invece, siamo confrontati con una serie di crisi che sembrano essere di lunga durata, specialmente in Siria e in Eritrea, ma anche altrove. Dobbiamo mettere in piedi un sistema di protezione che probabilmente si protrarrà a lungo, il che crea nuove sfide.

swissinfo.ch: Quali fattori spiegano l’emergenza di questa situazione?

E. P.: Innanzitutto, sono le crisi profonde che colpiscono i paesi d’origine e la maggior parte dei migranti. Inoltre, nelle zone in cui transitano queste persone si sono venute a creare situazioni particolari. Alcune zone, che sono state a lungo difficili da raggiungere, sono diventate a loro volta estremamente instabili. Ad esempio nel sud della Turchia. Le instabilità spiegano in gran parte l’accelerazione degli spostamenti delle popolazioni.

swissinfo.ch: Che soluzioni deve mettere in atto l’Europa?

E. P.: Dapprima occorre lottare per far sì che nei paesi di partenza i conflitti finiscano e per assicurare il rispetto dei diritti dell’uomo. Naturalmente esistono soluzioni più immediate. Bisogna proteggere i migranti dai naufragi e organizzare operazioni di salvataggio, se necessario. Un’armonizzazione delle procedure per il riconoscimento dell’asilo a livello dell’UE è assolutamente necessaria.

La ripartizione della responsabilità di fornire protezione dev’essere messa in atto tra gli Stati membri dell’UE. Infine, bisogna parlare chiaro per meglio definire chi può sperare di ottenere una protezione e chi invece non ne ha diritto. In questo modo potremo evitare che le persone prendano rischi enormi per raggiungere l’Europa.

swissinfo.ch: L’UE riuscirà a raggiungere a breve un politica migratoria armonizzata?

E. P.: La Commissione europea ha già fatto passi avanti negli ultimi anni. Direttive e fondi di solidarietà ormai esistono. Ma ci vuol anche una volontà politica forte, non a livello di UE, ma a livello di Stati membri, tanti dei quali cercano di sfuggire alle loro responsabilità. Se alcuni decidono di agire da soli, tutta la rete di protezione sarà messa in pericolo.

È un principio che vale anche per la Svizzera. Se ognuno accetta la sua parte di responsabilità, possiamo riuscire ad accogliere un numero importante di persone e a proteggerle efficacemente. Una chiave di ripartizione è indispensabile, soprattutto per i casi urgenti. Non possiamo lasciare che certi paesi vengano sommersi dalle richieste di protezione. Il sistema di Dublino dev’essere completato da un meccanismo di solidarietà.

Tuttavia, la strada è lunga. Bisognerà armonizzare le procedure. Non troveremo soluzioni soddisfacenti nell’immediato, ma dobbiamo mettere in piedi una coordinazione europea quanto prima. L’Europa è un continente immenso. Adesso, i flussi migratori dei quali si parla tanto non rappresentano nemmeno l’1% della sua popolazione. Tuttavia non bisogna credere che sarà facile. L’integrazione sul mercato del lavoro è difficile per questi popoli, e gli sforzi da parte di chi accoglie sono considerevoli.

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swissinfo.ch: Come bisogna agire per integrare i migranti?

E. P.: È necessario stabilire il più velocemente possibile chi ha una buona probabilità di restare e chi invece no. Chi ha buone probabilità dev’essere immediatamente preso a carico. Dobbiamo dare loro accesso al mercato del lavoro e proporre corsi di lingua per consentire a queste persone di diventare autosufficienti.

In questo la Svezia è un esempio. Fornisce immediatamente tutte le basi per favorire l’integrazione. In Svizzera si tende ad aspettare e vedere se la persona rimarrà nel paese prima di darle i mezzi per inserirsi. E in certi casi, è troppo tardi.

swissinfo.ch: Come deve porsi la Svizzera rispetto alle decisioni della Commissione europea?

E. P.: Possiamo salutare la decisione del Consiglio federale di partecipare alla chiave di ripartizione dei richiedenti l’asilo in Europa e all’aumento degli aiuti sul posto. Agire da soli, abrogando ad esempio gli accordi di Dublino, esporrebbe la Svizzera a un numero ancora maggiore di richieste.

La Svizzera accoglie già molti richiedenti l’asilo, ma tenendo conto della sua prosperità economica, potrebbe fare di più, in particolare per l’accoglienza dei migranti provenienti direttamente dalla zone di conflitto. Da un punto di vista etico e pragmatico, l’interesse della Svizzera è quello della definizione di una politica europea dell’asilo. [questa risposta è stata attualizzata in seguito alle decisioni del governo svizzero e dell’UE, ndr]

swissinfo.ch: L’arrivo massiccio di siriani metterà in secondo piano l’immigrazione africana?

E. P.: L’apertura che c’è in questo momento nei confronti della Siria, che è in una situazione drammatica e ha bisogno di solidarietà, ha numerosi aspetti positivi. Tuttavia, dobbiamo appunto fare attenzione a non scordare gli altri. Storicamente, se ci preoccupiamo di una popolazione, ne dimentichiamo un’altra. Bisogna ricordarsi che in Africa ci sono diverse crisi importanti e in Europa occorre trovare soluzioni di protezione.

Un primo passo verso una soluzione europea

I capi di Stato e di governo europei si sono impegnati a sbloccare un miliardo di euro supplementare per i rifugiati siriani in Medio Oriente. Hanno anche deciso di organizzare, entro la fine di novembre, centri d’accoglienza e registrazione dei migranti in Italia e in Grecia. Questi “hotspots” nei paesi in prima fila di fronte all’afflusso di richiedenti l’asilo, devono permettere l’identificazione, la registrazione e la presa d’impronte digitali dei migranti, con un aiuto logistico da parte delle agenzie dell’Unione europea (UE).

L’UE ha inoltre adottato con difficoltà una chiave di ripartizione di 120’000 rifugiati. Il piano di suddivisione riguarda i rifugiati siriani, iracheni ed eritrei arrivati al più tardi un mese fa in Grecia e in Italia. L’Ungheria, la Romania, la Repubblica Ceca e la Slovacchia hanno votato a sfavore di questa misura, mentre la Finlandia si è astenuta. In mancanza di consenso, la misura è stata votata a maggioranza qualificata. La misura è quindi valevole in tutti gli Stati membri dell’UE, compresi quelli che hanno votato contro.

La Svizzera ha deciso di partecipare al programma europeo di ripartizione dei rifugiati. Accoglierà fino a 1’500 richiedenti l’asilo. Questo contingente fa parte del gruppo di 3’000 rifugiati che la Svizzera si è impegnata ad accogliere lo scorso marzo. La differenza sta nel fatto che i nuovi arrivati verranno dalla Grecia o dall’Italia e non più soltanto dai campi dell’Alto commissariato ONU per i rifugiati (UNHCR) nei paesi confinanti con le zone di conflitto.

Dunque, il governo non aumenta le quote di migranti. Preferisce rafforzare gli aiuti sul posto, sbloccando 70 milioni di franchi supplementari per l’aiuto in Siria, in Iraq e nel Corno d’Africa.

swissinfo.ch e agenzie

Traduzione dal francese di Francesca Motta

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