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Carla Del Ponte sogna d’indagare in Kosovo

Carla Del Ponte, una pensionata attiva AFP

Le esperienze di ambasciatrice in Argentina e di procuratrice generale al Tribunale penale internazionale (TPI) per l'ex Jugoslavia: fresca pensionata, Carla Del Ponte si racconta e confida i suoi progetti di un futuro diviso fra giovani e ... giustizia internazionale.

Ufficialmente in pensione dal 28 febbraio, l’ormai ex diplomatica elvetica ha lasciato l’Argentina quello stesso giorno. La magistrata era stata nominata ambasciatrice svizzera a Buenos Aires, nel 2007, dopo essere stata per otto anni una figura di spicco della giustizia internazionale per l’ex Jugoslavia e il Ruanda.

Nel 2008 aveva suscitato grande clamore con la pubblicazione del libro autobiografico – La caccia. Io e i criminali di guerra – in cui rivelava l’esistenza di un traffico di organi orchestrato da ex guerriglieri dell’esercito di liberazione del Kosovo (UCK). Alcuni contenuti avevano provocato polemiche e tensioni con il suo datore di lavoro, il Dipartimento federale degli affari esteri.

Alla vigilia del rientro in Svizzera, Carla Del Ponte ha rilasciato un’intervista di bilancio a swissinfo.ch.

swissinfo.ch: È difficile immaginarsi Carla Del Ponte in pensione…

Carla Del Ponte: Io immagino benissimo la mia pensione. Ho una passione per il golf che potrò finalmente soddisfare. Naturalmente, passare dalla giustizia internazionale al golf, può fare sorridere. Ma per me giocare bene a golf rappresenta una vera sfida.

Detto questo, sono felice di rientrare, perché ritroverò l’altra mia passione: la giustizia internazionale. Sono invitata da tutte le parti, a tenere conferenze universitarie e a partecipare a dibattiti. A tal punto che devo già selezionare, altrimenti sarei ancora più occupata di prima. Ma mi interessa, soprattutto il contatto con i giovani.

swissinfo.ch: È importante trasmettere alle generazioni future?

C. D. P.: Sì, molto. D’altronde, se ho scritto La caccia è perché avevo bisogno di liberarmi di questo mondo di tenebre, ma anche per far conoscere ai giovani il lavoro della giustizia a livello internazionale. Spero che la sua lettura inciti tanti studenti a seguire questa strada. Ho anche intenzione di assistere alcuni di loro.

swissinfo.ch: Qual è stata la sua reazione alla pubblicazione del rapporto di Dick Marty sul traffico di organi in Kosovo?

C. D. P.: Come ho già detto quando è stato pubblicato il rapporto di Dick Marty, mi ha fatto bene sapere che avevo ragione, perché alcuni attacchi mi avevano ferita. Si dovrebbe creare un organismo internazionale incaricato delle indagini e della protezione dei testimoni. C’è una volontà politica per questo? Lo ignoro. La palla è ora nel campo dell’Unione europea e degli Stati Uniti.

swissinfo.ch: Riprenderebbe il lavoro per condurre tale indagine?

C. D. P.: Perché no? Per forza di cose, ho una buona conoscenza del territorio e ottimi contatti. Ma ci sono anche altri magistrati altamente competenti per svolgere tale indagine. All’epoca, non avevo ricevuto alcun sostegno per iniziare le ricerche. La NATO aveva lavorato con l’Esercito di liberazione del Kosovo durante il conflitto e l’accesso ai documenti mi è stato negato.

swissinfo.ch: Torniamo indietro. Quali sono i momenti che hanno segnato la sua carriera?

C. D. P.: L’incontro con il giudice Giovanni Falcone per me è stato un grande momento di umanità e di apprendimento. A Berna, i complicati rapporti con il mondo politico mi hanno segnata profondamente, ma mi hanno aiutata quando sono diventata procuratrice internazionale. Poi, all’Aja, come procuratrice del TPI, l’apice rimane l’arresto e il processo di Slobodan Milosevic.

swissinfo.ch: E le persone che hanno segnato la sua carriera?

C. D. P.: Mi piaceva molto la segretaria di Stato statunitense Madeleine Albright. Era molto diretta con me. E quando diventava politicamente difficile, restavamo sole, noi due, e parlavamo liberamente. Ho apprezzato molto questo. Poi, ho sempre avuto un affetto per il presidente (francese Jacques) Chirac. Un vero gentiluomo, anche se non ha potuto mantenere la promessa di arrestare Ratko Mladic.

Devo dire che ho sempre trovato in coloro che erano arrivati a capo di uno Stato – presidente, primo ministro – qualcosa in più, qualcosa di insolito.

swissinfo.ch: Ha avuto paura al punto di rinunciare?

C. D. P.: L’unica volta che ho davvero pensato di rinunciare, è quando il giudice Falcone è stato ucciso. È stata l’unica volta che ho dubitato. Poi mi sono detta: no, dobbiamo continuare, proprio perché lui non c’è più. Anche all’Aja mi è capitato di dire ai miei collaboratori: “questa volta è finita. Il muro del silenzio è decisamente troppo spesso, non ci arriverò mai”. Ma in fondo a me stessa, non ci credevo.

swissinfo.ch: Cosa ricorderà dei tre anni trascorsi a Buenos Aires?

C. D. P.: Ho un ricordo eccellente. Sono grata al mio governo per avermi affidato questo posto. Avevo bisogno di essere lontano dall’Europa, in un altro ambiente, in un’altra cultura.

In qualità di ambasciatrice, non si deve dare il proprio parere e non si hanno responsabilità. Ciò mi è andato molto bene durante questi tre anni. Poi ho scoperto la Svizzera presso gli argentini di origine svizzera. Nel paese ve ne sono circa sedicimila e tutti sono molto legati alle tradizioni svizzere, al folclore svizzero, che io non conoscevo per nulla. Ho mangiato un sacco di raclette e salsicce. Sono incredibili. Loro sono molto più legati alla Svizzera di noi svizzeri che viviamo in Svizzera.

swissinfo.ch: Avrebbe potuto essere ambasciatrice per tutta la vita?

C. D. P.: No. Mi piace troppo assumere responsabilità.

Nata nel  1947 a Bignasco, nel cantone Ticino, ha studiato diritto internazionale a Berna, Ginevra e in Inghilterra.

Nel 1981 è stata nominata giudice istruttore nel cantone Ticino, dal 1994 al 1999 è stata procuratrice generale della Confederazione.

Nel 1999 è stata nominata procuratrice generale del Tribunale penale internazionale per l’ex-Jugoslavia dall’allora segretario generale dell’ONU Kofi Annan.

Alla fine del 2007 ha lasciato il Tribunale per l’ex-Jugoslavia ed è stata nominata ambasciatrice svizzera in Argentina, mandato che si è concluso il 28 febbraio 2011.

(Traduzione dal francese: Sonia Fenazzi)

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