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“La Svizzera resti un’isola in Europa!”

Beat Kappeler, una voce molto euroscettica Keystone Archive

Beat Kappeler, opinionista tra i più autorevoli in Svizzera, fa il punto sulle prospettive d'integrazione europea per la Svizzera dopo l'introduzione dell'euro.

A Beat Kappeler tutti riconoscono rigore intellettuale e libertà di spirito. Questo economista e politologo di 56 anni, che è stato per 15 anni segretario dell’Unione sindacale svizzera e che ora collabora con maggiori giornali svizzeri, ha recentemente pubblicato un libro molto critico sull’UE e sulla politica del Consiglio federale in materia d’integrazione. Anticipiamo alcuni estratti dell’intervista pubblicata lunedì sul “Giornale del Popolo”.

Signor Kappeler, dal 1° gennaio i cittadini di 12 Paesi dell’UE hanno nelle tasche l’euro. Qual è il suo giudizio sulla moneta unica europea?

Piuttosto scettico. L’introduzione dell’euro era necessaria solo nella misura in cui il sistema monetario europeo che esisteva fra il 1979 e il 1992 non permetteva un adattamento costante e flessibile dei tassi di cambio. Ma l’euro non era necessario una volta adottata la politica monetaria moderna che non conosce delle parità fisse e dove gli adattamenti delle singole valute avvengono senza rotture. In altre parole, se tutti i Paesi dell’UE avessero avuto dei tassi di cambio flessibili l’introduzione dell’euro non sarebbe stata necessaria. Personalmente non sono ottimista per quanto concerne il successo della moneta unica. L’UE non costituisce infatti uno spazio monetario ottimale siccome non vi è un trasferimento dei fondi dal centro verso la periferia. Inoltre, la mobilità dei lavoratori è praticamente inesistente, contrariamente agli USA o alla Svizzera. Gli “shock” economici sono asimmetrici, non vi è una vera e propria perequazione finanziaria oppure un sistema comune di assicurazione contro la disoccupazione.

In quest’ottica quale posizione dovrebbe assumere la Svizzera?

Credo che la prospettiva di un “Alleingang” della Svizzera sia del tutto realizzabile e sotto certi aspetti anche auspicabile. Non è vero che la Svizzera sarà isolata dal resto dell’Europa: grazie ai Bilaterali e all’accordo di libero scambio del 1972 siamo completamente integrati nel mercato interno dell’UE. Quindi dal punto di vista economico godiamo di tutti i diritti di cui abbiamo bisogno.

Quando entrerà in vigore l’accordo sulla libera circolazione delle persone avremo anche la piena libertà di movimento in tutta l’Europa. Detto altrimenti, saremo europei laddove ciò conta. Ma saremo anche svizzeri laddove ciò conta!

E qui penso proprio alla politica monetaria. Oggi la Germania subisce i tassi d’interesse eccessivamente elevati imposti dalla Banca centrale europea che non sono abbassati a causa delle inflazioni in Olanda, Irlanda o Portogallo. E di conseguenza vi sono degli operai tedeschi che diventano disoccupati.

Quindi la Svizzera, con la sua sovranità monetaria, potrà sempre essere più flessibile, avere una maggior crescita e un tasso di disoccupazione più basso. D’altro canto, bisogna sottolineare che la globalizzazione ha dotato il mondo di varie istituzioni – l’OMC, ad esempio – che oggigiorno bastano per garantire ai singoli Stati il principio di non discriminazione.

Ma l’Europa accetterà di avere nel suo cuore geografico un Paese economicamente forte con sette milioni di abitanti, fuori dell’UE ma che forse ne approfitta? Questa è un po’ l’immagine che molti europei hanno della Svizzera…

La Svizzera ha uno Stato sociale che è sviluppato come altrove in Europa e per certi versi è anche più generoso. Lo stesso vale per le sue infrastrutture. E tutto ciò costa circa la metà rispetto ai Paesi dell’UE. Non è colpa degli svizzeri se sono più efficaci in questi settori!

Gli Stati dell’UE sono diventati dei colossi che sperperano troppo denaro. Essi sono entrati in una fase in cui vengono distribuiti degli aiuti enormi ai cittadini prelevando però lo stesso denaro dalle tasche della gente. La struttura della società svizzera, invece, è molto meno basata sull’idea che si ha diritto a qualche cosa ma piuttosto sull’idea che ogni prestazione ha un prezzo e che nulla è gratuito. Quindi i vantaggi della Svizzera in questo campo non sono dovuti a un trucco o a qualche cosa di illecito ma corrispondono a un atteggiamento ragionevole in materia sociale.

Il segreto bancario è oggigiorno “bucato” da tutta una serie di collaborazioni che la Svizzera fa per combattere la criminalità. E lo facciamo con maggior celerità rispetto ad altri Paesi. Ad esempio, il denaro di Abacha è stato confiscato in Svizzera subito dopo la sua caduta mentre Londra lo ha fatto 15 mesi più tardi. Credo quindi che la Svizzera debba tenere testa alta e rifiutare le critiche secondo cui non adempie ai suoi doveri.

Per quando riguarda il fisco, non è colpa nostra se abbiamo un livello di tassazione più basso. Non è colpa nostra se nei Paesi dell’UE le imposte sono più alte a causa di una proporzione maggiore di cittadini che non dichiarano le proprie entrate. In Svizzera, invece, i cittadini pagano le imposte senza che lo Stato debba ricorrere a delle perquisizioni o a delle procedure penali. È un grosso vantaggio, un atout di libertà.

Abbiamo fatto tutto quanto ci hanno chiesto in materia di collaborazione, ma dall’altra parte dobbiamo salvaguardare la libertà del cittadino nei confronti dello Stato. In Svizzera vi è una concezione dello Stato molto diversa rispetto al pensiero dominante nell’UE. Il cittadino svizzero nutre dei sospetti nei confronti dello Stato ed è bene che sia così. In Germania e in Francia i politici pretendono di conoscere la “volontà generale” e la vogliono imporre a tutti.

Dopo l’affare Swissair anche da noi si parla di un ritorno del primato della politica e dello Stato. Cosa ne pensa?

Da un lato, da quando c’è stata la liberalizzazione del mercato nel settore delle comunicazioni sono stati creati in quattro anni 12mila posti di lavoro. D’altro canto, nell’affare Swissair c’è stata, soprattutto da parte della sinistra, un’inerzia intellettuale e una lettura sbagliata del fenomeno.

Swissair è fallita a causa delle regole che le erano troppo favorevoli in Svizzera e troppo ostili in Europa. Non è quindi un fiasco del libero mercato che deve essere corretto col denaro pubblico. Non credo perciò che il ruolo dello Stato debba cambiare dopo l’affare Swissair.

La liberalizzazione ci viene imposta dalle relazioni commerciali con l’estero, o ancora dall’UE che liberalizza le ferrovie, la posta ecc. Se la Svizzera frena il suo adattamento a tali processi assisteremo a dei casi Swissair in molti altri settori. Ma la maggior parte dei politici non riesce a capirlo e promette al popolo delle cose impossibili da realizzare.

Intervista di Nenad Stojanovic

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