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“Sì all’Europa” il 4 marzo per partecipare a pieno titolo al progetto europeo

I promotori dell'iniziativa durante la conferenza stampa; da sinistra: Ruedi Baumann, Regine Aeppli, Marc Suter, Cornelia Luethi, Guy Olivier Segond e Eugen David Keystone

La campagna per l'iniziativa "Sì all'Europa", su cui voteremo il 4 marzo, è lanciata. Per i fautori è assolutamente necessario avviare rapidamente i negoziati di adesione all'UE.

Mancano 55 giorni allo scrutinio popolare più atteso del 2001, quello con l’iniziativa popolare che obbligherebbe il Consiglio federale a riattivare immediatamente le trattative d’adesione all’Unione europea, congelate all’indomani del rifiuto dello Spazio economico europeo nel dicembre del 1992.

“Vogliamo che la Svizzera partecipi alla costruzione del progetto europeo e che non si limiti ad adeguarsi e ad applicare ciò che è stato deciso senza il suo contributo”, ha spiegato martedì a Berna il consigliere nazionale liberale-radicale Marc Suter, co-presidente del comitato di iniziativa, di cui fanno parte un centinaio di parlamentari di tutti i principali schieramenti politici ad eccezione dell’UDC.

Un obiettivo condiviso anche dal governo, che tuttavia respinge l’iniziativa poiché intende riservarsi piena libertà di manovra per scegliere il momento adatto per riannodare i legami con l’Europa.

Ma più si temporeggia meno resta da decidere e maggiore è il prezzo da pagare per un adesione, ha messo in guardia Suter, secondo cui l’iniziativa “giunge troppo tardi e non troppo presto”.

In base alla tabella di marcia dei promotori, in caso di approvazione dell’iniziativa, Berna dovrebbe scongelare la domanda d’adesione ancora quest’estate; nel 2002 avvierebbe le trattative ufficiali in modo che al più presto nel 2006, dopo le necessarie riforme interne, il popolo potrà esprimersi sull’accordo raggiunto con Bruxelles.

La ripresa dei negoziati d’adesione offrirebbe sia ai favorevoli sia ai contrari di un’integrazione la grande occasione di fare chiarezza nei rapporti con l’UE e di poter prendere una decisione in conoscenza di causa.

La Svizzera attualmente partecipa e discute in organismi internazionali che hanno un peso trascurabile per i temi che la riguardano, pregiudicando la difesa dei propri interessi nella politica estera, ha fatto notare il senatore democristiano Eugen David.

Il controproducente attendismo elvetico, dettato secondo David dall’inaccettabile paura del Consiglio federale verso il movimento isolazionista e nazionalista capeggiato dal leader dell’UDC Christoph Blocher, renderebbe le trattative ancora più dure e difficili: “Oggi sono 15 i membri dell’UE, ma domani, con l’allargamento a Est, potrebbero diventare 28. Abbiamo già fatto l’esperienza con i bilaterali di quanto sia faticoso trovare accordi che soddisfino 15 paesi!”.

Per la deputata socialista Regine Aeppli, esponente dell’unico partito di governo che sostiene l’iniziativa, l’adesione all’UE costituisce una necessità pratica, come dimostra la politica d’asilo e d’immigrazione elaborata a livello europeo grazie agli accordi di Dublino e di Schengen ma dai quali la Svizzera rimane eslcusa.

Profondamente convinti dell’urgenza di riaprire il dossier Europa e della bontà dei propri argomenti, i sostenitori dell’iniziativa non si fanno comunque troppe illusioni sull’esito della votazione. “Se otterremo un buon risultato, questo rafforzerà l’obiettivo strategico dell’adesione”.

Con una campagna di informazione in grande stile, con un budget di 1,4 milioni di franchi, il Comitato punta a ottenere la maggioranza del popolo – grazie all’appoggio dei centri urbani – e il sostegno di almeno 7 cantoni, quello dei romandi e dei due semicantoni svizzerotedeschi più filoeuropeisti di Basilea Citta e Basilea Campagna.

Ricordiamo che il Consiglio federale, pur approvandone gli obiettivi, respinge l’iniziativa. Il governo non ritiene opportuno un dibattito proprio in questo momento sulla questione europea, quando già è impegnato a spiegare la problematica dell’adesione della Svizzera all’ONU, sulla quale il popolo sarà chiamato probabilmente l’anno prossimo a votare.

Inoltre, il Consiglio federale ritiene che questa iniziativa intacchi le sue prerogative per quanto riguarda la politica estera, prerogative che sono ancorate nella Costituzione.·

Luca Hoderas

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