e-voting, cantoni si diano una mossa
Il voto elettronico resta più che mai una delle grandi preoccupazioni dei cittadini elvetici che risiedono fuori dalla Confederazione: i partecipanti al Consiglio degli svizzeri all’estero oggi lo hanno ribadito e la tavola rotonda organizzata stamane su questo tema ha suscitato grande interesse.
La decisione del governo federale di non più autorizzare, per lacune nella sicurezza, il sistema del consorzio voto elettronico, cui facevano capo nove cantoni, “è stato uno shock”, ha ricordato nel corso della tavola rotonda la co-direttrice dell’Organizzazione degli svizzeri all’estero (OSE) Ariane Rustichelli.
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Niente voto elettronico in nove cantoni
Anche per l’OSE la sicurezza è primordiale, ma sta di fatto che la decisione dell’esecutivo elvetico ha condotto a una regressione, ha precisato Ariane Rustichelli. Attualmente l’e-voting è ancora disponibile soltanto in cinque cantoni, contro i 14 precedenti.
La co-direttrice dell’OSE ha quindi rivolto “un vibrante appello ai cantoni”, poiché sono essi i responsabili dell’introduzione del voto elettronico.
Un’opinione condivisa dal cancelliere della Confederazione Walter Thurnherr, il quale ha sottolineato che se il blocco del sistema del consorzio s’imponeva per questioni di sicurezza, per i cantoni esistono valide alternative: a loro disposizione ci sono “due buoni sistemi”, quello di Ginevra e quello della Posta.
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Lotta aperta sul futuro dell’e-voting in Svizzera
Il sistema ginevrino è quello che vanta la più lunga esperienza: è dal 2003 che viene utilizzato, ha rammentato la delegata del cantone per le questioni federali Sacra Tomisawa-Schumacher, assicurando che Ginevra fa tutto il possibile per garantire il massimo della sicurezza. Anche se la sicurezza assoluta, naturalmente, non esiste per alcun sistema di voto: nemmeno quello tradizionale tramite schede cartacee è al riparo da errori, ha osservato. A suo avviso, quello che fa difetto oggi per generalizzare il voto elettronico in Svizzera non è però la sicurezza tecnologica, ma piuttosto la mobilitazione politica.
I cantoni hanno i soldi contati, devono far fronte a costi elevati in molti settori e dunque fissare delle priorità, ha giustificato la presidente della Conferenza svizzera dei cancellieri di Stato, Barbara Schüpbach-Guggenbühl. Ciò non significa del resto che non si faccia nulla per il voto elettronico: nonostante il sentimento di frustrazione dopo il blocco del sistema del consorzio, nel quale i nove cantoni interessati avevano investito somme ingenti, le discussioni e i lavori proseguono: “stiamo esaminando i due sistemi”, ha precisato Barbara Schüpbach-Guggenbühl.
E Ariane Rustichelli ha invitato tutti i cantoni ad accelerare affinché per le elezioni federali del 2019 tutti gli elettori svizzeri dispongano del voto elettronico. Per raggiungere questo obiettivo non sono tanto i soldi che mancano, ma la volontà politica, ha affermato la co-direttrice dell’OSE, secondo la quale occorre capire che l’e-voting è certo prioritario per gli svizzeri all’estero, che con il voto per corrispondenza in molti casi non riescono ad esercitare i loro diritti politici a causa dei ritardi postali, ma è importante anche per l’elettorato residente nella Confederazione. E occorre soprattutto che i cantoni capiscano che l’e-voting è un investimento: i costi di oggi saranno i risparmi di domani.
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