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A Bienne nel segno della caffettiera

La costruzione concepita dal famoso studio d'architettura austriaco Coop Himmelb(l)au. expo02.ch/Yves André

Tre enormi torri e una passerella filiforme sospesa sull'acqua. L'arteplage biennese esplora gli spazi contraddittori tra potere e libertà.

“La caffettiera”; così la chiamano i maligni, per la sua forma curiosa. È una delle tre torri, alte una quarantina di metri, che dominano il paesaggio dell’arteplage di Bienne.

Le costruzioni, progettate dallo studio viennese di architettura Coop Himmelb(l)au, stanno a simboleggiare il potere e la ricchezza. Sotto di loro però c’è l’acqua del lago. Come nell’archetipo biblico del gigante dai piedi d’argilla, il potere poggia su fondamenta fragili.

Una passerella sottile, lunga 450 metri, collega l’arteplage al parco Expo, uno spiazzo di 120’000 metri quadrati, dove sorgono alcuni dei padiglioni, il palcoscenico principale, il parco giochi. Alle linee verticali del potere, la passerella contrappone gli orizzonti della libertà individuale, della comunicazione fra uguali, della realizzazione di sé.

La torre che canta e l’acqua dei desideri

Ma la simbologia dell’arteplage di Bienne, come in tutta l’Expo, non è univoca. I segni e i significati si sovrappongono, si confondono, si contraddicono, creano confusione.

La “caffettiera” è una torre, ma è anche un gigantesco strumento musicale elettronico, che raccoglie i suoni dell’ambiente – l’acqua, il vento, i passi e i discorsi dei visitatori – e li ritrasmette, rielaborati da un computer o dai musicisti che si celano nella capsula di regia appesa a tre mesi d’altezza.

A pochi passi dalla torre c’è il padiglione del progetto comune della società di riassicurazione Swiss Re e della IBM. Si chiama Swish e mette in scena i desideri. Quelli dei molti svizzeri intervistati prima dell’Expo, proiettati nelle sale del padiglione, e quelli dei visitatori, che possono digitare i propri sogni sulla tastiera di un computer e attendere che vengano proiettati sulla superficie dell’acqua.

Una sorta di fontana di Trevi, insomma, ma senza monetina. E che nel gioco di luce ed acqua ben rappresenta il carattere effimero ed incerto dei desideri umani.

Soldi da buttare

Dove si parla di potere, si parla di soldi. Il denaro – oltre a quello speso dei visitatori – non poteva mancare sull’arteplage di Bienne. Se ne occupa il curatore Harald Szeeman, in collaborazione con la Banca nazionale svizzera, nel padiglione “Soldi e valori, l’ultimo tabù”, un parallelipipedo interamente ricoperto da un sottilissimo strato d’oro.

All’interno, una miriade di immagini, oggetti e installazioni investe gli spettatori, li accompagna in un mondo tutto materiale, dominato dal denaro. Ma al centro una macchina distrugge banconote. Trenta milioni di franchi svizzeri – veri! – saranno ridotti a striscioline di carta entro la fine dell’esposizione. I soldi non sono che questo, alla fine: un poco di carta, pur se di qualità.

Con i piedi per terra, tra suggestioni diverse

Posati ormai i piedi sulla riva, ci siamo lasciati alle spalle l’ultimo padiglione dell’arteplage, “Vivere le frontiere”, bosco di tronchi e pensieri sui confini che dividono i paesi, gli uomini, le generazioni.

E proseguiamo via terra per il parco Expo. Incontrando dapprima il luna park e poi il “Territorio immaginario”, riflessione tridimensionale e multimediale sul possibile futuro del paesaggio svizzero.

Più in là, nel padiglione “Strangers in paradise”, si può tornare bambini, sedendosi come allora dentro un carrello della spesa, sponsorizzato per l’occasione dalla catena di negozi Migros, e viaggiare attraverso una specie di supermercato. Solo che il paesaggio non è fatto di barattoli colorati e detersivi, ma di suoni e immagini della Svizzera. E non bisogna comprare niente.

Ma andiamo oltre, in questa grande fiera di idee e suggestioni, per sentire cosa ha da dirci l’industria meccanica, elettrotecnica e metallurgica (“Leben, Lust und Lohn – La Svizzera viva e innovativa”). La parola è data a un’attrice e agli attori-macchina che si muovono attorno a lei, tra rappresentazione teatrale e sfilata di moda.

E poi.. e poi… “Nouvelle DestiNation”, dove lo sport diventa metafora della politica, “Bien travailler – bien s’amuser”, zoo fantastico per i bambini e “Happy End”, la casa in cui si scopre che per essere felici a volte basta rompere un piatto e superare l’angoscia della propria ombra che sparisce. Per poi gettarsi dentro un ripido scivolo, andando a sbattere se possibile contro la persona giusta.

Andrea Tognina

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