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Addio bicicletta addio

La bicicletta militare è ormai arrivata in fondo al viale del tramonto (foto: ©Armeefilmdienst) swissinfo.ch

Dopo 112 anni di onorato servizio, le biciclette militari sono andate in pensione. L'ultimo reggimento ciclisti dell'esercito svizzero si è sciolto il primo maggio.

Gli standard militari moderni hanno infine avuto la meglio su una storia fatta di sudore e nostalgia.

«Hai voluto la bicicletta? Pedala!» Quante volte se lo saranno sentito dire i soldati ciclisti che per aver scelto volontariamente di svolgere il servizio militare pedalando, passavano sovente per dei masochisti? Ora, sciolto l’ultimo reggimento, le imprese dei ciclisti, la loro tenacia, il loro essere un corpo d’élite sono storia del passato.

Un impegno che suscita stupore soprattutto nelle nuove generazioni. «Certo, anche per noi era dura», ricorda Maurice Pauchard, recluta nel 1936 e soldato ciclista durante tutto il periodo della mobilitazione «però c’eravamo abituati. Non esistevano altri mezzi di locomozione, la bicicletta serviva anche per andare a lavorare, faceva parte della nostra vita di tutti i giorni».

Adeguarsi ai tempi

Avevano superato indenni due guerre mondiali e una guerra fredda. Ora le biciclette cadono sotto i colpi della riforma dell’esercito voluta dal consigliere federale Samuel Schmid. Se ne sono andate in buona compagnia, unite nell’addio ai soldati del treno e alle formazioni veterinarie, quelle con muli e cavalli.

I tre reggimenti ciclisti dell’esercito svizzero sono stati sciolti. Gli 800 uomini del fanalino di coda, il quinto, hanno sfilato per l’ultima volta il primo maggio, sullo storico campo di battaglia di Sempach. «Ciclisti un giorno, ciclisti per sempre», recitava il motto del reggimento, da ora però non più al servizio della patria.

Una storia lunga 112 anni

La Svizzera è l’ultimo paese, dopo la Finlandia, a rinunciare ai soldati ciclisti. Si chiude così un capitolo di storia cominciato nel 1891 quando a Winterthur la scuola reclute forma i primi ciclisti.

Tre anni dopo, l’esercito dirama dei precisi criteri di selezione: altezza minima 153 cm, acutezza visiva di almeno 2/3, buona condizione fisica, polmoni robusti e un cuore in ottimo stato di salute. Conditio sine qua non per essere ammessi nelle truppe dei ciclisti: riuscire a correre 3200 metri in 12 minuti.

E la bicicletta? I primi soldati dovevano procurarsela da soli, cosa non evidente all’epoca, quando il velocipede era ancora poco diffuso tra la popolazione. È solo nel 1905 che l’esercito introduce la leggendaria bicicletta d’ordinanza.

Pedale e contropedale

La bicicletta 05 entrerà nei cuori – o forse sarebbe meglio dire nelle gambe – dei soldati ciclisti per 88 anni. Unica concessione alla modernità: la lampadina dinamo. «Di notte però era proibito usarla», ricorda Maurice Pauchard. «Solo il capofila aveva la lampadina accesa, gli altri tutti dietro alla cieca. In discesa capitava spesso di andare a cozzare contro la ruota di chi ti precedeva».

Per il resto, i soldati di fine Novecento pedalavano sulla stessa bicicletta dei loro bisnonni: freno posteriore a contropedale e niente marce, o meglio una sola, troppo lunga per andare in salita e troppo corta per la pianura.

Ma la bicicletta militare non è destinata alle scampagnate. Robusta deve essere, ci si deve poter buttare nei fossati, smontare rapidamente di sella per proteggersi dal fuoco nemico, trasportare dei pesi considerevoli. Impossibile eseguire queste operazioni con i meccanismi piuttosto delicati dei mezzi moderni.

L’insostenibile leggerezza

È solo nel 1993 che l’esercito svizzero decide di adeguarsi ai tempi e di sviluppare un nuovo modello con cambio a sette velocità, freni idraulici e manubrio tipo mountain bike. La sella, per contro, resta la stessa, destinata ad essere modellata dai glutei dei soldati.

L’esercito la voleva leggera, ma la «piccola regina in grigioverde» pesa pur sempre 24 chili. In compenso può sopportare un carico di 160 chili, che non sono poi molti se si considera che al peso del soldato in divisa si aggiungono i 25 chili del bagaglio ordinario e i 10-15 chili di un affusto di mitragliatrice o di un «panzerfaust» (lanciagranate).

Le due ruote ai collezionisti

In un paese come la Svizzera, dove le vendite di oggetti militari riscuotono sempre un grande successo, la bicicletta è destinata a diventare un oggetto da collezione. Il prezzo si aggira intorno ai 250 franchi, un affare se si considera che il valore iniziale è di 3000 franchi.

E forse le vedremo ancora in occasioni speciali, come a Morat, quando per Expo.02 era possibile prenderle in prestito per spostarsi nella cittadina friburghese.

swissinfo, Doris Lucini

1891: l’esercito svizzero ha la sua prima truppa di soldati ciclisti
1905: nasce la bicicletta d’ordinanza 05 con freno posteriore a contropedale ed una sola marcia
1993: l’esercito si dota di una nuova bicicletta
2003: la riforma Esercito 21 abolisce i reggimenti ciclisti

Nate nel lontano 1891, le truppe di soldati ciclisti non fanno più parte dell’esercito svizzero. I tre reggimenti che facevano ancora parte di Esercito 95 hanno cessato le loro attività.

Il loro compito, di importanza ridotta rispetto ad anni in cui la motorizzazione dell’esercito non era cosa evidente, consisteva nel proteggere i fianchi di una brigata di blindati.

Con la riforma Esercito 21, i ciclisti – e con loro tutti i settori non motorizzati – sono condannati a sparire. Il loro principale difetto è di non essere protetti sul campo di battaglia, un problema per la moderna concezione delle forze armate.

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