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Perché il Comitato Internazionale della Croce Rossa rimarrà in Afghanistan

Christine Cipolla

I recenti eventi in Afghanistan hanno catturato l'attenzione del mondo intero. Molte delle immagini arrivate fino a noi sono strazianti.

La popolazione afghana ha sopportato decenni di conflitto, e mentre siamo sollevati dal fatto che Kabul abbia finora evitato grandi combattimenti, siamo consapevoli delle migliaia di civili feriti e sfollati nei recenti scontri in altri centri urbani.

L’AfghanistanCollegamento esterno è nel mezzo di una transizione ed è difficile sia per gli afghani che per tutti noi prevederne l’esito. Ma so un paio di cose per certo.

In primo luogo, so che il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) continua a impegnarsi a fianco del popolo afghano. Il CICR è in Afghanistan dal 1987 e vi resteremo per portare avanti il lavoro di assistenza e protezione delle vittime del conflitto.

L’altra cosa è che i bisogni umanitari sono e rimarranno alti, per questo la nostra presenza è necessaria. Per fare un esempio lampante, dal 1° agosto abbiamo curato più di 7’600 pazienti con ferite da arma da fuoco in strutture finanziate dal CICR in tutto il Paese. Questa cifra supera le 40’000 persone se contiamo i mesi di giugno, luglio e agosto.

Questi numeri sono scioccanti e dimostrano della gravità dei recenti combattimenti. Inoltre, le persone che presentano gravi ferite da armi belliche hanno spesso bisogno di un trattamento lungo e specializzato.

Il processo di guarigione può durare anni e richiedere non solo la riabilitazione fisica, ma anche l’adattamento a una nuova protesi al braccio o alla gamba, la preparazione mentale ed emotiva a una nuova vita, fatta di piccoli passi in avanti per riacquisire la capacità di camminare e di lavorare.

Anche se, come certamente si spera, i combattimenti fossero davvero finiti, le nostre squadre mediche e i centri di riabilitazione fisica si aspettano di accogliere per i mesi e gli anni a venire le vittime degli ordigni esplosivi disseminati nel Paese, molti dei quali sono stati collocati nelle ultime settimane. È straziante vedere i nostri reparti pieni di bambine e bambini, giovani uomini e donne che hanno perso gli arti.

È da troppo tempo che i bisogni umanitari in Afghanistan sono alti, e questi bisogni, specialmente negli ultimi anni, non sono stati sempre soddisfatti completamente.

Dal momento che lavoriamo da decenni nel Paese, abbiamo relazioni consolidate con i talebani. I cambiamenti in Afghanistan non hanno modificato il nostro rapporto con i talebani, e la situazione attuale non ha un impatto sul nostro modo di operare. I talebani ci hanno dato garanzie di sicurezza sia a livello locale che ai vertici per continuare il nostro lavoro, compreso quello svolto dalle nostre colleghe donne.

Tutte le guerre finiscono prima o poi. E il trattamento umano dei civili e dei detenuti di tutte le parti in conflitto contribuisce a una pace duratura, che a sua volta porta a una riduzione della sofferenza.

Il nostro piano ora è di rimanere in Afghanistan e di continuare a lavorare mano nella mano con la società della Mezzaluna Rossa afghana per aiutare coloro le cui vite sono state lacerate dalla guerra.

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