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Anche gli svizzeri lasciano l’Iraq

Martedì: ispettori Onu se ne vanno da Baghdad Keystone

I cittadini svizzeri lasciano l'Iraq, seguendo l'ultimatum del presidente americano Bush a Saddam Hussein.

Gli ultimi due diplomatici elvetici hanno abbandonato Baghdad diretti ad Amman, in Giordania. Restano il CICR e i cittadini con doppia nazionalità.

Mentre soprattutto nel nord dell’Iraq migliaia di Kurdi lasciano i villaggi di frontiera, per paura di attacchi chimici da parte di Saddam Hussein, anche i giornalisti e il personale delle ambasciate se ne sta andando da Baghdad.

Martedì swissinfo è riuscita a parlare con Ulrich Tilgner, corrispondente per la televisione svizzera di lingua tedesca a Baghdad. Tilgner descrive la strana calma che regna tra la popolazione irachena, una calma che nasconde un profondo senso di impotenza.

“La gente è cosciente del pericolo cui va incontro ed è chiaro che ci sarà un attacco,” dichiara. Quello che esce dal Pentagono fa paura…[e]… gli iracheni sanno di non poter influenzare la situazione,” aggiunge.

“La popolazione irachena deve pagare il prezzo di decisioni prese a Washington.” Tilgner spiega che molti iracheni hanno passato gli ultimi sei mesi preparandosi alla guerra, mettendo da parte cibo, acqua e altri beni di prima necessità.

“Abbiamo visitato alcune persone che si preparavano a restare in casa per 12 settimane. Ma altri, soprattutto i meno abbienti, che non hanno fatto provviste, potrebbero morire di fame, se non possono uscire di casa per un lungo periodo di tempo.”

Evacuati i diplomatici elvetici

Da martedì l’ufficio di contatto svizzero a Bagdad è chiuso fino a nuovo ordine, indica il dipartimento degli esteri (DFAE). I due funzionari operativi si sono recati in macchina ad Amman, in Giordania insieme ad una giornalista della radio svizzera di lingua francese.

Uno solo dei due scudi umani svizzeri ha deciso di restare, mentre l’altro ha lasciato l’Iraq con mezzi propri.

Anche i giornalisti della Televisione della Svizzera Italiana (TSI) hanno lasciato il paese.

Guerra sulle rovine della diplomazia

Nella sua edizione on line il New York Times di martedì giudica catastrofico il modo in cui l’amministrazione Bush conduce la sua politica estera.

“Questa guerra è solo l’ultimo atto di un periodo di fallimenti diplomatici, il peggiore di Washington da almeno una generazione”.

E il giornale prosegue sottolineando che l’attuale isolamento degli Stati Uniti è cominciato ben prima dell’11 settembre 2001. Dall’abbandono del trattato di Kyoto sull’effetto serra, al rifiuto di partecipare alla Corte penale internazionale, solo per citare alcuni esempi.

swissinfo ha chiesto a Curt Gasteiger, professore onorario all’Istituto superiore di studi internazionali di Ginevra (IUHEI) la sua opinione in merito all’unilateralità delle scelte americane e cosa ne pensa della marginalizzazione dell’Onu.

“Non è una prima per le Nazioni Unite, che sono state messe fuori gioco diverse volte nel caso di gravi crisi.

Quello che c’è di nuovo questa volta, secondo il docente di studi internazionali, è appunto l’unilateralità degli USA e il fatto che il Consiglio di sicurezza dell’ONU, nella sua attuale composizione, non rappresenta più un mondo globalizzato.

Ma allora vuol dire che avevano ragione quelli che in Svizzera avrebbero preferito restare fuori dall’ONU, abbiamo chiesto un po’ provocatoriamente a Curt Gasteiger.

“Dobbiamo convivere con l’ONU, ma bisogna riformarlo perché sia in grado di rispondere meglio alle sfide del 21° secolo, perché diventi globale nel senso politico e strategico.”

swissinfo e agenzie

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