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Barili pericolosi nei depositi africani

Contenitori di pesticidi corrosi in Mozambico (FAO) swissinfo.ch

In Africa, si sono accumulate enormi quantità di pesticidi obsoleti altamente tossici. Una minaccia per l’uomo e l’ambiente.

Per sostenere il programma di eliminazione di questi prodotti pericolosi, la Svizzera ha recentemente stanziato un credito di 625’000 di franchi.

Se da un lato i pesticidi sono indispensabili allo sviluppo agricolo, dall’altro possono rappresentare una grave minaccia.

Da oltre 30 anni, delle enormi quantità di pesticidi deperiti si sono accumulati nella maggior parte dei paesi africani. Secondo le stime, ci sarebbero 50’000 tonnellate di pesticidi inutilizzabili sparsi sul continente.

Il campanello d’allarme l’aveva suonato l’Organizzazione delle nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) già nel 2001: i depositi di pesticidi obsoleti costituiscono una minaccia capace di mettere in pericolo l’umanità e l’ambiente.

Per aiutare a disinnescare questa “bomba ad orologeria”, la Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) ha deciso di finanziare con 625’000 franchi il Programma per gli stock africani (“African stockpiles project”), che prevede di eliminare tutti i pesticidi deperiti dal continente africano.

“La DSC è fiera di sostenere questo programma, perché qui si tratta di affrontare una minaccia deplorevole”, afferma Jean-Bernard Dubois, vicedirettore della sezione risorse naturali ed ambiente.

Un contributo accolto con grande entusiasmo dal direttore della sezione ambientale della Banca mondiale Ede Jorge Ijjasz-Vasquez. “Accogliamo a braccia aperte il supporto svizzero”.

Un problema da affrontare in comune

“Il problema dei pesticidi tossici concerne l’ambiente, la sanità pubblica e l’Africa. Tre sfere d’interesse prioritario per la Svizzera”, dichiara Dubois.

L’impegno elvetico nel continente africano era stato sottolineato in passato anche da Philippe Roch, direttore dell’Ufficio federale dell’ambiente, delle foreste e del paesaggio. “Dobbiamo rivolgere un’attenzione particolare all’Africa, perché non dispone nè il personale nè i mezzi giuridici, tecnici e finanziari per eliminare ecologicamente i rifiuti tossici”.

La partecipazione del nostro paese al progetto in Africa si inserisce nel contesto di un partenariato che vede coinvolte autorità statali, organi internazionali, settore privato e organizzazioni non statali.

“Per risolvere questo problema a carattere globale, la sinergia di istituzioni di vari settori è fondamentale”, indica Nadine Speich, collaboratrice presso la DSC.

“Si tratta ad ogni modo di un primo passo. Il progetto africano rappresenta infatti la prima iniziativa di grande spessore nel campo dei prodotti chimici obsoleti”, aggiunge Speich.

Il continente africano non detiene infatti l’esclusività di questi depositi pericolosi. Decine di migliaia di tonnellate sono infatti presenti anche in Europa dell’est, in America del sud ed in Asia.

La “sporca dozzina”

I prodotti che più preoccupano la comunità internazionale sono gli inquinanti organici persistenti (POP), vale a dire le sostanze difficilmente degradabili che rimangono nell’ambiente per molto tempo e che si accumulano nella catena alimentare.

La lista dei POP comprende dodici prodotti chimici – tra cui DDT, Aldrin e Clordano – usati in passato come pesticidi ed insetticidi.

Nel quadro della sua politica ambientale, la Svizzera ha vietato, in tappe successive, la produzione, l’utilizzazione ed il commercio di tutte le sostanze indicate dalla Convenzione POP.

“In Svizzera, questi prodotti pericolosi non sono più in uso da almeno 10-15 anni”, indica Speich.

Depositi pericolosi

I depositi da smaltire comprendono pesticidi tossici e materiali contaminati connessi. Molte di queste sostanze sono giunte in Africa, ed in altri paesi in via di sviluppo, nell’ambito di progetti di aiuto allo sviluppo.

Arrugginiti o addirittura corrosi, i barili accumulati nei depositi hanno perso la loro ermeticità e non garantiscono più lo stoccaggio sicuro dei pesticidi.

Contribuendo al degrado del suolo, dell’aria e delle riserve d’acqua, questi prodotti chimici costituiscono una minaccia per la salute della popolazione rurale ed urbana, soprattutto per la fascia più povera.

Numerosi stock si trovano infatti in prossimità dei campi coltivati, dei pozzi, delle abitazioni e dei mercati delle zone rurali povere.

Senza contare il pericolo di una catastrofe ecologica. I danni che si riscontrano direttamente su fauna e vegetazione, la cui biodiversità è messa seriamente in pericolo.

“Non sappiamo ancora precisamente come e dove questi prodotti saranno eliminati. Probabilmente non in Africa, che manca di tutte le infrastrutture”, osserva la collaboratrice della DSC.

Tanto lavoro da fare

Malgrado gli sforzi congiunti sotto la direzione della Fao, solo il 5% degli stock sono stati eliminati negli ultimi dieci anni.

La distruzione di una tonnellata di pesticidi deperiti ha un costo che si aggira tra i 5’200 e di 6’000 franchi svizzeri.

Un rapido calcolo per rendersi conto che il budget messo a disposizione per il progetto – 62,5 milioni di franchi – coprirà lo smaltimento di solo un terzo degli stock.

La strada verso una totale eliminazione delle sostanze nocive è ancora lunga.

“Siamo solo all’inizio, quello in Africa è un progetto a lungo termine. In futuro, sarà importante porre l’accento sulla prevenzione di tali situazioni.”, conclude Speich.

swissinfo, Luigi Jorio

L’“African stockpiles project” è un’iniziativa internazionale che mira ad eliminare, tramite metodi ecologicamente accettabili, i pesticidi obsoleti ed i rifiuti contaminati dal continente africano.

Finanziato dal Fondo mondiale per l’ambiente, associato alla Banca mondiale ed alla FAO, il progetto si pone inoltre l’obiettivo di elaborare delle misure di prevenzione per evitare il ripetersi di tale accumulazione.

I più grandi produttori di pesticidi si trovano in Europa, Stati Uniti, Cina e Giappone.

500’000 tonnellate di pesticidi pericolosi nel mondo.
50’000 in Africa.
25 milioni di persone soffrono ogni anno di intossicazioni da pesticidi.
20’000 i casi letali.

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