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Battaglia alla nicotina

Nel confronto fra i paesi europei, gli svizzeri si dimostrano grandi fumatori swissinfo.ch

Gli svizzeri sono grandi fumatori. Tempo di rivedere la politica verso il tabagismo. Prevenzione e aumento dei prezzi le parole chiave di una battaglia difficile.

Dagli anni Settanta è chiaro che il fumo fa male. E soprattutto in America, negli ultimi anni, la crociata contro questo male sociale ha assunto caratteri militanti. Niente fumatori negli uffici o nei ristoranti. Nei luoghi pubblici in genere, vige il primato della salute. Oltre oceano, cause milionarie attaccano le multinazionali per i danni provocati dal fumo, sia attivo che passivo.

Ma le stesse multinazionali possono ancora contare su introiti sicuri. La ghettizzazione ha portato ad una diminuzione limitata del consumo. Anche in Svizzera la cosa non è diversa. Anzi i figli di Tell figurano ai primi posti nel consumo di tabacchi in Europa. Una posizione confortevole, garantita da una libertà quasi illimitata per la presenza pubblicitaria.

Fumare fa male e costa allo Stato

Ma anche in Svizzera il fumo è protagonista di un triste bilancio. I dati sono stati confermati in questi giorni dal Dipartimento della sanità: annualmente sono 8’000 le vittime delle conseguenze, 22 al giorno. I costi sanitari si aggirano intorno ai 10 miliardi annui. I ricavati dalla tassa sul tabacco sono di oltre cinque volte inferiori.

Per questo l’Ufficio federale della sanità pubblica e varie associazioni lanciano un grido d’allarme, chiedendo misure efficaci per combattere la piaga che provoca più vittime del traffico stradale.

I nuovi dati non fanno che confermare la serietà dell’evoluzione. Nel gruppo dei giovani fra i 13 e i 17 anni, i fumatori aumentano. In cinque anni c’è infatti stata una progressione notevole, quasi un raddoppio. Attualmente in questa fascia i fumatori rappresentano il 40 per cento del totale. “È la volontà di trasgressione”, commenta Alberto Polli, dell’Associazione Svizzera Non-Fumatori.

Più tasse

Nel braccio di ferro tra le richieste massimaliste delle autorità sanitarie, e la morigeratezza di quelle economiche e giudiziarie, si delinea un rialzo prossimo venturo. La speranza dei primi è far desistere soprattutto i giovani dal consumo di tabacco; il prezzo più alto – sono convinti i difensori della salute pubblica – agirebbe da deterrente.

Per le lobby economiche, si pone invece il problema della sopravvivenza dei produttori e distributori nazionali. Per le autorità doganali c’è lo spauracchio del mercato nero, attualmente ancora irrilevante nel nostro paese. La Svizzera non è esclusa dal mercato sommerso, ma soprattutto come via di transito o di riciclaggio del ricavato illecito.

Il Consiglio federale ha alzato più volte il prezzo delle bionde dall’introduzione della nuova legge nel 1996. Ma sempre limitatamente e gli effetti sono controversi. Uno studio, condotto a Losanna dal professor Alberto Holly, indica una diminuzione costante dei fumatori dal 1972, una tendenza rafforzatasi negli ultimi cinque anni dalle nuove misure.

L’aumento serve

Un esempio concreto: in Francia fra il 1991 e il 1996 il prezzo del pacchetto è aumentato del 96 per cento. Contemporaneamente le vendite sono scese dell’11 per cento, ma le entrate fiscali sono quasi raddoppiate, passando da 31 598 miliardi a 54 305 miliardi di franchi francesi in quattro anni. Incoraggiante.

Holly stesso conferma: “Il prezzo è un elemento centrale per la prevenzione, ma la Svizzera deve dotarsi di un vero programma di prevenzione. Attualmente i ricavati fiscali vanno a favore della previdenza sociale e tralasciano questo settore”. Grazie al 1,7 miliardi di entrate, lo Stato copre infatti il 6 per cento del bilancio dell’AVS.

Prevenzione!

Per Alberto Polli, è necessaria una controffensiva sui prezzi più attiva: “È necessario superare la soglia psicologica dei cinque franchi”. In prospettiva il suo gruppo auspica un avvicinamento al modello nordico, dove le sigarette costano fino a 12 franchi per raggiungere l’effetto sperato.

Ma l’Associazione dei Non-Fumatori, facendo propri i risultati degli ultimi studi, chiede di più. “Come in America ci vogliono più spazi senza fumo”, esige Polli. Specialmente nell’ambiente di lavoro, ma anche nei locali pubblici. Così da avere un effetto didattico anche per i più giovani.

Il prezzo maggiorato del pacchetto potrebbe compensare la perdita d’entrate dell’AVS, ma per stornare una parte dei fondi alla prevenzione è necessario un cambiamento costituzionale. Spetta alle autorità svizzere seguire l’esempio e applicare le proposte.

A breve termine si raggiungerà il livello massimo previsto nel 1996, pari al 57 per cento di imposizione sul prodotto (attualmente 51 per cento). Un pacchetto costerà di più, ma non quanto sperato da chi si occupa di salute. E non così presto. Eppure gli argomenti sono sul tavolo.

Daniele Papacella

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