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Cara vecchia lira, addio!

Nelle banche si accatastano le mazzette di lire... destinate al macero Keystone Archive

L'introduzione - riuscita - dell'euro ha messo fine alla moneta italiana. Al pari delle altre monete europee, da venerdì primo marzo non ha più corso legale.

Solo le banche – che hanno deciso di prorogare per altri due mesi l’accettazione delle vecchie banconote – continueranno ad accettarle. Da maggio, infine, bisognerà rivolgersi alle filiali della Banca d’Italia.

Difficoltà con le monetine

Il change over, nonostante le pessimistiche previsioni della vigilia, è andato abbastanza bene. Meno che in altri paesi, certamente, ma niente a che vedere con gli stereotipi sull’italiano pasticcione. Le difficoltà maggiori le hanno avute le persone più anziane, ma la maggior parte della popolazione ha rapidamente imparato a districarsi tra monete, che valgono quanto due o quattro delle vecchie banconote da 1.000 lire, e monetine di cui si farebbe volentieri a meno. Anche perché provocano spesso errori e discussioni nel calcolo dei resti.

Come già è avvenuto in Finlandia, infatti, si sta già pensando a sopprimere i tagli da uno e due centesimi, pressoché privi di valore e utilità reale. A Genova, per esempio, sono già scomparsi. Una scelta quasi obbligata, ma che potrebbe far d’altro canto risalire di qualche frazione percentuale l’inflazione. L’arrotondamento ai 5 e 10 centesimi, infatti, sarà la norma soprattutto nei piccoli esercizi commerciali – bar, edicole, ecc – ed è pressoché inevitabile che si tradurrà in piccoli rialzi di prezzo.

Doppio cartellino

Per contro si è potuto notare, in questi due primi mesi con l’euro, una resistenza mentale generalizzata a fare i conti direttamente nella nuova moneta. Anche in caso di prezzi di una certa consistenza – oltre i 50 o 100 euro – si è continuato a convertire “al centesimo” i cari, vecchi prezzi in lire “tondi”. Se prima un articolo costava 250.000 lire, insomma, il prezzo in euro è diventato 129,11; nonostante la scomodità.

Per facilitare le cose, la Confcommercio propone di prorogare per due mesi l’obbligo del “doppio cartellino” sulle merci in vendita.

Ripercussioni sull’economia elvetica

Certamente l’euro avrà una vita e un valore più stabile, e sarà impossibile – in futuro – il ricorso a manovre un tempo abituali per la classe politica italiana, come la svalutazione competitiva della moneta. Il che dovrebbe portare più ordine nelle transazioni commerciali tra i due paesi.

Sul piano dei capitali italiani ancora depositati presso le banche elvetiche, invece, non sembra che ci si debba attendere cambiamenti rilevanti. È vero che molti risparmiatori e imprenditori portavano in Svizzera i propri soldi per sottrarli alla svalutazione periodica o agli alti tassi di inflazione.

Ma è vero anche che le maggiori entrate – per la Confederazione – derivavano da quanti volevano sottrarre i propri capitali alle attenzioni del fisco italiano. E, nonostante gli sconti garantiti dallo “scudo fiscale” o i controlli con telecamere alla frontiera, non appare prossimo un precipitoso rientro di questi capitali belle banche italiane.

Interesse moderato degli svizzeri per l’euro

L’impatto dell’euro in Svizzera risulta alquanto contenuto. Nonostante un utilizzo sempre più frequente nel turismo e nel commercio di frontiera, la nuova moneta europea rappresenterà soltanto il 3 percento del volume di denaro in circolazione nel paese.

E anche la popolazione non sembra rivolgere un interesse particolare all’euro. Per la maggior parte degli svizzeri, si tratta semplicemente di un modo di pagamento come un altro.

Passaggio indolore anche nei paesi confinanti

I francesi sono stati i primi ad abbandonare per sempre la loro moneta. Dal 18 gennaio, il franco è stato per sempre sostituito dall’euro. E il passaggio non ha causato soverchi problemi: chi con entusiasmo, chi con fatalismo, i francesi si sono presto adeguati alla nuova moneta. Un successo quindi, sia sul piano politico che su quello tecnico ed economico.

Più reticenti, invece, i tedeschi rimpiangono il loro marco. Quasi la metà dei cittadini della Bundesrepublik sarebbero pronti a mantenerlo anche dopo la scadenza definitiva del primo marzo. Un atteggiamento dovuto anche all’aumento dei prezzi dei beni di consumo.

Gli austriaci, dal canto loro, fanno prova di maggior entusiasmo, anche se la nuova moneta sembra causare qualche difficoltà supplementare ai giovanissimi e agli anziani.

Francesco Dirovio

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