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Come riconciliare i Balcani

La fondazione ha sede presso la prestigiosa Johns Hopkins University's School of Advanced International studies. www.sais-jhu.edu

È il tema della prima conferenza che ha segnatom martedì, l'entrata nella scena politica di Washington della Swiss Foundation for World Affairs (SFWA).

Un tema attuale e complesso che ha riscosso un indubbio interesse, quello scelto dalla SFWA, una fondazione svizzera semiprivata che vuole contribuire al dibattito politico internazionale e a migliorare l’immagine della Svizzera negli Stati Uniti.

Oltre 150 persone si sono ritrovate a discutere di ricostruzione economica, riconciliazione e democratizzazione nei locali della prestigiosa Johns Hopkins University’s School of Advanced International studies (SAIS), dove ha la sua sede la neonata fondazione elvetica.

Balcani, un tema sentito in Svizzera

Auguro a questa fondazione di diventare “una voce interessante nella giungla dei think tank di Washington”, ha sottolineato l’ambasciatore svizzero a Washington, Christian Blickenstorfen, aprendo i lavoro del simposio. “Come primo argomento abbiamo scelto quello dei Balcani perché è una regione a noi vicina, ma anche perché in Svizzera vivono molte persone originarie dei Balcani” ha spiegato il presidente della Fondazione, l’ex segretario di stato Edouard Brunner.


“Dopo i tragici eventi dell’11 di settembre ci siamo chiesti se non fosse il caso di rinviare questo incontro. Non lo abbiamo fatto perché vogliamo dimostrare, come stanno facendo gli americani, che non ci può essere interruzione” ha aggiunto, sottolineando l’importanza proprio in questo momento di contribuire a cercare soluzioni.

Debutto con personalità di spicco

Per questa prima conferenza, il direttore Peter Ziegler è riuscito a riunire esponenti di spicco del mondo politico, accademico e dell’informazione di Serbia, Kosovo e Bosnia-Erzegovina. “Non ci sono rapide soluzioni” ha messo subito in guardia il ministro serbo Nebojsa Covic. Quello in atto nei Balcani è un processo storico che richiede tempo, ha rilevato aprendo la lunga lista di oratori.

Tra gli svizzeri presenti segnaliamo Jean-Daniel Gerber, direttore dell’Ufficio federale dei rifugiati, che ha affrontato la problematica del rientro dei profughi. Per facilitare questo processo la Svizzera sta giocando un ruolo molto importante nella fase della ricostruzione. Nell’arco di sei anni il governo ha stanziato circa un miliardo di franchi.

Il politologo Wolf Linder dell’Università di Berna ha invece affrontato il tema della democratizzazione. Dopo il difficile e doloroso processo di divisione, i paesi balcanici hanno ora governi democraticamente eletti e si stanno dotando di nuove istituzioni, che devono essere in grado di rispondere ai bisogni di una società multietnica. La Svizzera sta contribuendo attivamente anche in questa fase. Sul tema della riconciliazione si sono alternati alla tribuna otto oratori. Tra di loro vi era anche il professore Kurt R. Spillmann, esperto zurighese di studi sulla sicurezza e la ricerca dei conflitti.

Un’occasione per farsi conoscere

“Con questa conferenza vogliamo mostrare agli americani come la Svizzera affronta i problemi attuali”, ci precisa Peter Ziegler. Ai lavori erano presenti tra l’altro esperti e funzionari del dipartimento di stato, ma anche specialisti americani di politica estera che operano in vari think tank di Washington. Un incontro come quello organizzato martedì permette ai numerosi partecipanti elvetici di stringere interessanti rapporti, insomma di conoscere e farsi conoscere.

Dopo aver rotto il ghiaccio con questo primo convegno, la fondazione elvetica già pensa al futuro. La prossima conferenza si terrà in primavera. Il tema è già stato scelto: “Missione impossibile? Aiuti umanitari in complessi conflitti interni”.

Anna Luisa Ferro Mäder

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