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Commercio mondiale: le ONG contro il governo

Graffiti anti-OMC a Seattle, nel 1999 Keystone

In vista del vertice dell’Organizzazione mondiale del commercio a Cancun, il governo svizzero milita a favore di un accordo internazionale sugli investimenti.

Al contrario, le ONG svizzere denunciano tale progetto, giudicandolo troppo favorevole alle multinazionali.

“I paesi industrializzati vogliono ampliare i diritti degli investitori stranieri per permetter loro d’operare il più liberamente possibile. Un progetto che mette seriamente in pericolo gli sforzi intrapresi per sviluppare l’economia locale di molti paesi in via di sviluppo”.

Ecco l’argomento centrale avanzato martedì a Berna dalle principali organizzazioni non governative svizzere (Dichiarazione di Berna, Unione sindacale svizzera, Comunità di lavoro Swissaid/Sacrificio quaresimale/Pane per i fratelli/Helvetas/Caritas, Pro Natura). Associazioni che cercano così di profilarsi alla vigilia della quinta conferenza ministeriale dell’OMC.

L’incontro, previsto per la metà settembre a Cancun, in Messico, riunirà i ministri del commercio e dell’economia dei 144 Stati membri dell’OMC, chiamati a fare il punto sui negoziati multilaterali sul commercio.

Le delegazioni governative tenteranno di rilanciare le discussioni attorno alla dichiarazione adottata dall’OMC a Doha nel novembre 2001.

La Svizzera, come l’UE, il Giappone ed il Canada, vorrebbe fissare le modalità di un negoziato sugli investimenti diretti stranieri. Un intento che non piace alle ONG elvetiche.

La posizione del governo

Secondo il capo dei negoziatori svizzeri all’OMC, in gioco c’è l’interesse stesso della nazione. “Il nostro paese è uno dei 10 più importanti investitori nel mondo”, rileva l’ambasciatore Luzius Wasescha.

“Tuttavia il nostro peso politico è limitato. Un accordo multilaterale costituisce quindi una protezione di fronte ad attori molto più potenti di noi”.

Marianne Hochuli, della Dichiarazione di Berna, ribatte che, così facendo, la Svizzera non rispetta gli impegni assunti a Doha. “Non tiene conto delle obiezioni poste dai paesi poveri”.

Luzius Wasescha rilancia. “La questione degli investimenti figura nella dichiarazione di Doha. In più, numerosi paesi in via di sviluppo si dicono a favore di un accordo in questo senso”.

“Le ONG svizzere non fanno che riprendere gli argomenti avanzati da paesi come l’India o la Malaysia. Stati che rifiutano quest’ambito dei negoziati unicamente per ragioni di politica interna”, aggiunge l’ambasciatore elvetico.

Il ruolo dell’ONU

“Invece di esigere un accordo a protezione degli investitori, la Svizzera dovrebbe impegnarsi per un regolamento internazionale, nel quadro dell’ONU, sulla responsabilità legale delle compagnie transnazionali”, sottolinea il comunicato delle ONG.

Un’opzione che il governo svizzero non rifiuta totalmente. “Esistono in effetti delle direttive elaborate dall’ONU e dall’OCSE sulla condotta delle società. Non è escluso che ci si possa riferire a tali direttive anche nell’ambito di un accordo sugli investimenti”, precisa Luzius Wasescha.

Ma, a suo stesso dire, la questione resta aperta. E molto controversa.

swissinfo, Frédéric Burnand, Ginevra
(traduzione: swissinfo, Marzio Pescia)

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