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Consolati italiani in Svizzera occupati per protesta

Gli italiani in Svizzera "sono stufi" del continuo peggioramento dei servizi consolari swissinfo.ch

I sette consolati italiani in Svizzera sono stati teatro mercoledì di una manifestazione pacifica. La prevista riorganizzazione della rete consolare sta suscitando molti malumori tra la comunità italiana.

“Gli italiani all’estero hanno gli stessi diritti dei cittadini che vivono in Italia”, “Agonia, morte lenta, qui giacciono i consolati”, “Sempre peggio coi servizi consolari, siamo stufi”: la prevista chiusura del consolato di Berna proprio non piace alla comunità italiana in Svizzera.

E mercoledì mattina una cinquantina di manifestanti lo ha fatto sapere, occupando pacificamente per circa un’ora la sede consolare nella capitale federale. Dimostrazioni di solidarietà si sono svolte pure negli altri sei consolati presenti sul territorio elvetico (Basilea, Ginevra, Losanna, Lugano, Zurigo e San Gallo) .

Le manifestazioni hanno coinvolto semplici cittadini, rappresentanti dei Comitati degli italiani all’estero (Comites) e di tutti i partiti. “Forse per la prima volta nella storia siamo tutti d’accordo”, osserva Davide Piscopo, rappresentante di Alleanza nazionale in Svizzera.

La riorganizzazione dovrebbe diventare effettiva il prossimo primo dicembre. I provvedimenti toccano pure il consolato di Madrid e quello di Chambery, in Francia.

Inquietudine

A Berna, il consolato sarà accorpato all’ambasciata. In pratica verrà soppressa la figura del console e saranno cancellati altri due posti di lavoro.

Il timore è che questo provvedimento si traduca in un ulteriore peggioramento dei servizi, “già da tempo assolutamente carenti”, come sottolineato dai membri del Consiglio generale degli italiani all’estero (CGIE) in Svizzera.

“L’annuncio della chiusura o del ridimensionamento di un consolato getta una grande inquietudine su una collettività come la nostra, rimasta molto attaccata ai servizi dello Stato italiano”, ci dice Guglielmo Grossi, ex sindacalista e membro del Consiglio comunale di Berna. “È chiaro che quando si parla di riduzione, si pensa subito a una diminuzione della spesa e quindi del servizio”.

Comunicazione inesistente

Un’inquietudine dettata anche dal fatto che sulla portata di questo provvedimento rimangono aperte molte incognite.

Nella lettera indirizzata mercoledì al presidente del Consiglio italiano Silvio Berlusconi, i Comites chiedono lumi su cosa si intende realmente per chiusura, su quale sarà il risparmio effettivo e si domandano se l’ambasciata, “il cui numero di addetti è da tempo in costante diminuzione”, potrà veramente occuparsi dei nuovi compiti.

La preoccupazione è condivisa anche dall’ambasciatore Giuseppe Deodato, che in una missiva al responsabile delle risorse umane del Ministero degli esteri si chiede come l’amministrazione voglia risolvere il problema della gestione quotidiana degli affari consolari e ricorda che nella circoscrizione gestita dal consolato di Berna vivono circa 51’000 cittadini italiani.

La decisione ha suscitato rabbia anche per questioni di forma: “Sono scandalizzato, poiché né questo governo né quello precedente hanno ritenuto opportuno consultarci”, sottolinea Dario Marioli, del Comites di Bienne. Neppure l’ambasciatore e il console italiano Nicandro Cascardi erano a conoscenza del progetto: “Sono venuto a saperlo tramite la stampa”, dichiara quest’ultimo.

Anna Rüdeberg-Pompei, consigliera del CGIE in Svizzera, non rimette in discussione la necessità di risparmiare e di riorganizzare la presenza consolare: “Chiediamo però che la ristrutturazione venga effettuata ascoltando le autorità e le rappresentanze istituzionali all’estero, cioè le persone competenti, quelle che si trovano sul posto”.

Per queste ragioni, al governo viene chiesto di procedere ad una moratoria delle decisioni prese.

Malessere più generalizzato

“Non domandiamo di avere un consolato in ogni angolo della Svizzera”, aggiunge Dario Marioli, “ma esigiamo un certo rispetto per le decine di migliaia di italiani che lavorano e che hanno lavorato in Svizzera e che con i miliardi che hanno rispedito a casa hanno contribuito alla ricostruzione del paese”.

La vicenda della progettata chiusura del consolato nasconde poi un malessere più generalizzato. I successivi tagli operati al Ministero degli esteri hanno avuto quale conseguenza anche la diminuzione dei sussidi versati per l’aiuto agli indigenti e per i corsi di lingua e di cultura italiana.

Questi tagli – scrivono i Comites – rischiano di “impedire agli italiani delle più giovani generazioni di avvicinarsi alla nostra cultura e alla nostra storia”.

“Se viene a mancare questo filo che unisce la cultura italiana con gli emigrati – osserva Anna Rüdeberg-Pompei – è la posizione stessa dell’Italia nel mondo che ne uscirà indebolita”.

swissinfo, Daniele Mariani

Il processo di razionalizzazione della rete all’estero del Ministero degli affari esteri (MAE) è previsto dalla legge finanziaria 2007, varata dal governo Prodi.

Con il decreto legge 93/08 (Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere d’acquisto delle famiglie) il ministro dell’economia e delle finanze Giulio Tremonti ha previsto importanti tagli al bilancio del MAE, allo scopo di reperire risorse per l’abolizione dell’Imposta comunale sugli immobili (ICI) sulla prima casa.

Nel 2008 le misure di risparmio ammontano a 32 milioni di euro e nel 2010 saliranno a quasi 100 milioni.

Questi tagli si ripercuoteranno appunto anche sulla rete consolare. I consolati generali di Berna e Madrid saranno soppressi e sostituti da cancellerie presso le rispettive ambasciate. Il consolato di Chambery, in Francia, sarà sostituito da uno “sportello permanente” che dipenderà dal consolato generale di Lione.

La chiusura del consolato di Berna è stato oggetto a fine giugno di un’interrogazione parlamentare di Franco Narducci, deputato del Partito democratico eletto nella circoscrizione Europa, che ha chiesto chiarimenti al governo.

Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri Vincenzo Scotti ha risposto che “la contrazione di risorse avverrà principalmente sui servizi di amministrazione e contabilità e non sui servizi allo sportello, e quindi sull’attenzione rivolta al cittadino”.

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