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La storia degli svizzeri che portarono la birra a Catania

La sede della Grande Birraria Svizzera su Via Etnea
La sede della Grande Birraria Svizzera su Via Etnea tvsvizzera

Nella città etnea ancora oggi si mantiene il ricordo della "Grande Birraria svizzera", un locale fondato nel 1890 da alcuni membri della diaspora elvetica in Sicilia. Fu grazie a quel locale che la birra - fino a quel momento assente dalla cultura alimentare della città - iniziò a diffondersi tra i catanesi.

Nel centro di Catania, in una piazzetta parallela a Via Etnea, sorge un palazzo – “Palazzotto Biscari alla Collegiata” – i cui ingressi al pianoterreno sono chiusi da tempo. Niente di strano, se non fosse che sulle tre porte sono stati posizionati pannelli di truciolato su cui sono stati apposti cartelli che riproducono le porte e l’insegna dell’attività commerciale che lì fu fondata nel 1890: la “Grande Birraria Svizzera”.

Fu in quella che oggi si chiama Piazzetta San Nicolella che alcuni delle svizzere e degli svizzeri dell’allora diaspora elvetica in Sicilia decisero di fondare la prima birreria della città, che nasce solo qualche decennio dopo l’apertura di un birrificio sempre ad opera di cittadine e cittadini svizzeri.

Chi fu il primo, vero fondatore del birrificio di Catania non è chiarissimo.  Alcune fonti parlano di un certo Signor “Channer”, di nazionalità elvetica. Altre dei “fratelli Tscharner”. “Quello che è certo è che negli anni Ottanta del XIX secolo la Birreria è gestita dagli svizzeri Giovanni Barandon e Giorgio Tscharner e funziona come un vero e proprio stabilimento industriale in cui vengono prodotti birra e gazzose, venduti sia all’ingrosso che al dettaglio e destinati soprattutto al mercato di esportazione”, racconta a tvsvizzera.it il professor Angelo Granata, docente di storia contemporanea all’Università di Catania e autore del saggio “Per una storia del capitale straniero in Sicilia: la comunità elvetica a Catania (1850-1930)”.

Lo storico Angelo Granata (Università di Catania)
Lo storico Angelo Granata (Università di Catania) tvsvizzera

“Insieme a Giacomo Sandmeyer, Edward Dilg e molti altri nomi illustri – spiega il professor Granata –  Barandon e Tscharner sono il perfetto esempio dell’imprenditorialità svizzera che si sviluppa in Sicilia, e soprattutto a Catania, fra Ottocento e primo Novecento. Entrambi sono coinvolti nell’industria alimentare, e in modo particolare nella produzione di bevande ed entrambi sono orientati al commercio di esportazione, oltre che a quello interno”.

Birra, questa sconosciuta!

Nei primi anni, l’attività della birreria svizzera è quasi esclusivamente legata alla produzione e non alla vendita al dettaglio. Perché all’epoca il consumo di birra non fa ancora parte delle abitudini alimentari diffuse della popolazione meridionale. La birra catanese prodotta dagli svizzeri “viene venduta soprattutto nel Nord Italia e nella Mitteleuropa. Gli affari vanno a gonfie vele, se consideriamo che i dati del 1886 danno Barandon e Tscharner come i soli produttori di birra del contesto locale”, spiega il professore.

Soltanto nel 1890, quando il locale gestito dagli svizzeri iniziò la vendita al dettaglio, la birra prodotta in loco iniziò ad essere venduta e apprezzata prima dalle svizzere e gli svizzeri che abitavano la città e poi dagli stessi catanesi.

Ma che ci facevano Barandon e Tscharner all’ombra dell’Etna? Sin dal tempo del Regno delle Due Sicilie, Catania e Napoli erano due centri di attrazione per migliaia di svizzeri e svizzere che decidevano di emigrare nel Sud Europa alla ricerca di un riscatto sociale ed economico. “E questo è in qualche modo un paradosso, se pensiamo che meno di un secolo più tardi i processi migratori si sarebbero letteralmente invertiti, con i siciliani determinati a espatriare e a trovare approdo in Svizzera per migliorare la loro condizione economica”, riflette il professor Granata che ha dedicato parte della sua ricerca all’analisi storica di questi flussi migratori.

Il professor Granta allesterno della vecchia sede della Birreria
Il professor Granta allesterno della vecchia sede della Birreria tvsvizzera

La diaspora elvetica in Sicilia

“I primi nuclei svizzeri approdarono a Catania e in Sicilia fra l’età napoleonica e la prima Restaurazione, per far fronte alla pesante crisi del settore tessile elvetico, una delle principali voci del bilancio nazionale. Proprio durante gli anni del Blocco continentale il commercio con la Sicilia acquista inedita rilevanza, ed è questo a richiamare sull’isola numerosi cittadini svizzeri”. Poi, nel corso degli anni, la comunità elvetica di Catania si consolidò e iniziarono a nascere in città anche i primi circoli svizzeri e qui fu fondata una delle scuole svizzere all’estero ancora oggi in attività.

“Nel 1819 – spiega il professor Granata – arriva a Messina Wilhelm Jaeger, nativo di Francoforte sul Meno; nel 1824 Carl Loeffler da Stoccarda; nel 1840 Peter Gonzenbach, che inaugura una casa di commercio dedicata all’export di prodotti isolani e all’import di articoli di cotone dalla Svizzera.

Per quanto riguarda Catania, uno dei fondatori della colonia svizzera è Edward Dilg, che a 31 anni – nel 1851 – lasciò il suo Paese e scelse la città etnea come sua seconda patria dedicandosi a imponenti attività mercantili. Egli divenne in breve uno dei più importanti imprenditori del contesto locale, intesse rapporti con le principali piazze commerciali d’Europa e addirittura nel 1870 divenne presidente della Camera di commercio, dopo esserne stato vicepresidente per quattro volte.

Catania, a cavallo dell’unificazione e soprattutto sul finire del XIX secolo, è una città in trasformazione, in espansione e in rapida crescita, e le abilità imprenditoriali degli svizzeri trovano dunque un contesto fertile per la creazione di attività e commerci. Pensiamo alle vicende di Huguenin e Ravoire, il primo dedito alla vendita di orologi e bigiotteria, il secondo un “competitor” dei nostri Barandon e Tscharner nella produzione di bevande.

Ma pensiamo anche a Cristiano Caflisch e Jacques Ritter, giunti a Catania negli anni Settanta e protagonisti di una strepitosa ascesa economica. Caflisch arriva a Catania come contabile di una ditta di import-export, e nell’arco di pochi anni fonda insieme al fratello una ditta di commercio all’ingrosso di porcellane e casalinghi, che importa tessuti dall’estero ed esporta prodotti alimentari, vino e zolfo. Ritter, invece, venne ingaggiato inizialmente a Messina, dalla ditta di import-export di proprietà di Sarauw, poi si sposta a Catania e anche in questo caso in breve tempo fonda una sua ditta, dedita alla commercializzazione di prodotti minerari e agricoli, di vini e frutta secca. Peraltro, è proprio lui a lanciare l’esportazione di pistacchi in scatola, che raggiungono in fretta i circuiti internazionali. In questo caso siamo in presenza della vera e propria creazione di un mercato internazionale, dato che fino a quel momento i pistacchi erano consumati quasi esclusivamente nel contesto locale. Ma all’attività mercantile Ritter affianca anche quella creditizia, dato che è titolare di un banco che porta il suo stesso nome”.

Tra gli svizzeri e le svizzere che – per un motivo o per un altro – decisero di abbandonare le Alpi per trasferirsi sull’isola sicula ci furono anche i fondatori della “birraria”. Su questi personaggi si hanno meno informazioni rispetto ad altri membri della comunità svizzera in Sicilia perché le ricerche accademiche si sono concentrate sulle attività imprenditoriali più rilevanti. Ma attraverso alcune fonti è possibile ricostruire una parte della storia della Grande Birreria Svizzera.

Ascesa e declino della “birraria”

A fine secolo la proprietà passò al solo Tscharner e gli affari dovettero andare davvero bene sotto la sua gestione perché poco dopo, il 29 maggio del 1915, la sede fu spostata a Palazzo Tezzano, al civico 141 della centralissima via Etnea. Insomma, nel centro nevralgico della città dove sorgevano negozi, caffè e anche un cinematografo. “Questi sono gli anni della Belle Époque, del resto. In cui Catania è definita la ‘Milano del Sud’ per le sue attività mercantili e industriali, per la sua vita culturale molto attiva, per il suo vero e proprio fervore.

E la Birreria asseconda questo take-off: è il ritrovo delle classi agiate della città, e i suoi locali sono ristrutturati seguendo i dettami del liberty, per mano dell’architetto Paolo Lanzerotti”, spiega Granata. Che poi aggiunge: “Alcuni testi del periodo, e in particolare la Guida letteraria e scientifica di Catania (1894) e il volume turistico Catania e sue vicinanze (1899), ne parlano come un vero e proprio caffè, punto di ritrovo per le classi medio-alte della città”.

In quegli anni il brand “svizzero” a Catania andava forte. Tanto che nella sola via Etnea erano presenti due grandi attività commerciali che riportavano nel nome la propria “svizzerità”: da una parte la “Grande Birraria” di Tscharner, dall’altra la “Pasticceria Svizzera” dei Caviezel.

La prima sede della Grande Birraria Svizzera a Piazzetta San Nicolella.
La prima sede della Grande Birraria Svizzera a Piazzetta San Nicolella. tvsvizzera

“Alessandro Caviezel e Ulrico Greuter sono due giovani svizzeri del cantone dei Grigioni che all’inizio del Novecento arrivano a Palermo e nel 1914 si trasferiscono insieme a Catania, dove, grazie ai finanziamenti della ditta dei Fratelli Caflisch, fondano la Pasticceria Svizzera”.

“I primi anni sono molto difficili, per via degli effetti della Grande guerra, ma i due soci resistono grazie al ruolo del locale come punto di riferimento per la comunità elvetica e grazie a una intensa attività di espansione della produzione, centrata sulla pasticceria classica svizzero-tedesco-austriaca (con il richiamo di maestri pasticcieri da questi Paesi)”, racconta il professore.

Ma nella via Etnea di oggi non c’è traccia né della Birreria né della Pasticceria. Anche la seconda sede della Birreria Svizzera (come la prima di Piazzetta San Nicolella) oggi è chiusa e coperta da pannelli di compensato. Ma qui non ci sono cartelli che ricordano la presenza della Birreria ma solo locandine di eventi.

Cosa accadde, dunque, al locale di Tscharner? Nel 1922 fu ceduto agli imprenditori catanesi Giuseppe Rizzo, Angelo Timarco e Giuseppe Lorenti, rispettivamente incaricati di gestire bar e sala da biliardo; pasticceria-gelateria; e ristorante. Pochi anni dopo, nel 1930, la gestione passa al solo Lorenti e il locale viene ribattezzato “Gran Caffè Lorenti”. Un locale che, infine, chiuderà i battenti nel 1948.

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