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Democrazia anche nei media

Oltre che per la democrazia nei media, a Porto Alegre si è maniefstato contro la discriminazione delle donne Keystone

Al Forum di Porto Alegre criticati i monopoli mediatici e chiesta una maggior democrazia nel mondo della comunicazione.

“Oggigiorno l’informazione è una merce e per poter venderla bisogna che sia corta, patetica e divertente”, osserva Ignacio Ramonet, direttore de Le Monde diplomatique, un giornale particolarmente apprezzato dagli avversari della globalizzazione selvaggia. Ramonet è un convinto sostenitore del Forum sociale mondiale (FSM) di Porto Alegre, dove domenica è stato affrontato l’importante tema della democratizzazione dei media e della comunicazione.

La “proletarizzazione” della notizia

L’informazione, quindi, è una “merce” che paradossalmente – sostiene Ramonet – tende ad essere sempre più “gratuita” per chi la riceve. Lo scopo, infatti, è di raggiungere il maggior numero di persone… e ottenere così sempre più incassi dalle agenzie pubblicitarie. L’obiettivo ultimo diventa così il guadagno, non la qualità della notizia. Ma ciò significa che l’informazione in quanto tale viene acquistata a un prezzo sempre più basso. “Si arriva così alla proletarizzazione e allo sfruttamento massiccio dei giornalisti”, afferma Ramonet.

Per un’ecologia nel mondo dell’informazione

“Pari alla salvaguardia dell’ambiente, anche nel campo della comunicazione bisogna fare un lavoro di decontaminazione”, osserva il direttore de Le Monde Diplomatique. In primo luogo è necessario poter proteggersi da notizie false che non di rado invadono i media. “Ma come sapere se un’informazione è vera o falsa?”, si chiede Ramonet. La notizia che in Afghanistan ci fossero anche degli estremisti ceceni era falsa, ma una volta diffusa dalla TV, dalla radio e dalla stampa, è subito diventata “vera”. Internet, che facilita la diffusione delle “contro-informazioni”, può svolgere un ruolo importante per smascherare le notizie false, ma può anche rivelarsi un’arma a doppio taglio.

Combattere i monopoli e la censura

Ma è soprattutto la creazione di monopoli a preoccupare Jeff Cohen, fondatore di FAIR (Fairness & Accuracy in Reporting), una ONG americana che da 15 anni è impegnata a favore dei media indipendenti e di un equilibrio nel mondo dell’informazione. “Per avere l’accesso all’informazione diversificata non conta il numero dei programmi radiotelevisivi, ma quello delle società che li controllano”, osserva Cohen. La società Clear Channel detiene 1170 emittenti radio e 19 TV. In seguito agli attentati dell’11 settembre e la “guerra contro il terrorismo”, Clear Channel ha fornito a tutte le sue emittenti delle indicazioni molto precise riguardo al tipo di notizia che bisognava censurare. Nella lista sono finite anche alcune canzoni fra cui il celebre brano pacifista “Imagine” di John Lennon. Anche il più noto intellettuale anticonformista americano Noam Chomsky – presente a Porto Alegre – è spesso censurato nei media USA.

Appoggiare i media indipendenti

Secondo Cohen vi sono diversi modi per combattere monopoli mediatici e per dare spazio a voci critiche e non conformiste. Fra questi vi è l’appoggio ai media indipendenti attraverso il prelevamento di un’apposita tassa e il sostegno delle emittenti pubbliche. Un sistema di questo genere è già stato sperimentato con successo nello Stato di Vermont, USA.

Nenad Stojanovic, Porto Alegre

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