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Doris Leuthard: il governo perde il suo volto più raggiante

Doris Leuthard
Doris Leuthard non ha quasi mai perso il suo buon umore in governo, neppure di fronte ai dossier più spinosi. © KEYSTONE / PETER KLAUNZER

La consigliera federale ha annunciato le sue dimissioni dopo 12 anni di presenza in governo. Doris Leuthard resterà nella mente come una ministra competente e gioviale, ma soprattutto come la madre della Strategia energetica 2050, la più vasta riforma adottata da diversi anni dal popolo svizzero. 

«Già in marzo ho letto (sulla stampa, ndr.) che mi dimetto. Adesso lo leggo di nuovo questa settimana. Non è il caso. Ma potete continuare a speculare”, aveva dichiarato l’11 giugno scorso Doris Leuthard, con il suo abituale sorriso, rivolgendosi ai giornalisti presenti a una conferenza stampa. Le speculazioni sono ora finite. 

A 55 anni, la consigliera federale pone così fine ad una carriera politica alquanto eccezionale, già solo per la rapidità con cui ha bruciato le tappe all’interno del suo partito, come pure sulla scena cantonale e federale. Con lei se ne va non solo uno dei volti più simpatici e popolari del mondo politico svizzero, ma anche uno dei pochi membri dell’esecutivo che hanno lasciato una chiara impronta in Consiglio federale, dove le personalità tendono a livellarsi nella tradizionale ricerca di un ampio consenso e nel rispetto delle decisioni adottate dalla maggioranza. 

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Una “formula magica” per distribuire i seggi in governo

Questo contenuto è stato pubblicato al La ripartizione dei seggi del governo svizzero ha rispecchiato fino a pochi anni fa una grande volontà di consenso tra i maggiori partiti svizzeri. Le poltrone governative venivano suddivise in base alle rispettive forze in parlamento. La cosiddetta “formula magica” è stata però più volte rimessa in discussione in questi ultimi tempi.

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Carriera folgorante 

Originaria di Merenschwand (Canton Argovia), Doris Leuthard non è approdata prestissimo in politica. Dopo studi di giurisprudenza all’Università di Zurigo, lavora dapprima in uno studio legale, a cui è associata. Nel 1997, a 34 anni, comincia a muovere i suoi primi passi nel mondo politico, entrando nel parlamento cantonale argoviese, quale rappresentante del Partito popolare democratico (PPD). Appena due anni dopo spicca il balzo verso la politica nazionale: viene eletta alla Camera del popolo, ottenendo il miglior risultato di tutti i candidati argoviesi. 

La giovane donna politica si fa notare per il suo spirito di comunicazione moderno e efficace: durante la campagna distribuisce 20’000 flaconcini bagnodoccia con la scritta “Argovia rinfrescante”. Doris Leuthard apporta effettivamente un vento fresco nel vecchio PPD: il partito storico, in continuo declino elettorale, è alla ricerca di volti nuovi in grado di sedurre giovani elettori e di frenare l’emorragia di suffragi. Nel 2001, la rappresentante argoviese viene nominata alla vicepresidenza. 

La crisi del PPD si allarga ulteriormente nel 2003: per la prima volta da quasi un secolo, il partito perde uno dei suoi due seggi in governo. Dopo 4 presidenti nel giro di una decina d’anni, che non hanno potuto riportare lo schieramento sulla via del successo, i delegati del PPD affidano la presidenza a Doris Leuthard. L’“effetto Doris”, come viene chiamato, si fa rapidamente sentire. Il PPD riprende quota in alcuni cantoni e aumenta leggermente la sua percentuale di voti anche alle elezioni federali del 2007, dopo una caduta libera durata quasi 30 anni. 

Ministra popolare 

Ma, nel frattempo, la donna politica argoviese ha già compiuto un altro balzo nella sua carriera. Nel 2006, quando Joseph Deiss rassegna le dimissioni, agli occhi della dirigenza del partito vi è solo una persona destinata ad occupare la poltrona rimanente del PPD in governo. Doris Leuthard entra così in Consiglio federale a 43 anni, quasi una ventina in meno rispetto all’età media tradizionale dei membri in carica dell’esecutivo. 

Assieme al nuovo presidente del partito, Christophe Darbellay, la ministra incarna la volontà di rinnovamento del PPD, che si vuole più aperto e moderno, per conquistare nuovi consensi nei centri urbani, e nel contempo sempre attaccato ai valori tradizionali, per salvaguardare la sua base conservatrice nelle regioni di campagna. E Doris Leuthard si destreggia abilmente in questa visione politica dagli indirizzi opposti. 

Capace di esprimersi in tre lingue nazionali, e soprattutto con un tono cordiale e naturale, la consigliera federale si fa apprezzare in ogni regione del paese e si piazza spesso in testa nei sondaggi sul grado di popolarità dei membri del governo. Una popolarità che contribuisce al suo straordinario bilancio nelle votazioni federali: Doris Leuthard sostiene per ben 17 volte la posizione del governo dinnanzi al popolo, uscendo sconfitta solo in 2 occasioni. 

Anche da parte del parlamento si guadagna molte stime per la sua competenza, ma anche per sua giovialità che le permette di sdrammatizzare molti scontri politici e di affrontare con buon umore anche i temi più singolari. Come in questa risposta ad una domanda di un parlamentare sul contributo della Confederazione alle prove di equitazione Gymkhana. 

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Promotrice della svolta energetica 

Responsabile dell’economia dal 2006 al 2010, Doris Leuthard difende in modo piuttosto lineare la politica liberale delle forze borghesi di centro e destra, senza imprimere grandi accenti e senza farsi molti amici tra la sinistra e i sindacati, che rivendicano rapidi piani di rilancio congiunturale dopo lo scoppio della crisi economica internazionale del 2008. 

Lascia invece una traccia profonda negli anni seguenti alla guida del Dipartimento federale dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni (Datec). Nel 2011, dopo la catastrofe nucleare di Fukushima, assume il difficile ruolo di promotrice della nuova Strategia energetica 2050, la più vasta riforma adottata in Svizzera da diversi anni, che sancisce la fine dell’era atomica e l’avvio di una nuova politica energetica basata sulla riduzione sostanziale dei consumi e delle emissioni di CO2, lo sviluppo di fonti rinnovabili e il rinnovo delle reti elettriche. 

“Questa decisione non è stata facile per me, tenendo conto della mia origine e del mio contesto”, ammette dinnanzi alla stampa. Doris Leuthard proviene dal Canton Argovia, il più pronucleare in Svizzera: vi si trovano tre dei cinque impianti atomici, oltre che il solo deposito di scorie radioattive e il più grande centro di ricerche nucleari del paese. La stessa ministra figurava, prima di entrare in governo, nel consiglio di amministrazione di una società elettrica attiva nella produzione di energia nucleare. 

Grande vuoto per il PPD

Madre della nuova Strategia energetica, è anche la madrina di diversi eventi politici che hanno contrassegnato la sua gestione del Datec, come la partecipazione della Svizzera al Trattato di Parigi sul clima, l’accordo sul traffico aereo con la Germania, le riforme del finanziamento dei trasporti stradali e ferroviari, l’approvazione da parte del popolo di una seconda galleria autostradale sotto il San Gottardo e della nuova legge sulla pianificazione del territorio o il rifiuto dell’iniziativa “No Billag”, che avrebbe indebolito il servizio pubblico radiotelevisivo.  

Senza dimenticare l’evento che ha forse attirato in questi anni il più grande interesse internazionale, mettendo in rilievo le capacità tecnologiche e innovative della Svizzera: l’apertura il 1° giugno del 2016 della galleria ferroviaria più lunga del mondo, sotto il San Gottardo. Una giornata in cui la ministra dei trasporti non può nascondere le sue emozioni, in un’intervista a swissinfo.ch. 

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Alla consigliera federale dimissionaria non vengono attribuiti molti insuccessi. Tra questi, la bocciatura da parte del popolo dell’aumento di prezzo del contrassegno autostradale, l’approvazione alle urne dell’iniziativa sulle case secondarie e, più recentemente, lo scandalo sulle manipolazioni contabili di Autopostale, che hanno portato ad una raffica di dimissioni, a cominciare da quella dell’amministratrice delegata della Posta, Susanne Ruoff. 

Con la partenza di Doris Leuthard, non è solo il governo a perdere uno dei suoi membri più apprezzati, ma sarà ancora di più il PPD a dover fare a meno della sua figura più popolare. La ministra argoviese lascia un grande vuoto in questo partito, che rimane alla ricerca di un nuovo profilo politico e che ha proseguito anche nell’ultimo decennio la sua discesa elettorale. Senza una nuova personalità carismatica, il PPD rischia di sprofondare al di sotto del 10% alle elezioni federali dell’ottobre 2019.

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