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Donne: l’appello di Micheline Calmy-Rey

Micheline Calmy-Rey a Ginevra per la giornata internazionale della donna Keystone

In occasione della giornata internazionale della donna, la presidente della Confederazione ha presentato il piano nazionale volto a mettere in atto la risoluzione Onu «Donne, pace e sicurezza».

La conciliabilità tra lavoro e famiglia è stato il tema discusso dalla camera bassa del parlamento che si è pronunciata in favore di un congedo paternità.

Dopo aver inaugurato a Ginevra il 77esimo salone dell’automobile, con un discorso in cui ha tessuto le lodi dell’auto «complice della donna» perché «l’aiuta a gestire una doppia o tripla giornata», la presidente ha annunciato un piano d’azione nazionale intitolato «Donne, pace e sicurezza».

Con questo piano, la Svizzera s’impegna ad attuare la risoluzione 1325 del Consiglio di sicurezza dell’Onu.

Adottata nel 2000, la risoluzione è volta ad accrescere il ruolo e il contributo delle donne nelle operazioni di pace e a prevenire gli atti di violenza sessista nei conflitti armati.

Il piano contiene un catalogo di misure che saranno applicate entro il 2009 dai servizi federali impegnati in operazioni di pace. Berna aumenterà la proporzione femminile tra i 500 militari attivi nella promozione della pace e la porterà al 40% nel pool svizzero di esperti.

Saranno inoltre chiamate delle giuriste a lavorare negli organismi internazionali, in particolare per indagare sugli abusi sessuali.

La parità passa anche per i lavori domestici

Nella giornata della donna, la presidente della Confederazione ha tenuto anche un discorso trasmesso alla radio e alla televisione. «Siamo ancora lontani dalla piena uguaglianza» fra i sessi garantita dalla Costituzione federale, ha detto Micheline Calmy-Rey.

Puntando il dito contro le discriminazioni salariali e la scarsa presenza femminile nei posti che contano, la presidente della Confederazione ha auspicato l’eliminazione di tutti gli ostacoli che «impediscono alle donne di contribuire alla crescita del nostro paese».

La consigliera federale ha lanciato poi un «appello a tutti i partner» delle donne attive professionalmente, affinché aiutino nei lavori domestici. E se pensano di fare già abbastanza, provino a discuterne con le loro compagne: «Forse la pensano in modo diverso».

Partecipare – con i papà – invece di lamentarsi

A Berna, dove il Consiglio nazionale ha tenuto un dibattito speciale dedicato alla discriminazione delle donne, quattro giovani rappresentanti dei partiti di governo hanno invitato il mondo femminile a smetterla di lamentarsi e a partecipare attivamente alla vita politica.

«Non basta puntare l’indice contro gli uomini e aspettare che cambino le cose. Le donne devono mobilitarsi», ha affermato la socialista Ursula Wyss: solo un impegno femminile attivo permetterà di meglio conciliare attività professionale e vita famigliare e di porre fine a un sistema fiscale che discrimina le coppie dove entrambi i partner lavorano.

Affinché la condizione della donna migliori e si affermino nuovi modelli famigliari è necessario evitare anche le discriminazioni in senso inverso che colpiscono gli uomini decisi a dedicare più tempo alla famiglia. In questo senso, giovedì il Consiglio nazionale ha preso una decisione significativa approvando – seppur di misura (78 sì, 74 no) – la proposta di congedo paternità avanzata dal socialista Roger Nordmann.

Il progetto prevede un congedo della durata di qualche settimana. Analogamente a quanto succede per il congedo maternità, durante questo periodo i neopapà dovrebbero ricevere delle indennità di perdita di guadagno. Attualmente la concessione di un congedo paternità dipende dalla buona volontà dei datori di lavoro. I congedi pagati non durano in genere più di tre o quattro giorni.

La proposta di Nordmann dovrà ora essere discussa anche dal Consiglio degli Stati, l’altra camera del parlamento elvetico.

swissinfo e agenzie

La presenza femminile nel parlamento svizzero si aggira intorno al 25%; con questa percentuale alla fine del 2006, la Confederazione si piazzava al 31esimo posto su 190 paesi.

Meglio fanno i paesi scandinavi, dove le donne occupano il 41% circa dei seggi parlamentari. In cima alla classifica c’è il Ruanda, dove grazie ad un sistema di quote le donne raggiungono il 48,8%.

In Svizzera le donne hanno guadagnato terreno soprattutto nel campo della formazione. Il 57% dei diplomi di maturità distribuiti nel 2005 è andato a donne (nel 1980 erano il 42,5%).

Tuttavia, le donne sono più numerose degli uomini anche tra chi non ha una formazione post obbligatoria (donne 23%, uomini 13%).

In Svizzera, il 75% degli uomini con più di 15 anni esercita un’attività lucrativa. Le donne sono solo il 60%. Tra queste il 57% lavora a tempo parziale (uomini 12%).

Nel 2004, nel settore privato, il salario lordo mensile era in media di 4’735 franchi per una donna e di 5’910 franchi per un uomo.

Otto donne su dieci tra quelle che vivono con un compagno e che hanno dei figli si definiscono casalinghe.

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