Dove va il management svizzero?
Dopo la débacle di Swissair, azionisti e salariati non esitano più a mettere i capi d'impresa sul banco degli imputati. Specialmente il 1. maggio.
Critiche di cattiva gestione, rimproveri sul cumulo di mandati, incitazioni a svelare i salari dei quadri. Da qualche mese, il padronato elvetico attraversa una fase di forti turbolenze.
Il fallimento di Swissair è stato il detonatore che ha favorito la messa a fuoco dei problemi della gestione d’imprese in Svizzera e delle relazioni tra responsabili, azionisti e salariati.
Dopo 70 anni di storia, la compagnia aerea intercontinentale si è sfasciata come una qualsiasi banale azienda locale. Un disastro per l’immagine del paese e per la reputazione dei suoi dirigenti.
Tonfo di credibilità
Il crash della compagnia nazionale si è rivelato solo la punta dell’iceberg del problema svizzero. Tensioni sono apparse un po’ ovunque. Banche, turismo, commercio, nessun settore è scampato alla resa dei conti.
Come risultato, le riflessioni critiche sulle capacità degli organi dirigenti delle società e sui loro salari si sono moltiplicate. Addirittura Economiesuisse, la conservatrice organizzazione padronale, ha ammesso che il funzionamento di molte aziende andrebbe rivisto.
Un’analisi confermata dal rapporto 2002 sulla competitività nel mondo, pubblicato lunedì dall’istituto losannese IMD (Institute for Management Development). In un anno, la Svizzera è sprofondata dal 17esimo al 31esimo posto in classifica per ciò che concerne la credibilità dei consigli d’amministrazione e dei manager.
“I successi del passato raggiunti dalle aziende svizzere hanno fatto credere a molti d’aver trovato soluzioni che li mettessero al riparo da difficoltà che si verificavano invece all’estero. I dirigenti si sono addormentati sugli allori”, riassume Raphaël Cohen, docente di economia aziendale all’Università di Ginevra.
Infranto un tabù
“Spesso si constata inoltre un’assenza di coordinazione tra il mercato nel quale è attiva la società ed il suo consiglio d’amministrazione, che tende a ragionare in maniera troppo svizzera” aggiunge il sociologo Pierre Weiss.
Di fronte alla pressione degli azionisti e del mondo politico, numerosi capi d’impresa hanno infranto un tabù e svelato i loro onorari. Una situazione impensabile solo un anno fa. La pressione degli investitori ha anche forzato, ad esempio, Rolf Hüppi ad abbandonare le sue funzioni alla testa di Zurich Financial Services.
Gli economisti considerano spesso le crisi come opportunità per rilanciarsi. Resta tuttavia da chiarire se l’attuale scompiglio incrinerà definitivamente un sistema di management svizzero che predilige la ricerca del consenso, la prudenza di fronte ad ogni cambiamento, le amicizie, il pragmatismo e un marcato gusto per l’indipendenza.
Regolarmente si alzano delle voci per riformare il modello elvetico e le sue strutture economiche. Tra il 1991 e il 1997, mentre il paese annaspava nella peggior crisi economica dagli anni ’30, già si discuteva sulla necessità di un cambiamento radicale. Invano.
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