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Ebner: un simbolo in ginocchio

Nemmeno il farfallino basta più: le visioni sono state vendute... Keystone

Di fronte a perdite miliardarie sui mercati finanziari, Martin Ebner, il finanziere d'assalto svizzero per eccellenza, vende le sue "visioni" alla banca cantonale zurighese.

Il giorno precedente la festa nazionale elvetica, Martin Ebner è costretto a disfarsi delle sue quattro società di partecipazione, pomposamente denominate “visioni”. E l’acquirente in questione è la banca cantonale di Zurigo, un istituto a garanzia statale.

Una transazione fortemente simbolica, visto che coinvolge uno dei grandi fautori della liberalizzazione del mondo della finanza, colui che nel corso degli anni è assurto a modello dell’azionariato selvaggio.

Il “cacciatore”

Ebner, che ha fondato la sua banca BZ nel 1985, gode da anni di un’ampia attenzione da parte dei media svizzeri ed anche internazionali. Ormai da tempo, nei panni di un attivo “cacciatore”, scuote il principio di concordanza che vigeva nei consigli d’amministrazione di molte aziende svizzere.

Il suo metodo? Acquisire partecipazioni strategiche nelle società che gli interessano, per poi pretendere un seggio negli organi direttivi delle stesse facendo leva sul suo importante pacchetto azionario.

La bella coppia

Se si parla di Martin Ebner, non si può non pensare a Christoph Blocher. Oltre a conoscersi personalmente, le due personalità condividono pure le stesse posizioni politiche. In effetti, il finanziere svittese agisce sui mercati mettendo in pratica la linea difesa dall’Unione democratica di centro (UDC) e dal suo timoniere Blocher in Parlamento: meno Stato, deregulation e liberismo sfrenato.

Spesso e volentieri, i piccoli investitori nei fondi gestiti dal gruppo BZ sono anche i più accaniti sostenitori dell’UDC. Ora l’impero finanziario costruito dai due milionari sembra tuttavia trovarsi in difficoltà.

Strategia di corto termine

“Martin Ebner è un simbolo di quell’idea secondo la quale si potrebbe guadagnare molto denaro senza lavorare”, sottolinea Thomas Von Ungern, professore d’economia all’università di Losanna.

“A corto termine egli ha sicuramente fatto degli ottimi affari. Le difficoltà attuali dimostrano però che, a lunga scadenza, nessuno può vivere unicamente di investimenti in capitali e di partecipazioni aziendali”, conclude il professore losannese.

E adesso? Cosa succederà al gruppo BZ e, soprattutto, alle migliaia di persone che vi hanno investito del denaro? “Il peggio sembra essere passato”, valuta Lorenz Burkhalter, gestore patrimoniale indipendente. “La cessione di buona parte delle partecipazioni potrebbe rivelarsi sufficiente a risollevare il gruppo ed i suoi fondi d’investimento”.

Implicazioni politiche

“Martin Ebner è vittima di un sistema che lui stesso ha contribuito a creare. Si tratta di una triste conferma di ciò che sosteniamo da tempo: viene data troppa importanza ai capitali finanziari senza preoccuparsi adeguatamente dei bisogni dell’economia reale”, sostiene Jean-Philippe Jeannerat, portavoce del partito socialista (PS). “Ci vuole un maggiore controllo, una legislazione più restrittiva: nell’interesse di uno sviluppo economico durevole e dei piccoli azionisti”.

A differenza del rappresentante del PS, Gregor Rutz, segretario generale dell’UDC, non ritiene tuttavia che l’affare Ebner sia un esempio del fallimento della politica del “meno Stato”. “Al contrario. Lo Stato interviene sempre troppo”, rileva Rutz. “E in ogni caso questa è una storia che non concerne i partiti politici: in effetti Ebner non ha mai fatto politica. Si tratta di una questione meramente privata”.

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