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Errori medici: 60 volte la settimana sono fatali

Ammettere gli errori ed imparare da essi: un consiglio seguito da un numero insufficiente di medici swissinfo C Helmle

Il recente decesso di una paziente a Zurigo rilancia il dibattito sugli errori medici. Sarebbero all’origine di migliaia di morti l’anno.

La Svizzera lotta contro questa piaga. Ma c’è chi continua a crogiolarsi nel mito del medico onnipotente.

«Perché dovremmo essere meglio degli americani?» Daniel Scheiddeger, direttore del reparto di anestesia dell’Ospedale cantonale di Basilea, giustifica così la cifra di 2000-3000 errori medici fatali che si verificherebbero ogni anno in Svizzera.

Il riferimento all’America non è casuale. La cifra, infatti, è il frutto di un’estrapolazione basata su delle statistiche americane. L’aveva pubblicata nel 2000 l’Ufficio federale delle assicurazioni sociali (UFAS) per suonare il campanello d’allarme.

Tra i 2000 e i 3000 errori fatali: un numero esorbitante, anche se messo in relazione con il milione e 390’000 casi trattati nel corso del 2000 dai 372 ospedali svizzeri che rientrano nelle statistiche ufficiali.

Certo, non tutti gli errori medici vengono mediatizzati, come invece è successo per il caso della paziente zurighese morta in seguito al trapianto di un cuore con un gruppo sanguigno diverso dal suo.

Una task force

In seguito alla pubblicazione dell’UFAS, la Confederazione aveva creato una task force composta da esperti svizzeri e stranieri.

Le raccomandazioni del gruppo di esperti erano sfociate, in dicembre del 2003, nella creazione della «Fondazione per la sicurezza dei pazienti» volta a coordinare gli sforzi di miglioramento in questo settore.

In un comunicato diffuso martedì, la Fondazione parla di una quota del 3-16% di persone ospedalizzate vittime di avvenimenti “indesiderabili”. Il 30 – 50% di questi errori sarebbe evitabile.

Cambiamento di mentalità

La tragedia di Rosmarie Voser, la paziente deceduta il 23 aprile a Zurigo, avrà avuto il merito di aver riacceso la discussione sulla necessità di un cambiamento di mentalità nei confronti degli errori medici.

«È necessaria una rivoluzione culturale», afferma l’anestesista basilese Daniel Scheidegger. «Ma il fatto che gli zurighesi abbiano invitato me, un concorrente basilese, alla loro conferenza stampa è il segno che la mentalità sta cambiando».

In effetti, Scheidegger è stato invitato martedì alla conferenza stampa indetta dall’Ospedale universitario di Zurigo e dedicata all’errore che è costato la vita a Rosmarie Voser.

A colloquio con swissinfo, il medico basilese mette in guardia dalla tentazione di voler individuare un colpevole: «La ricerca di un colpevole è pericolosa e problematica. Un errore, per quanto tragico, è quasi sempre la conseguenza di una catena di avvenimenti».

Una collaborazione con la Nasa

L’Ospedale universitario di Zurigo è giunto alla conclusione che il fatale errore sia stato generato da un problema di comunicazione orale. Un dato che non stupisce Scheidegger.

«L’85% degli incidenti che accadono in ambito medico sono dovuti a problemi di comunicazione. È inevitabile in un settore dove il lavoro umano non può essere sostituito dai computer».

Scheidegger – un pioniere in Svizzera – cerca di trovare delle soluzione da più di 10 anni. Nel 1992 ha messo a punto, in collaborazione con la Nasa, l’agenzia spaziale statunitense, un simulatore di sala operatoria in scala 1:1.

Due anni più tardi, la sua équipe ha lanciato il primo programma informatico svizzero destinato a registrare gli annunci d’errori e d’incidenti. Si tratta del “CIRSmedical” (critical incident reporting system, ovvero sistema d’annuncio volontario degli incidenti medici).

Il CIRSmedical è stato adottato nel 2002 dalla FMH, la Federazione dei medici svizzeri, e dall’Associazione svizzera delle infermiere e degli infermieri. Anche la Germania ha deciso di avvalersi del CIRS.

Nel reparto d’anestesia dell’Ospedale cantonale di Basilea, dove lavora Scheidegger, vengono annunciati cinque incidenti la settimana. «Se si scendesse a due casi mi preoccuperei», afferma l’anestesista. «Un tale sistema ha come conseguenza quella di sensibilizzare gli utilizzatori e quindi di fare aumentare il numero di casi annunciati».

Pochi ospedali attrezzati

In Svizzera, il CIRS non è ancora stato generalizzato. Sono pochi i medici che lo utilizzano. «È stato istallato da una trentina di ospedali, tra cui quello universitario di Zurigo. Tuttavia il fatto di averlo non vuole ancora dire utilizzarlo», spiega Scheidegger.

Il mito del medico onnipotente è difficile da estirpare, tanto tra la categoria in causa quanto tra i pazienti. Daniel Scheidegger deplora che il corso organizzato in collaborazione con Swiss per formare i medici al lavoro di squadra in situazioni di stress sia poco frequentato.

«Per molti medici, che hanno alle spalle anni di studio in cui bisognava essere meglio degli altri, non è facile accettare di mostrare le proprie lacune nel lavoro di squadra», spiega l’anestesista.

Competitività nociva

In questi corsi, i partecipanti sono confrontati a delle situazioni concrete. «Vi do un esempio utilizzato nel campo dell’aviazione: nel corso di un esercitazione, dei futuri piloti sono stati incaricati di evacuare i passeggeri dall’aereo in meno di quattro minuti, cosa che hanno fatto senza problemi».

«In seguito l’esercizio è stato ripetuto, ma con la promessa di un premio al più rapido. Dopo un quarto d’ora l’aereo non era ancora vuoto e dei “passeggeri” avevano le braccia rotte! Ecco, il punto è proprio questo: bisogna sbarazzarsi dello spirito di competizione quando si lavora in gruppo e sotto stress».

swissinfo, Ariane Gigon Bormann, Zurigo
(traduzione dal francese: Doris Lucini)

2000 – 3000: il numero di errori medici fatali commessi ogni anno in Svizzera (stima dell’UFAS)
1,39 milioni: il numero delle ospedalizzazioni nel 2000

Solo in rari casi le vittime di errori medici riescono ad ottenere un indennizzo. Nel 2002, la Federazione dei medici svizzeri aveva proposto di creare un fondo per questi pazienti, ma l’idea è subito stata affossata per l’impossibilità di trovare dei finanziamenti.

Il fondo avrebbe dovuto essere dotato di 40 milioni l’anno. Una tale iniziativa, realizzata ad esempio in alcuni paesi scandinavi, potrebbe essere utile alle famiglie in difficoltà per la perdita di un caro.

D’altro canto, gli esperti mettono in guardia dal rischio di abusi. La medicina non è infallibile e non può garantire la sopravvivenza.

Un fondo del genere rischierebbe di essere sommerso da domande d’indennizzo da parte di persone incapaci di accettare che anche dopo un trattamento medico il loro corpo non funziona più come prima.

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