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Bartolomeo Maurizio: le ricchezze del pasticcere

Interno di un locale gestito da grigionesi sulla Prospettiva Nievskij. "Bündner im Russischen Reich", Roman Bühler, 2003, Desertina Verlag

Nell'Ottocento San Pietroburgo non mancarono i montanari che sfornavano le delizie per i palati cittadini.

L’arte del pasticcere era la ricchezza delle valli dei Grigioni. Il Maurizio era figlio di una fortunata stagione di emigranti svizzeri che conquistò l’Europa nei locali che facevano tendenza.

Nell’Ottocento San Pietroburgo era la vetrina della modernità e dell’apertura ad occidente della Russia. Vi risiedevano nobili e facoltosi amministratori statali con le risorse per gustarsi la vita. Ma c’erano anche molti commercianti stranieri che offrivano le loro capacità allo sviluppo del paese.

Uno di loro era Bartolomeo Maurizio. Nato in Bregaglia, valle grigione di lingua italiana, nel 1773. Già in giovane età andò a cercar fortuna in terra russa. Seguendo le regole non scritte di una casta ben organizzata, riuscì a fare la sua piccola fortuna sulle rive della Neva.

Non fare concorrenza ai compatrioti e lavorare, lavorare, lavorare, queste le massime del successo di chi i soldi doveva farli a suon di té, e cioccolate calde. Un suo conterraneo, scriveva in un diario: «Il lavoro nel laboratorio è duro, fa caldo ed è umido. Molti di noi si sono già ammalati». Chi teneva duro e evitava le malattie, poteva riuscire ad emergere ed ad occupare uno spazio ambito nei centri delle città.

Fra le mete dei pomeriggi d’ozio c’era il caffè

Il successo dei pasticceri grigioni era fatto di pasta sfoglia e creme al burro, caffè e cioccolate calde. Si trattava di gusti nuovi per la gran parte dei paesi europei, dove i nuovi prodotti, arricchiti di creme di burro fresche, latte e cioccolato, vaniglia e cannella spopolavano.

Nei pomeriggi d’ozio sulla prospettiva Nievkij gli abitanti della capitale russa si concedevano i piccoli piaceri della gola; ospiti paganti dei personaggi come il Maurizio. Sui tavolini di marmo dei locali, i gestori dei caffè svizzeri offrivano quello stile di vita che in patria non sognavano nemmeno.

Non solo la gastronomia dolciaria di San Pietroburgo serba memoria di questi laboriosi pasticceri. Anche nelle vallate grigioni sorgono ovunque case signorili di gusto urbano, costruite da chi tornava. Così, dopo aver portato la dolcezza nelle città, si riportavano un po’ di urbanità in patria.

swissinfo, Daniele Papacella

Nell’Ottocento dalle valli grigioni a San Pietroburgo ci volevano due mesi di viaggio avventuroso. E i candidati ad addolcire la vita dei borghesi delle grandi città partivano giovanissimi: la carriera di un pasticcere cominciava subito dopo le scuole dell’obbligo.

Dopo alcuni anni di vita magra da garzone, anche i giovani potevano fare carriera, nella pasticceria del padrone stessa o aprendo un altro negozio in città. Erano in molti a ritirarsi verso i quarant’anni in pensione. La ricchezza cumulata bastava per vivere di rendita per il resto dei propri giorni.

L’umile lavoro nel laboratorio fra farina, crema e odor di fritto godeva di grande reputazione nelle città. Dalla fine del Settecento alla Prima guerra mondiale, in mezza Europa i caffè svizzeri, gestiti dai pasticceri arrivati dalle montagne, erano locali di tendenza che attiravano una ricca clientela urbana.

Grazie alla fedeltà al villaggio d’origine, gli emigranti costituivano un fattore di ricchezza primario delle vallate grigioni.

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