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Fondi Montesinos in Svizzera, conclusa l’inchiesta CFB

La Bank Leumi le Israel di Zurigo è una delle 5 banche svizzere nel mirino della Commissione federale delle banche nel caso dei fondi Montesinos Keystone Archive

La Commissione federale delle banche (CFB) ha concluso l'inchiesta sui fondi in Svizzera dell'ex capo dei servizi segreti peruviani Vladimiro Montesinos.

La CFB ha ordinato le dimissioni – già avvenute il 15 settembre – del direttore generale della Bank Leumi Ie-Israel a Zurigo, mentre non ha giudicato necessarie misure contro le altre quattro banche coinvolte.

In una nota diramata martedì. la CFB precisa che ammontano in tutto a 114 milioni di dollari circa i conti attribuibili a Montesinos bloccati nell’autunno 2000 in Svizzera nell’ambito di un procedimento penale per riciclaggio di denaro aperto dalla Procura di Zurigo.

La CFB ha successivamente avviato un procedimento amministrativo contro cinque banche: la citata Bank Leumi, la Fibi Banque (Suisse), la Banque CAI (Suisse), l’UBS e la banca Leu. Gli ultimi due istituti avevano tuttavia già cessato qualsiasi relazione d’affari con Montesinos ancor prima dell’apertura dell’inchiesta penale. L’inchiesta della CFB mirava a determinare eventuali mancanze all’obbligo di diligenza delle banche.

Per quanto riguarda la banca Leumi, la commissione ha rilevato “lacune considerevoli”. Nella sua decisione, che risale al 28 agosto, essa rileva che la banca ha omesso di procedere alle verifiche che si imponevano e ha attribuito al direttore generale, per la sua posizione gerarchica, la responsabilità delle manchevolezze organizzative dell’istituto. Al direttore è pure rimproverato di aver approvato personalmente la relazione d’affari con Montesinos.

La CFB riconosce per contro all’UBS e alla banca Leu di aver “riconosciuto in tempo, sulla base di informazioni liberamente accessibili”, la qualità di “persona con funzioni pubbliche importanti” (“PEP”) di Montesinos. Entrambe le banche – rileva la commissione – non avevano sospetti fondati sulla provenienza delittuosa dei fondi, per cui non hanno informato l’Ufficio di comunicazione in materia di riciclaggio di denaro (UCR) a Berna.

Per considerazioni d’immagine, i due istituti hanno rotto le relazioni d’affari con Montesinos ancor prima che i sospetti di corruzione nei suoi confronti fossero resi pubblici durante il secondo semestre 2000. I fondi in deposito sono stati poi trasferiti alla banca Leumi e alla Fibi Banque di Zurigo.

Quest’ultima, come la banca CAI (Crédit Agricole Indo-Suez) e la Leumi, non ha riconosciuto a tempo chi fosse Montesinos. La CAI ha aperto gli occhi solo quando è stato reso pubblico il video che mostrava il “Rasputin peruviano” nell’atto di corrompere un parlamentare. La sua reazione è stata però immediata: ha infatti informato subito l’UCR, facendo scattare il procedimento penale, che la procura di Zurigo ha reso noto il 3 novembre 2000 inducendo anche la Fibi a rivolgersi all’UCR.

Secondo la CFB, la vicenda “mostra l’efficacia dei meccanismi di lotta contro il riciclaggio” in Svizzera: l’obbligo di comunicare istituito dalla legge sul riciclaggio “ha contribuito in modo decisivo” alla scoperta dei fondi Montesinos. La commissione rileva tuttavia che ad eccezione dell’UBS le banche interessate non hanno cercato di stabilire un contatto personale con Montesinos, fidandosi esclusivamente di informazioni fornite da terzi. “Ciò è insufficiente – afferma – per relazioni d’affari importanti nel settore del Private Banking”.

Per la CFB, l’obbligo di verificare in modo scrupoloso la qualità di “PEP” dei clienti è la “condizione fondamentale” per il rispetto delle regole poste dalla commissione. A suo avviso, per una banca, può giustificarsi la rottura di una relazione d’affari dubbia pur non essendoci ancora le condizioni necessarie per una comunicazione all’UCR. “Dal punto di vista del sistema finanziario nel suo insieme, il problema non è tuttavia risolto se i fondi sono trasferiti in un’altra banca”, rileva la CFB.

Secondo il giudice istruttore zurighese Cornelia Cova, titolare dell’inchiesta penale, la filiale dell’UBS in questione era quella di Lugano. Sempre secondo la giudice, i fondi depositati in Svizzera provengono “con tutta probabilità da commissioni versate in relazione a vendite di armi fra la Russia e il Perù”.

swissinfo e agenzie

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