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Una firma personale a numeri

Utilizzata da secoli come strumento di identificazione, la firma autografa rischia di venir eliminata dalle nuove tecnologie. imagepoint

Dal 2005, la firma elettronica diventa una realtà in Svizzera: in base alla legge assume lo stesso valore di quella manuale per contratti e transazioni.

Questo nuovo passo nell’era digitale dovrebbe tra l’altro permettere di aprire la strada al commercio elettronico e all’e-government.

Dall’invasione di computer, fax, telefonini e agende elettroniche, la firma costituisce ormai i pochi caratteri dell’alfabeto che molte persone scrivono oggigiorno manualmente.

Ed ora anche questo prezioso sigillo della propria identità sembra destinato a scomparire, sostituito da codici cifrati e sequenze numeriche.

Il 1° gennaio scorso sono infatti entrate in vigore le nuove disposizioni legali che, in pratica, equiparano la firma virtuale a quella autografa.

Certificato necessario

“Per il diritto amministrativo bisogna ancora provvedere ad alcuni adeguamenti legali. Ma per il diritto privato (cittadini e aziende), la firma elettronica può ormai essere impiegata per quasi tutti i contratti e le transazioni”, precisa Jean-Maurice Geiser, giurista presso l’Ufficio federale delle comunicazioni.

Unica differenza che rimane: per avere validità giuridica, una firma digitale deve essere certificata da una ditta autorizzata a fornire servizi di certificazione.

“Tre ditte hanno chiesto finora di omologare i loro certificati. Entro la metà dell’anno, aziende e privati dovrebbero poter disporre della firma elettronica”, prevede Reto Grubenmann, responsabile del servizio certificazioni della KPMG Svizzera.

Questa società fiduciaria è stata incaricata dalle autorità federali di riconoscere le ditte che intendono offrire servizi di certificazione, valutando la conformità e l’affidabilità dei loro sistemi di sicurezza.

Maggiore sicurezza

La nuova legge sulla firma elettronica (FiEle) mira tra l’altro a semplificare e accelerare molte pratiche amministrative tra i privati, le aziende e lo Stato.

La possibilità di sottoscrivere contratti o documenti ufficiali, in pochi secondi e a centinaia di chilometri di distanza, permette di agevolare anche i rapporti tra la Svizzera e i suoi connazionali all’estero.

Grandi stimoli sono attesi inoltre per il commercio elettronico che finora, nonostante la forte espansione, è stato frenato soprattutto dal problema della sicurezza.

Le pratiche attuali, che si basano principalmente sulla trasmissione dei dati delle carte di credito o dei conti bancari, non sono considerate sufficientemente affidabili dagli specialisti.

“Tutto dipende molto dalle aspettative di sicurezza di ogni persona. Alcuni sono disposti a dare a chiunque le coordinate della loro carta di credito per internet o telefono. Molti altri, come me, soltanto se dispongono di vere garanzie di sicurezza“, rileva Reto Grubenmann.

Maggiore flessibilità

La firma elettronica si basa sulla tecnica della codifica asimmetrica, in cui la chiave usata per decifrare i dati è diversa da quella impiegata per la codifica.

Gli utenti dispongono quindi di una coppia di chiavi complementari: una privata, che va custodita gelosamente, ed una pubblica, che può essere divulgata a terzi.

La tecnologia, considerata estremamente sicura, non è nuova: in alcuni paesi europei – come la Finlandia, l’Olanda e l’Austria – ha già superato la fase di rodaggio.

In Svizzera viene già impiegata da alcuni anni dalle banche per permettere ai clienti di eseguire operazioni su conti bancari o transazioni di borsa.

“Le banche utilizzano già codici simili, sulla base di algoritmi. Ma ogni banca ha il proprio sistema. La firma elettronica permette invece all’utente di certificare in ogni momento la sua identità presso qualsiasi banca, azienda o ufficio pubblico“, sottolinea Reto Grubenmann.

Costi non ancora definibili

La firma elettronica sarà impiegata soprattutto nei rapporti tra aziende private, che attualmente assorbono il 95% del commercio elettronico mondiale.

Ma i fornitori di servizi di certificazione mirano anche al mercato dei semplici consumatori, con tariffe che, a seconda del volume della clientela, dovrebbero aggirarsi inizialmente su un centinaio di franchi all’anno.

“Il successo della firma elettronica dipenderà dal grado di fiducia che questi sistemi riusciranno a acquisire presso i consumatori”, ritiene Jean-Maurice Geiser.

A suo avviso, un ruolo importante per stimolare questa fiducia dovrebbe giungere dalla Confederazione che, tramite l’e-government e l’e-voting, potrebbe abituare la popolazione a servirsi dei nuovi strumenti.

Ritardi della Confederazione

Finora, per diversi motivi che vanno dal federalismo alle misure di risparmio, l’amministrazione federale si ritrova invece in ritardo nella realizzazione del governo elettronico, rispetto a quella di altri paesi europei.

Rischia ad esempio di slittare ancora di diversi anni l’introduzione della carta d’identità elettronica, munita di un mini chip in grado di certificare anche la firma virtuale.

In Finlandia, Svezia e Belgio questo nuovo documento, destinato a semplificare molti servizi amministrativi e privati, è ormai già una realtà per la maggior parte della popolazione.

swissinfo, Armando Mombelli

Dal 1° gennaio 2005 è entrata in vigore la nuova legge sulla firma elettronica (FiEle) che equipara la firma digitale a quella manuale.
Questo nuovo strumento di riconoscimento della propria identità è già stato introdotto negli ultimi anni in Finlandia, Olanda e Austria.
La firma digitale si basa su un sistema di codifica asimmetrica che permette, nel contempo, di identificare il mittente e di verificare l’integrità del messaggio.

Nel 2003, secondo i dati pubblicati dalla CNUCED (Conferenza delle Nazioni unite per il commercio e lo sviluppo), il commercio elettronico ha raggiunto un volume di affari di 2’000 miliardi di franchi.

Il 95% delle transazioni concernevano operazioni tra aziende.

Nell’ambito del consumo privato, il mercato elettronico ha superato 30 miliardi di franchi nei paesi dell’Unione europea (1% del commercio al dettaglio totale) e 50 miliardi negli Stati uniti (1,6%).

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